Lo Spettatore italiano: Seconda visita alla casa de’pazzi

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Seconda visita alla casa de’pazzi

Citation/Devise

Ipse aversissimus ab istis prodigiis sum:si quando fatuo
delectari volo, non est mihi longe quaerendus, me
rideo

(Senec).

Io sono nemico di cosiffatti mostri; e se tale fiata voglio
pigliarmi piacere d’un pazzo, non mi è d’uopo il gir
lontano per ritrovarlo: io rido di me.

Niveau 2

S’egli è vero, come affermano tutti i viaggiatori, che presso i popoli selvaggi, i quali non vivono sotto l’impero delle leggi, quasi niun esempio scorgesi di demenza; s’è vero ancora che la pazzia è tanto più rara presso le nazioni incivilite, quanto le loro leggi ed istituzioni alle leggi della natura ed alla libertà dell’uomo si confanno; che pensar dovremo dei popoli che più grandeggiano e risplendono sul teatro del mondo? Qual giudizio formare dei governi, della legislazione e dei costumi onde vantansi i popoli dell’Europa? Sia lode eterna al dotto e modesto Pinel, e a tutti que’medici riguardevoli, che si misero principalmente a guarire la traviata sensibilità e l’ecclissata ragione in persone che grandi sarebbero state per avventura, se appressate non le avesse siffatta infermità, e le più delle quali aveano, pria che divenissero oggetto di compassione, meritata la stima de’loro concittadini. Ma quanto più meriterebbero bene e della patria è dell’umana specie que’filosofi e que’legislatori i quali trovassero modo a prevenire siffatto infortunio?

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Récit général

Queste considerazioni attristavano il mio pensiero, quando allo spedal de’pazzi ritornai, ove le stanze degli uomini io non aveva ancor visitate. La mia guida mi condusse dapprima in una sala, in cui mi venne veduto un groppo di pazzi che giocavano; e, Certamente, dissi alla scorta, la perdita della costoro ragione proviene dalla funesta passione del giuoco. Qual fu la mia meraviglia in udire dal mio duce, che questi sciaurati non avevano mai giuocato fino al momento in cui l‘uso perdettero della ragione, e solo col divenir mentecatti, divenuti erano giuocatori!

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Exemple

Costui che vedete in questa stanza, così continuò a parlare la mia guida, è un mercatante che nato era povero. Secondato dalla fortuna, che aiutato avea la sua industria, ammassò grandi ricchezze, sicchè potea egli menare una vita comoda e agiata in mezzo ai piaceri ed ai sollazzi; ma rivolse tutti i suoi desiderii ad esser ricco d’un milione. Ottocentomila franchi formavano la sua ricchezza; e già era presso a veder compiute le brame sue. Due vascelli carichi di grandissime mercatanzie delle due Indie arrivare doveano assai presto. Ma la sorte schernì le sue vane speranze; perciocchè le due navi ruppero poco lungi dal porto. Questa dolorosa notizia fu a lui uno scoppio di fulmine: fu vano il fargli considerare che di larghissimo avere egli era ancora signore. Egli si credette il più sventurato dei mortali, perchè l’ambizion sua rimase schernita; e per l’eccesso del duolo smarrì le vie della ragione. Avvicinatomi alla loggia, l’udii bestemmiare i venti e le procelle. Ingordissimo mare, gridava egli, rendimi i miei beni, o m’inghiottì ne’tuoi abissi!

Niveau 4

Exemple

Quegli che vedete nella stanza vicina, è pure una vittima infelice dello smoderato amore alla roba. Pieno di fidanza nel favore della fortuna, ebbe ardire di spendere tutto il suo avere a comprar polizze di lotto. Poichè nello indovinar de’numeri fu lunga pezza fortunato, si diede a credere che la sorte avrebbe pienamente arriso ai suoi desiderii; e ne fu per tal modo persuaso, che dell’oro di cui credeva sicuro l’acquisto, anticipatamente dispose. Sapendo che una casa di campagna posta sovr’una ridente collina, non lunge dalle sponde del S٭٭, era da vendersi, si recò a vederla; e degna trovandola di un uomo ricco, come egli era, ne’pattovì l’acquisto il giorno medesimo che si traeva la sorte. Ma sfortunatamente neppur un numero fu tratto a lui favorevole. A questa inaspettata disgrazia si smarrì la sua ragione; e così non già nella bella casa edificata lungo le sponde della S٭٭, ma soggiorna in questo tristo abituro.

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Exemple

Là in quell’altra stanza più abbasso, una vittima vedete del più assurdo pregiudizio del pulito d’onore. Questo giovine infelice fin dai suoi più teneri anni stretto erasi coi nodi d’una sincera amicizia ad un giovine di pari età. Per non si dipartire nell’entrar che fecero nel mondo, avvisarono di darsi ambedue al mestiere dell’armi e di ascriversi al medesimo reggimento. Avvenne un giorno, che scherzando tra loro coll’usata dimestichezza, alcuni de’loro compagni fecero credere che l’amico di Vittore (così ha nome questo sciaurato) avesselo insultato. Invano l’amico fece li più solenni protesti, e giurò che non ebbe mai animo di offenderlo nè punto nè poco. Invano Vittore dichiarò che abbastanza conosceva l’indole del suo amico, per non crederlo reo di tanto. Malgrado tutto questo, fu d’uopo duellare, o lasciare la milizia. Ambidue, anzichè parare i colpi, si studiavano di riceverne l’uno dall’altro. Vittore rimase ferito, ma fu suo maggior danno l’avere ucciso l’amico. Il pensiero d’averlo colle sue stesse mani messo a morte, gli percosse sì forte la fantasia, che il trasse fuori di senno. Pargli sempre di vedere l’ombra insanguinata dell’amico per lui spento, che lo perseguita; crede vederlo nel suo sangue involto; anzi se ne crede intriso egli stesso. « Vedete, vedete queste macchie, ci diss’egli, son macchie di sangue . . . del sangue del mio amico. — Oh ! quando mai potrò io lavarle . . . nel mio sangue lavarle! » Questo sventurato, dissemi la guida, cerca tutte le occasioni di morire, per non sopravvivere al suo amico.

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Exemple

Nella stanza vicina un vecchio mi venne veduto, il cui crine incanutito e i lineamenti del volto, sul quale scorgevansi le orme profonde d’incomportabil dolore, a sè rivolgevano la nostra cura. I suoi lamenti mi fecero tosto comprendere che perduto avea suo figlio, caduto nel fior degli anni vittima del regno orribile del terrore. « Oh cielo! troncargli il capo, così egli esclamava; il più bel capo che si fosse mai veduto! Chiuder per sempre i suoi occhi sì dolci e rilucenti! Ah no, nol credo. Solo per tormentarmi me lo hanno tolto dinanzi. Che se mai morir dovesse, io, io stesso penetrerò nella sua prigione, e me in sua vece, me offrirò alla morte; ma per pietà niuno il faccia di ciò avvertito; egli sì m’ama, che per verun conto non sosterrebbe. . . . . Ah crudeli! Essi son sordi a’miei prieghi, ed insensibili alle mie inchieste. E potreste voi negarmi ch’io lo vedessi un altra volta pria ch’ei muoia? Oimè! io non lo vedrò mai più. — Ma chi siete voi che piangete? (così disse, rivolgendo a me gli suoi occhi smarriti) Ah non piangete, serbate queste lagrime a quell’istante nel qual saravvi rapito il figlio. »

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Exemple

Udimmo intanto la voce armoniosa d’un flauto, che soave, languida, misurata e più pietosa assai che gli accenti di Nina per amore impazzata non sono, dolcemente diffondeasi per ogni parte. M’accostai al luogo donde usciva sì gradita melodia, e un giovine mi venne veduto che all’altezza della statura accoppiava una non comunale avvenenza. Il crine biondo e inanellato giù gli scendeva per le spalle: i suoi occhi pieni di dolcezza sembravano alquanto sbigottiti: e finito ch’ebbe di suonar quella dilettevole musica, a noi si accostò. « Verrà ella finalmente? (così ne disse) Da quanto tempo io l’aspetto mai! Trascorso è il giorno prefisso delle nozze. Il mazzetto aveva già io preparato; eccolo: ve’, come sono appassiti questi fiori . . .tutti quanti, tranne questo fiorrancio. — Mi si dice, oimè! che più non la rivedrò, e che più non vive . . . . Ma sarebb’egli possibile che morta lei, io ancor vivessi? . . . Ah! sì, la rivedrò, e la rivedrò ben presto: la sua promessa me ne rende certo, e Giulia non può ingannarmi. » A questo sventurato la morte rapito avea la sua donna, che amava perdutamente, e gli fu rapita il giorno innanzi a quello destinato al sospirato congiungimento.

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Exemple

In questa stanza vicina, disse la mia scorta, vedete un gran colpevole, sebbene niun tribunale abbia contro lui data sentenza. I rimorsi de’suoi misfatti e il terrore del supplizio lo hanno sì fattamente straziato, che la sua mente straniossi dalla ragione. Qualche volta credendosi libero, cerca di sottrarsi alle inchieste della giustizia; e qualche volta pure credendo sè rinchiuso in oscura prigione, aspetta tremando il momento orribile del suo ultimo supplizio. « Insensato! (diceva egli) ho creduto di trovar un asilo; e qual luogo può servir d’asilo a sì atroci delitti? Fuggir sempre! cercar sempre le tenebre! nascondersi e agghiacciar di spavento al vedere la luce del giorno! No, la maledizione la quale accompagnava Caino in ogni parte, non può certo al paragon venire con quella che al presente m’opprime. Il menomo rumore mi fa il sangue gelar per la paura: l’ombra stessa del mio corpo mi riempie di spavento . . . Oimè! chi viene a questa volta? sento un calpestio . . . sono i famigli della giustizia . . . Non sono io quegli di cui cercate, non son io. Il reo è lungi di qui: si è nascosto il mostro. Forse io gli somiglio, per quanto mi vien detto; ma pure non furono giammai queste mani lorde d’umano sangue, nè per mia colpa avvenne mai che se ne versasse una sola stilla. Io sono innocente, sì sono. » Nel proferire egli queste parole, tremava da capo a piedi, poichè credevasi sul punto di cadere tra le mani della giustizia. Questo infelice offeriva il misero spettacolo del supplizio onde sono dai rimorsi puniti i colpevoli. Ah perchè non vengono a contemplarlo tutti quelli cui una fatale inclinazione strascina al delitto? Imparerebbero essi, che quand’ anche venisse loro fatto di sottrarre il capo alla spada delle leggi, non potrebbero certo sfuggire il più crudele de’tormenti, cioè i rimorsi.
Ci contrista lo spettacolo del dolore, ma quel della pazzia ci contrista in uno e ci umilia; perchè l’uomo dabbene non credendo di poter mai trascorrere a falli degni di punizione, poco si sgomenta quando la vede cader sopra i rei; ma la veduta della stoltezza mette molto in pensiero l’uomo savio, perciocché s’accorge che a quel vile stato qualunque leggier caso nel può sospingere. O ammonizione all’amor proprio! Quel superbo, il quale dal visitar questi luoghi esce pur quale entrovvi, meriterebbe che non ne dovesse uscire. Quello che mal mio grado mi trasse a ridere un poco, si fu il vedere che si burlavano fra loro; perchè io fra me dissi: ecco, in questa guisa noi l’un l’altro ci trattiamo nel grande spedale, e volli dir nel mondo.