Cita bibliográfica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "Il primo dovere delle madri", en: Lo Spettatore italiano, Vol.2\01 (1822), pp. 3-6, editado en: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Los "Spectators" en el contexto internacional. Edición digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.788 [consultado el: ].


Nivel 1►

Il primo dovere delle madri

Cita/Lema► Sine eam totam ac integram esse matrem filii sui. Hoc
enim est contra naturam imperfectum et dimidiatum
matris genus, parere et statim ab sese abiicere partum
.

Aul. Gel.

Lasciala essere tutta quanta madre del suo figliuolo;
perciocchè fa contro natura questo imperfetto e
dimezzato modo di generare, cioè che le madri via
da sè rimuovano i figli appena partoriti. ◀Cita/Lema

Nivel 2► Nivel 3► Relato general► Andando io un giorno a diporto per la campagna con la virtuosa Emilia, scorgemmo presso alla porta d’una capanna una vaga fanciulla di forse dodici anni, nell’abbellire la quale sembrava che facessero a gara la freschezza della sanità e l’amabile dolcezza dell’innocenza. Stavasi essa seduta avendo in seno un bambino, cui quell’anno stesso aveva veduto sorgere alla luce. Più non potemmo rivolgere gli sguardi da queste [4] due care creature; e mentre che estatici contemplavamo questo gentile quadro, dal piccolo recinto che circuiva il rustico abituro, udimmo come belare. Alla qual voce era a vedere quel bambino subitamente far festa e rallegrarsi tutto quanto nel viso; il che ci pose in talento di spiarne la cagione. Ed ecco una capra escire d’un leggier salto di su li ripari del chiuso, con tutto che distese portasse le poppe, e correr frettolosa alla volta del fanciullo, che con gli occhi più vivaci la stava a braccia aperte aspettando.

Allora l’amorosa sorella, che superbetta era di tener in grembo il bel fratellino, lo coricò supino in su le ginocchia, e lasciò venir oltre la capra, la quale con un’agevole attitudine, più che da tenera madre, lieve lieve l’un dei fessi piè deretani alzando gli si accoccolò sopra, perchè comodamente prender potesse colle labbra il capezzolo nutricatore e saziarsi. Fermiamoci alquanto, disse Emilia; perciocchè io mi sento intenerire a sì pietosa vista, e non so qual madre non se ne sentisse tocca. Mentre fantolino suggeva a lunghi sorsi il suo alimento, più per carezzare che per tenersi ferma la buona balia, le andava stringendo con le piccole pugna ciocca per ciocca i velli; ed essa, remunerandolo, or nelle mani, or nella faccia il leccava; e quando lo vedea sazio gli lasciava prender riposo, ma se punto l’avesse udito vagire si tornava subito a quella positura, e al porgergli nuovamente le poppe.

Quanto è mai augusto ed espresso in questa capra, dissi io ad Emilia; il carattere onde [5] l’Autore della natura si degna notare le fronti eziandio degli animali! Non pare forse che abbia essa veramente inteso di quanto momento fosse quell’ufficio che ha fatto? Oh! se qui fossero state presenti tante prezzolate nutrici, come avrebbero dovuto arrossire! Si, rispose Emilia, quella bestiuola par che certo partecipi dell’amor materna: ma è senza madre questo abbandonato pargoletto? Mentre così Emilia mi venia dimandando, vedemmo farsi fuori del tugurio un uomo ch’era ancora nel rigoglio della giovinezza; ed era questi il padre dei due fanciulli. Oimè! disse egli, nel ricever la vita ha perduta la madre. Se vivesse la mia diletta Lisa, non sosterrebbe sicuramente che d’altrui latte fosse nodrito il suo figliuolo. Era essa così buona madre e virtuosa!

Quando ci fummo dal buon villanello dipartiti: Duro fatica a comprendere, disse Emilia, come ci sia madre la quale ad un bambino che tien la vita da lei, possa negare il suo latte. E con tutto che quell’alimento, onde ella gli è avara, gli possa esser supplito o dalle altre donne, o talor dalle bestie, ha egli tuttavia bisogno della madre, perchè ella solamente, e non altri, gli può aver quella cura e quella guardia che gli si conviene. Oh quanto infelice mi chiamerei, se necessità mi stringesse di gravar altri del peso de’materni ufficii! vedere un’altra, quanto me, o più di me, dal mio figliuolo amata, ed aver carezze da lui per grazia solamente, poichè per ragione alla sua madre adottiva ne sarebbe tenuto! Io compiango quelle che, calcando questo lor primo dovere, rinunziano così alla virtù ed alla felicità! ◀Relato general ◀Nivel 3

[6] Di quanto senso sono mai piene queste ultime parole d’Emilia! Sì, una madre che adempie il più sacro de’suoi doveri, è sempre virtuosa. Mai non avviene che un reo pensiero sorga a turbar il seno che allatta. Tutto è purificato, tutto è rimesso nell’ordine da questo sacro dovere, il quale frappone da sè al pensier del delitto un riparo insuperabile, e rispinge gl’inutili assalti della seduzione. Lo sposo di una madre a cui pende dal seno un tenero pargoletto, rare volte rompe la fede. Vicino alla culla del suo figlio, sente crescere ogni giorno l’amore che le porta; e per le cure dell’amata sua donna, tutti i suoi desiderii e tutte le sue speranze si aggirano intorno a quella culla. Che se, per disavventura, alcun reo punto il fa traviare, eccitando nel suo cuore il turbamento d’un amor novello, basta che la madre declini un solo sguardo sul figlio, e poi lo rivolga allo sposo, perchè questi rientri in se stesso e cada pentito a’suoi piedi. Questa è la più potente signoria della donna, che alla forza delle bellezze aggiungendo quella della virtù, l’assicura sempre della vittoria. ◀Nivel 2 ◀Nivel 1