L’Osservatore veneto: Numero LIV

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Nível 1

N° LIV

A dì 8 agosto 1761.

Citação/Lema

Quo me, Bacche, rapis tui
Plenum? Horat.

Dove pieno di te, Bacco, mi traggi?

Nível 2

Nível 3

Exemplo

Sarà uno nella sua stanza cheto, solitario, penserà, leggerà, scriverà, o farà qualche altra opera onorata; uscirà di casa, anderà un poco intorno a ricrearsi all’aria; saluterà due o tre amici, perchè pochi più ne avrà voluti, sapendo che di rado se ne trova anche uno che vero sia; e appresso rientrerà come prima a fare i fatti suoi. Che uccellaccio è questo? diranno alcuni: non è possibile che un uomo sia fatto a questo modo. Si comincia ad interpretare ogni suo atto, ogni parola. Sapete voi che ha voluto dire quando alzò le spalle? Quello che significò quell’occhiata e quella parola tronca ch’egli ha proferita? Sicchè il pover uomo, senza punto avvedersene, ha dietro il notaio e lo strologo, e chi nota, chi indovina, chi fa commenti alla sua lingua e a quante membra egli ha indosso. Volete voi più? Tanti sono i sospetti del fatto suo, ch’egli avrà fatto nell’opinione di alcuni quello che non ha fatto mai, o che non avrà sognato di fare.
Le cose di questo mondo sono come una matassa di filo; chi non sa trovarne il capo, la lasci stare, perchè s’impiglierà sempre più. A me pare che quando si ode a raccontare qualcosa di uno, si dovesse prendere questa matassa, metterla sull’arcolaio, come fanno le femmine appunto del filo, sciogliere con accortezza il primo nodo, e preso il bandolo in mano, cominciar a dipanare con diligenza, e, secondo che si trovano gl’intrighi e i viluppi, tentare se col candore dell’animo e con la verità si possono sciogliere. Se non si può, buttisi via la matassa; ma quasi sempre credo che si potrebbe, chi non corresse troppo in furia, per volontà d’ingarbugliare piuttosto che di snodare. Questa usanza è quasi comune. Benchè la logica insegni in qual forma si abbia a fare per venire in chiaro di certe faccende incredibili o inviluppate, pochi se ne vagliono, menasi il bastone alla cieca, e suo danno a cui tocca. Quando il capo è principalmente alterato da’sospetti o dal mal volere contro una persona, si può dire che questa sia una specie di ubbriachezza, per la cui forza l’uomo non vede, nè sa più quello che si dica o faccia, e appena conosce più sè medesimo,

Metatextualidade

come è avvenuto a questi giorni in luogo poco lunge di qua di un certo uomo, di cui si narra la seguente

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Novella.

Nível 4

Narração geral

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Retrato alheio

Costui, di ch’io parlo, è un uomo che ha per nemico mortale ogni pensiero, e in vita sua ha avuto questa opinione, che il fuggire la fatica sia il fondamento della sanità e quel bene a cui si deve rivolgere ogni intelletto. I passatempi e gli spassi sono sempre stati l’anima sua, e fra gli altri quello del bere gli è paruto sempre il superlativo grado di tutti. Vogliono però dire alcuni che lo conoscono, che tanto ha impacciato il capo di pensieri chi si prende briga della sua famiglia, quanto chi esce fuori di sè pel soverchio bere; perchè egli fu veduto più volte in grandissimi sospetti per la nimicizia di una colonna o di un albero; e talora fu udito a bestemmiare altamente di notte in una larghissima strada contro alla poca avvertenza di chi avea edificate le case, e lasciato appena spazio da camminarvi nel mezzo; non avvedendosi punto che il suo andare come i baleni gli facea scorrere le ginocchia per fianco, e dar del petto o di una spalla in una muraglia ora a levante, ora a ponente.
Ma sia come si vuole, poche sere sono ch’egli andò a casa sua concio come un Arlotto, tanto che, dalle doghe e da’cerchi in fuori, egli avea in corpo tutto quello che può avere un barile. La moglie sua, che sa l’umore del compagno, senza punto favellare gli va incontro col lume; egli si arrampica e fa le scale, e giunto alla sua stanza fa riporre la candela sopra un armadio. Era di sopra ad esso armadio appiccato uno specchio, al quale avendo per avventura l’uomo dabbene alzati gli occhi, non ricordandosi più l’effetto degli specchi, gli parve che l’immagine sua propria, rendutagli dal cristallo, fosse un forestiere entratogli in casa per rubare o per altro. Ma come quegli che per natura fugge i pensieri e le brighe, non incominciò così al primo tratto dal furore, anzi facendogli buon viso, gli domandava che chiedesse in casa sua, e s’egli potesse in qualche conto fargli cosa grata. Poscia rizzava gli orecchi per udire la risposta: e quegli mutolo. Rifatto il giuoco da due volte in su, crescendogli sempre più i sospetti, e lasciate da parte le cerimonie, gli prese a dire all’incontro che a quell’ora non andavano gli uomini dabbene per le case altrui non chiamati, e che oggimai deliberasse di uscire di là, perchè egli altrimenti ne l’avrebbe balzato dalla finestra: e quegli saldo. La moglie, vedendolo imbizzarrire, volea pure dargli ad intendere che quella era l’immagine sua veduta nello specchio; ma poco mancò che non le spezzasse il capo. “Che specchio o non specchio?” diceva egli, “che vorrestù darmi ora ad intendere? Io so come siete fatte voi altre donne. E che sì, che costui ci sarà venuto! . . . Quant’è ch’egli è qui?” – “Dappoichè ci siete voi,” rispose la femmina. “Fuori di qua, gaglioffo; escimi di casa,” gridò il marito, rivolto di nuovo allo specchio; “ch’egli si vorrebbe ora darmi ad intendere che tu non fossi tu, ma io, perchè la cosa paresse legittimo matrimonio. Ma veggo io bene che tu se’tu e non io, perch’io non mi farei quel mal viso che tu mi fai, nè mi guarderei con quegli occhi stralunati, nè con quella collera con cui tu mi guardi” E così dicendo, acceso di rabbia, prende un bastone e croscia a braccia aperte, tanto che lo specchio cadde in tritura, e il forestiero se ne andò a’fatti suoi. E se non era che la fatica durata gli avea sì tolto le forze, che fu tratto in terra dal peso del bastone e dormì sullo smalto fino alla mattina, tal era il sospetto entratogli in capo della moglie, ch’egli avrebbe fatto a lei come allo specchio.

Osservazione.

Se il vino non gli avesse occupato il cervello, egli avrebbe potuto intendere che quello era uno specchio; ed ecco terminata ogni cosa. Ma quando l’uomo si è fondato sopra un principio falso, il suo ragionare dietro a quello, benchè sia falso, può parere diritto. La moglie è sola in casa, è tardi, ci trovo un uomo non conosciuto, che non mi risponde, non si scusa, va in collera meco; qual conseguenza se ne ha a trarre? L’ebbro ha ragione; il male sta nello specchio. Così avviene di tutti gli altri sospetti. E a un dipresso, chi esaminasse la verità delle cose, troverebbe che il principio è specchio, cioè vanità e apparenza. Ma intanto questa disamina si lascia indietro, si dice male, chi ode noi non disode, e prima che il buon cristiano, il quale viene incolpato, mostri qual sia la verità, passano gli anni. Io dico all’incontro del proverbio che suol dire: La bugia ha corte le gambe. A me pare che la zoppa sia la verità, e che l’altra corra come un cane da lepri, e che l’abbia anche fiato da correre lungo tempo.

Metatextualidade

Fa a questo proposito un’allegoria raccontatami un tempo da un Armeno, il quale dopo quindici anni appena avea potuto purgarsi appresso le genti del suo paese di un’accusa che gli era stata data; e ancora alcuno vi avea che penava a prestargli fede.

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Novella Allegorica.

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Alegoria

Come (diceva egli con quella sua grand’enfasi orientale) cadendo a falde la neve sulle cime dell’altissimo Ararat, ricopre in un momento tutti i sassi che sono in esso, onde appena possono lunghissimi soli più discoprirgli, così la bugía della maldicenza prende in un subito tutti gli orecchi degli uomini, che da quella occupati, al raggio della santissima verità a grandissima fatica danno più luogo. Uscita la Bugía fuori de’profondi abissi della terra, non potea sofferire che da’popoli fosse amata la verità; e studiando lungo tempo in qual modo dovesse abbattere la sua nemica, andava a capo basso e pensosa. Non potea credere che le arti e la forza sua valessero mai tanto, che contra una sì bella ed amata fanciulla dessero a lei la vittoria; struggevasi di rabbia, non ardiva di alzare gli occhi per la vergogna; ma comecchè vedesse essere assai difficile l’impresa, non sapeva rientrare colà dond’era uscita, senza almeno tentarla, parendole che le dovesse riuscire di conforto il dire: Ho fatto quanto ho potuto. Mentre ch’ella ne andava a quel modo stralunata, ecco che le viene innanzi un’altra donna sotto un velo celata, e oltre ad esso tenevasi occulta con un ombrello, quasi temesse di essere scoperta da alcuno. Io non so se il sangue si affacesse, o quello che fosse; ma questo so io bene, che al primo vedersi balzò per allegrezza il petto ad ognuna di esse, e riconobbero in sè un’occulta amicizia che aveano l’una verso l’altra; sicchè senza altro dire, se non che l’una era Bugía e l’altra Malizia, le si abbracciarono di subito come sorelle, appiccaronsi di qua e di là sulle guance due baci e fecero comunella insieme. Postesi a sedere sopra un greppo che quivi era, incominciarono a cianciare; e tanto più crebbe la festa fra loro, quando intesero dal mutuo favellare, che tuttaddue erano della Verità nimiche sfidate e mortali. “Sappi,” dicea Malizia, “che ora veramente io credo che ti abbia mandata Fortuna per abbattere la nostra rivale. Tu sola mancavi all’opera. Tu hai, per quanto io odo, una dolcissima lingua, ripiena del mèle dell’eloquenza; nè altro ci voleva per condurre gli uomini a ribellarsi dalla Verità, fuor che la tua colorita favella. Egli è gran tempo ch’io gli conosco; e comecchè vada quanto possa celata per non essere dalla mia nemica scoperta, sono però da tutti veduta volentieri segretamente; tanto che potrei dire che sono signora degli animi loro; e quell’amore che professano alla Verità, potrebbe piuttosto dirsi una maschera e un’apparenza, che altro. Con la lunga pratica e col continuo, benchè celato, conversare, gli ho tutti tratti al mio partito; e se vuoi vederne la prova, t’invito a venir meco quando farà buio. Inventa frattanto qualche tua favola, nella quale sia avviluppato l’onore di qualche uomo dabbene o di qualche fanciulla, e vedrai con gli occhi tuoi medesimi la sperienza di quanto ti dico al presente.” Avvenne per caso appunto, che mentre in tal guisa ragionavano, passò di là una bella giovane, la quale guardandosi intorno, come quella che avea sospetto, si affacciò alla bocca di una spelonca poco lontana, e posatovi un paniere, parea che attendesse alcuno che quivi dovesse venire. Non istette molto, che in effetto tutto guardingo vi venne un giovane, il quale suo fratello era, e stavasi occulto per certe gravi nimicizie che lo facevano temer della vita; a cui, consegnato il paniere, diede un bacio in fronte, gli prese affettuosamente la mano, gli disse non so che, ond’egli entrò subito nella caverna, ed ella ritornò colà donde era venuta. Bastò quell’atto all’iniqua Bugía per ordire una pessima tela di subito; e condotta dall’altra fra le genti ad una veglia, dov’era la povera giovane per sua disgrazia, incominciò a bucinare agli orecchi di uno, che l’avea veduta tutta soletta in un bosco a passeggiar lungamente con un giovine, a fargli un ricchissimo presente di gioie e danari, e finalmente entrare in una spelonca con esso lui, dond’era poi uscita non sapea quando. Appena uscì questa voce, che d’intorno si cominciò a fare cerchiellini, soffiando Malizia nel cuore di tutti: nè vi fu alcuno che non credesse quello che venne detto, senza punto considerare la vita passata dell’onesta fanciulla, nè dubitar punto che non fossero gioie e danari quello che in effetto era stato un panieruzzo di vivande per dar sussidio alla vita del miserabile fratello. Il giorno dietro uscì per le vie e per le piazze il romore sparso dalla fraudolente Bugía e aiutato da Malizia; per modo che la povera fanciulla era vicina a disperarsi; nè sapendo omai che si fare, corse dinanzi alla Verità, e le disse in tal forma: “O santissima mia protettrice, dinanzi alla cui lingua si sgombra ogni caligine e nebbia che offusca gli occhi delle genti, ecco il tempo in cui tu dèi prestarmi il tuo aiuto.” – “Ben sai,” rispos’ella, “ch’io non sono per mancare a te dell’opera mia; ma io ci trovo due gravissime difficoltà: l’una che per difenderti debbo scoprire a’nimici tuoi il tuo fratello, e l’altra che mi converrà vincere a poco a poco gli animi che la Bugía ha occupati in un momento. Poichè costei è entrata nel mondo, io dovea per fatagione divenire qual tu mi vedi.” E così detto, le fece vedere che le gambe sue si erano tutte contorte e travolti i piedi. “Ma perchè tu sappia che qual confida in me, non è mai abbandonato, spicca dalla muraglia quelle due grucce, e me le adatta sotto le ascelle, ch’io comincerò a camminare per darti quel soccorso che posso e che merita la tua innocenza.” La povera giovane si accorò e tanto si dolse, che di là a due anni fu morta, nè potè in tutto quel tempo veder l’innocenza sua liberata dalla calunnia; la quale per opera della zoppa Verità di là a sei anni fu finalmente sgombrata, e fu scritto il suo caso nell’epitaffio.