Citation: Gasparo Gozzi (Ed.): "Numero VIII", in: L’Osservatore veneto, Vol.1\008 (1761-02-28), pp. 33-38, edited in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): The "Spectators" in the international context. Digital Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.310 [last accessed: ].


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N° VIII

A dì 28 febbraio 1761.

Level 2► Level 3► Letter/Letter to the editor► Metatextuality► Signor Osservatore ◀Metatextuality

Essendo tre le viziose fonti dell’amor proprio mal misurato, il quale devia e dalli mezzi e dal fine, nell’oltrepassare i confini della giusta estimazione e del giusto uso delle cose, credo di non farvi cosa discara, [34] se vi communico alcune osservazioni che mi sono andate fatte a questo proposito. L’ambizione, l’interesse ed il piacere sono i tre principii delle nostre disordinate inclinazioni e de’nostri malnati affetti. Io non gli abbraccerò in tutta la loro estensione, ne cercherò come per mezzo di essi divengan rei gli uomini in quella via, che essendo troppo rispettabile, non dee aver luogo ne’vostri fogli; Metatextuality► ma toccherò solamente alcuni articoli i quali non danno buona opinione di quelli che hanno la debolezza d’adottarli. Primieramente dell’ambizione, poi degli altri; e sono vostro servitore

Antelucanus◀Metatextuality ◀Letter/Letter to the editor ◀Level 3

Citation/Motto► Stultus et improbus hic amor est dignusque notavi.

Horatius◀Citation/Motto

L’amor proprio, considerato nel suo vero fine, è quella vitale scintilla da cui accesi e mossi gli uomini, escono dallo stato d’inerzia e si portan agli atti di benevolenza verso sè medesimi e verso gli altri. Questo amore consiste in que’primi sentimenti per mezzo de’quali l’uomo diviene caro a sè medesimo, e perciò pensa e provvede alla propria conservazione ed al proprio bene. Tutti gli uomini vengono mossi da questi principii, e questi principii che sono a tutti comuni, siccome tendono allo stesso fine, così hanno i medesimi privilegi. Niuno può pretendere diritti esclusivi, ma volendo che gli altri accordino a lui l’uso de’mezzi che promuovono il suo bene, dee anche egli accordarlo agli altri. Quindi nasce la benevolenza la quale vien accompagnata dalla giusta e ben misurata moderazione o sia modestia. Questa virtù porta gli uomini a stimarsi reciprocamente ed a non formarsi di sè un’idea di eccellenza la quale degenerando nella vanità ambiziosa, così di noi ci faccia gonfi e superbi, che non altro che di noi e delle nostre proprie lodi ogni nostro atto e ogni nostro detto sieno ripieni.

Tal sorta d’amor proprio diverrebbe quella Filautia viziosa, la qual è madre dello strabocchevol appetito di gloria, per cui gli uomini stimali sè medesimi a misura della loro vana e superba opinione e non a misura del loro merito, di cui gli altri uomini come debbon essere i suoi giudici, così debbon essere i soli encomiasti. Studii dunque il geometra e combini e spieghi, o per suo utile o per suo piacere, le diverse direzioni, le diverse figure e le diverse dimostrazioni delle sue linee; ed attenda che gli altri uomini, o per il piacere o per l’utile che dall’uso de’suoi ritrovati ad essi deriva, l’amino, lo stimino e lo lodino. Ma se egli medesimo diverrà il centro d’ogni linea, e se ogni punto sarà accompagnato da proprie lodi, si renderà stucchevole e molesto, per la qual cosa gli uomini cercheranno di conoscere e di veder addentro nella sua millantata eccellenza. Molte cose perciò che fatte con modestia allettano, quando passano per la trafila dell’esame, restar possono nudi idoli della propria fantasia e della smisurata ambizione. Egli è sempre falso il merito di colui che pieno di sè medesimo, ad [35] ogni tratto di sè ragiona e si pavoneggia per le penne dalla sua sola vanità colorite. Il vero merito si fa da per sè vedere, conoscere ed amare, e quanto cerca di nascondersi per modestia, tanto più viene lodato per giustizia. L’ambizioso, come dice Dione Crisostomo, al solo Icaro può esser assomigliato, se non che le penne, attaccate con molle cera, non reggono al calore della verità, e perciò la confusione diviene il solo premio degli ambiziosi. Quel lodarsi da per sè che fanno gli uomini vani e superbi, è una irriverenza verso il pubblico, e quel credersi in possesso e vantarsi della buona opinione altrui, è un atto di presunzione in chi non ha meriti, ed è ridicola debolezza di spirito in chi di meriti è fornito. Level 3► Exemplum► Cicerone, padre della romana eloquenza, e difensore della romana libertà, ha lasciato alla memoria de’posteri ammirabile la sua facondia come oratore, e raccomandevole il suo zelo come cittadino; ma qual ridicola idea non diede egli a’suoi contemporanei e non lasciò alli posteri della sua vanità e della sua boria, in quel così decantato verso: Oh fortunatam natam, me consule, Romam! L’uomo vano non vede che se medesimo in ogni luogo, e come egli è il censore delle proprie compiacenze e de’proprii affetti, così odia i più amati amici, quando crede che appannino lo specchio suo adulatore, ed ama i più odiati nemici, quando crede che servir possano alla sua ambizione. Onde le sue parole, i suoi affetti, alloraquando non sono a sè medesimo rivolti e diretti, sono sempre incerti, falsi ed interessati come dice Sallustio: « Ambitio multos mortales falsos fieri subegit; aliud clausura in pectore, aliud promptum in lingua habere . . . amicitias, inimicitiasque, non ex re, sed ex commodo æstumant, magisque vultum quam ingenium bonum habent. » ◀Exemplum ◀Level 3

Metatextuality► Oltre alla lettera che si legge pubblicata qui sopra, ne do fuori un’altra. Può essere che questa continua varietà non sia discara. È di necessità ch’io la stampi, perchè lo scrittor d’essa mi chiede varie informazioni le quali debbon esser note a chi legge l’Osservatore. Prego tuttavia ora per sempre chiunque mi favorirà di sue polizze, ch’egli tratti l’argomento suo semplicemente, e si ritenga nel cuore le bontà ch’egli ha per me. Quello è il più bello e il miglior luogo in cui possano stare quelle lodi che io veggo sulle carte del fatto mio. Sarebbe ipocrisia e maschera, se dicessi che non mi piacesse l’udirle; e struggerei la condizione umana, se negassi che le lodi sono la musica più soave che pervenga agli orecchi. Ma vorrei che s’accordassino lodatori e uditori; e che s’usasse quella canna che adoperano gli strologhi; sicchè le cortesi parole verso uno gli fossero dette quasi per cerbottana a mezza voce, nè le udisse tutto il mondo. A questo modo chi viene comendato dagli amici suoi, avrebbe una consolazione che gli darebbe cuore alla fatica, e non gli abbisognerebbe far le finzioni e le viste di non volerle; per non parere appresso alle genti poco modesto che non è picciola impresa. Comechessia io sono molto obbligato alla gentilezza di chi mi scrive, e cercherò nella risposta di soddisfare in parte alla sua volontà, dichiarandogli le condizioni della mia vita. ◀Metatextuality

[36] Level 3► Letter/Letter to the editor► Metatextuality► Signor Osservatore

Citation/Motto► J’ai observé depuis longtemps qu’on ne parcourt
guères un livre avec plaisir, à moins qu’on ne
sache si l’auteur est noir ou blond, d’un na-
turel doux ou bilieux, s’il est marie ou gar-
çon, etc.

Spectateur D. P. ◀Citation/Motto

Quello Spettatore del quale voi con tanta gloria seguite l’orme, conobbe la curiosità che hanno i leggitori di libri di sapere chi ne sia l’autore, e come non contenti del nome di esso, van rintracciando le più minute circostanze della vita e della persona di lui; e perciò nel primo suo discorso e nel secondo dà conto della sua vita e di quella de’soci suoi con esattezza, eleganza e pulizia. Level 4► Heteroportrait► Voi possedete nel più alto grado questi tre bei caratteri dello scrivere, e nelle vostre osservazioni li fate luminosamente comparire. La sodezza de’pensieri e delle riflessioni dimostra non meno l’ingegno vostro che l’esattezza del vostro giudizio; e gli ornamenti coi quali i sublimi e filosofici pensamenti condite, la varietà delle cose che raccontate, e l’eleganza con la quale le scrivete, comprovano a chi che sia quanto siete elegante dicitore e di quanta erudizione la mente vostra sia fornita. ◀Heteroportrait ◀Level 4 Non è perciò meraviglia se io con una congrega d’amici, amatori delle belle cose, siamo sommamente desiderosi di conoscervi, non solamente per ammirarvi sempre più come meritate, ma ancora per una persuasione in cui siamo che, aggirato voi per varie vicende e particolarmente ne’viaggi che avete fatto con la Congrega de’Pellegrini, le cose accadutevi abbiano a soddisfare abbondantemente l’amore nostro curioso e somministrarci altri mezzi d’istruirci e d’apprendere. Di quella amabile società voi solo siete rimasto pegno fra noi, pegno che pel suo valore quasi compensa la perdita che gli eruditi hanno fatto. Ma ci giova sperare che appunto per l’istituto che i compagni vostri hanno d’andare viaggiando, torneranno in questo paese e faranno godere di nuovo al pubblico i frutti de’loro speciosi talenti. Se ad essi scrivete, recate loro molti saluti, e particolarmente alla Pellegrina prima e allo spiritoso traduttor di Luciano, e non v’annoiate di darci di loro novelle. Il pittore in carta pecora sia da voi incoraggito, acciò produca pe’vostri fogli alla vista del pubblico le bellissime opere sue, le quali tanto più mi sono piaciute, quanto e me ed alcuni amici miei ci ho ravvisato appuntino. Per ultimo riconoscendovi umanissimo e cortesissimo, alla vostra benevolenza quanto più posso mi raccomando, e dimandandovi perdono, vi prego di credere che oltre d’essere ammiratore delle cose vostre, sono ancora veracemente vostro servitore affezionato

Polipragmone◀Metatextuality ◀Letter/Letter to the editor ◀Level 3

Level 3► Degli uomini son varii gli appetiti:

A chi piace la cherca, a chi la spada,
A chi la patria, a chi gli strani liti. ◀Level 3

Metatextuality► Io non so perchè allo Spettatore paresse cosa tanto necessaria il rendere conto altrui de’fatti suoi. Se ciò fosse vero, io non veggo [37] perchè non sia anche di necessità il dare notizia della penna con cui si scrive, e dire se l’è d’oca bianca, nera, o pezzata, o d’altro uccello. Oltre a ciò uno non può dar mai compiutamente in luce la sua vita fino a tanto che egli non l’avrà terminata in effetto; la qual cosa non so come egli la potesse fare dopo la morte. Egli è vero che fra le cronache raccolte da quell’infinito cervello del Muratori, ne lessi già una, non mi ricordo ora del nome, nel cui proemio si leggono a un dipresso queste parole: Io autore incominciai la presente istoria nell’anno tale, e la condussi fino al tal tempo in cui son morto; e dopo questo proemio segue tutta la cronaca. Di che io non potrei altro dire se non che quell’autore, o fosse veramente profeta, o s’avvelenasse per non mancare della parola data a’leggitori nel principio. Un’altra cosa mi fa pensare che lo scrivere la vita d’un uomo vivo toglie un gran diletto a qualche buon cervello ne’tempi avvenire. Egli s’è veduto in ogni secolo alcuni i quali non ebbero altra faccenda fuorchè disotterrare i fatti altrui, e investigare fino al colore del pelo d’uno scrittore, e per via di conseguenze e verisimilitudini scriverne la vita con tanta dottrina e con sì bel garbo, che se quel poveretto tornasse al mondo, avrebbe un’indicibile allegrezza di vedere allogate sotto al suo nome mille cose che egli non si sarà mai sognato di fare, e di trovarsi picciolo quando era grande, grasso quando era magro, bianco quando era nero, e forse nato da un padre che non lo generò, e da una madre che non lo partorì mai. Queste e altre ragioni m’avevano fatto stabilire di non far parola di me medesimo; ma poi che pare a voi che se ne debba dire qualche cosa, farò a modo vostro e parte anche al mio, cioè darò alla luce un brevissimo compendio o schizzo de’fatti miei, tanto che si sappia quando nacqui, dove, le mie inclinazioni e altro. Il nome mio non lo dico. Chiamomi l’Osservatore: che importa più Bartolommeoche Noferia proposito di scrivere? Il nome è un suono appiccato altrui per chiamarlo e fa l’effetto del fischio o d’un’altra voce. Se mai mi vedete, accennatemi o chiamatemi Osservatore, ch’io sarò a’cenni vostri. Ringraziovi per parte de’Pellegrini della gentilezza vostra. Il pittore vi saluta cordialmente. Vedrete che nello scrivere le poche notizie che vi mando qui sotto, ho preso consiglio da lui ancora. Amatemi e state sano. ◀Metatextuality

Notizie per servire alla storia della vita dell’Osservatore.

Level 3► Selfportrait► Nell’anno 1713, adì 4 di dicembre, nacque. Vinegia fu sua patria. Dirò prima del corpo suo, poi d’altro. Statura alta, magro, faccia intagliata, malinconica, grandi occhi traenti al cilestro, al moversi tardi; e più tardi piedi. Questi avrebbe renduti agili con la danza in sua giovinezza, se il maestro suo a capo di tre dì non l’avesse lasciato per disperazione di riuscirne mai. Capelli avea neri, or quasi bigi: direbbe alcuno per gli soverchi pensieri, egli pegli anni. Leggere, meditare, scrivere furono le sue occupazioni; sentiva in suo cuore ch’era infingardaggine, veniva detto amore di gloria, se ne innamorò tanto più sotto a così onorata maschera. Pizzicò sempre alquanto di poeta, molte cose in ischerzo dettò, non poche alte; in tutto seguì gli antichi, per gareggiar co’migliori, ed esser vinto da genti che non possono più parlare. Per natura volontieri presta altrui gli orecchi; parla di rado; talora diresti ch’è mutolo, se non ci fossero il sì e il no, voci a lui [38] per la brevità carissime; e per la loro diffinitiva sostanza da lui più spesso che tutte l’altre profferite. Per avere molte cose pubblicate, noto divenne ad alcuni: desiderarono di vederlo. La prima volta bastò: il suo silenzio nocque alle stampe. Egli se n’avvide e fu lieto per amore della solitudine. Tutte le voglie ebbe in suo cuore; le vinse; si lusingò che fosse virtù; ma esaminandosi, trovò che gli morirono in corpo per la picciola fortuna. Ne rise, e s’invogliò di vedere quali effetti facciano in diversi animi stimoli a’suoi somiglianti. Perciò si diede al viaggiare e sconosciuto vide varie generazioni di genti e Pellegrino divenne. Nelle città da lui trascorse non misurò campanili, non disegnò architetture di ricchi palagi, non piazze, non vie; sempre ebbe gli occhi attenti agli abitatori. Stanco d’aggirarsi, si diede a scrivere quello che vide, arrestandosi nella sua patria. Nell’anno 1761, adì 28 febbraio, non è morto. Quando ciò sarà, Dio gli faccia pace all’anima. ◀Selfportrait ◀Level 3

Ritratto Settimo. Level 3► Heteroportrait► Silvio si presenta altrui malinconico. È una fredda compagnia, fa noia. Va a visitare alcuno, mai nol trova in casa. Vuol parlare, è quasi ad ogni parola interrotto. Come uomo assalito dalla pestilenza, è fuggito. Ha buon ingegno; ma non può farlo apparire. I nemici suoi dicono che non è atto a nulla; i meno malevoli, al vederlo, nelle spalle si stringono. Non è brutto uomo, e le donne dicono che ha un ceffo insofferibile. Al suo ragionevole parlare non v’ha chi presti orecchio: starnuta, e non v’ha chi se n’avvegga. Silvionon ha danari. ◀Heteroportrait ◀Level 3 ◀Level 2 ◀Level 1