L’Osservatore veneto: Numero VII
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Nível 1
N° VII
A dì 25 febbraio 1761.
Nível 2
Metatextualidade
Quegli che mi scrive la lettera,
la quale sarà veduta sotto, intende ch’essa contenga
un’osservazione intorno al conservare la salute degli
uomini. Chi egli sia e donde mi scriva, io nol so: ma perchè
mi pare un nuovo capriccio, non tralascerò di far partecipe
il pubblico della sua scrittura. Se l’osservazione fatta da
lui non fosse giovevole, non sarebbe però la prima nell’arte
della medicina, che fosse riuscita vana e trovata fallace.
Citação/Lema
Hex Æsculapi, quam
habes potentiam!
Aristoph. in Pluto.
Oh! Esculapio re, quanto è grande la tua potenza!
Nível 3
Carta/Carta ao editor
Nível 4
Narração geral
Sono alquanti mesi che
nella città in cui mi ritrovo, corre una infezione
di febbri di così pessima ragione, che in pochi
giorni struggono e mettono nelle mani dei
beccamorti chi ne viene assalito; e per quanto i
medici vi abbiano fatto accurati esami, e
diligenti studi sopra, non si potè mai venire a
capo di far meglio. Ciascheduno di essi dice mille
buone ragioni intorno ai principii di questa
malattia, applicano rimedi secondo tutte le regole
dell’arte loro, non si dimenticano sentenza veruna
antica nè moderna per corroborare le loro
opinioni, tanto che non si sa più che dire, se non
che gli uomini muoiono a torto e per ostinazione.
Sperasi tuttavia che una sperienza veduta a questi
giorni possa finalmente arrecare quel giovamento
che si cerca, e confortare le persone le quali
veramente sono atterrite, e di tempo in tempo si
mettono la mano al polso, e ad ogni menoma
agitazione di quello si danno per sotterrate. Due
persone quasi della medesima età e complessione
vennero ne’passati giorni da questa mala
generazione di febbre assalite. L’uno è un buon uomo di lettere, il quale, secondo
la usanza della letteratura, non è molto agiato
de’beni di fortuna; e senza punto pensare di
quello che può avvenire domani, si appaga del suo
pane cotidiano, dicendo che ogni dì lo arreca a
chi lo spera. Il secondo è un certo uomo, il quale
nel principio di sua vita fu castaldo, e di tempo
in tempo accrebbe le facoltà colla industria, e
aiutato parte dalla prospera fortuna e parte da
una profondissima aritmetica, sottopose i suoi
padroni, e cominciò a grandeggiare e a spendere,
avendo fondata una buona e sicura rendita, e posto
da canto una miglior quantità di danari. Il povero
letterato, colto dalla febbre, si coricò sopra il
suo letticciuolo, in una cameretta a tetto, che
facea accoglienza gratissima ora a’venti del
mezzodì, ora a quelli del settentrione, e in fine
a quanti ne mandava il cielo; e standosi
ravviluppato il capo in certe sue coltrici,
rinforzate da una gabbanella che vi mettea sopra,
mandò per un medico, il quale mossosi a stento,
pure finalmente vi giunse quando appunto la
maggior furia della febbre lo facea vaneggiare.
Mentre dunque che il medico gli tenea la mano al
polso, l’infermo, che poco prima avea letto non so
se Dante o il Petrarca, ed era entrato in
farnetico con l’armonia di que’versi nel cervello,
cominciò a dire: “L’un’arte dee giovare all’altra.
Se voi fate sì ch’io guarisca ed esca di questo
letto, vi do parola che voi ne avrete in
guiderdone da me una delle più belle e più fiorite
ghirlande d’Elicona, e ch’io vi farò immortale.
Apollo è nume dell’uno e dell’altro di noi: e se
io non ho nè oro nè argento, sarò uomo da
innalzarvi fino alle stelle.” Il medico, udite
queste parole, e avvedutosi che potea esser vero
quanto gli promettea, perchè nella stanza non si
vedea altro che le muraglie, una sedia zoppa di
noce, e alquante dozzine di libri mezzi nudi che
in sulle schiene mostravano la colla e le
stringhe, prese per ispediente di non fare per
allora novità veruna e di stare a vedere;
affermando ad alcuno che quivi era più per caso
che per altro, ch’egli vi sarebbe poi ritornato la
sera. E forse così avrebbe fatto, se l’altro ch’io
dissi di sopra, caduto anch’egli infermo e
assalito dalla medesima qualità di febbre, non
avesse mandato per tutti i medici del paese per
udire il parere di ciascheduno: i quali essendo
alla casa di lui accorsi sollecitamente, furono
tanto affaccendati per lui, e tanta diligenza vi
usarono intorno, che il meschino letterato si
rimase soletto ad attendere la morte vicina.
Intanto dall’altro lato fioccavano le ricette,
traevansi dal mortaio polveri, stillavansi acque e
oli. Chi dicea: “Io farei sì e sì.” — “E io
accordo,” aggiugneva un altro, “ma vi aggiungerei
questo di più.” Sia fatto, bene sta; sicchè si
udia sempre ad ordinare nuove cose: e vi fu il
ricettario tutto dall’Acacia allo Zafferano;
vedendovisi una perpetua processione di pillole,
giulebbi, sciloppi, lattovari, tanto che la stanza
parea un mercato di ampolle e carte, mentre che
nella casettina del letterato vi avea appena una
boccia senza becco, piena di acqua, arrecatagli da
una vecchierella vicina. A capo di due giorni si
vide quella notabile sperienza ch’io dissi. L’uomo
di lettere fu veduto per la città a camminare
co’piedi suoi e andare dov’egli
volea; e l’altro co’piedi del prossimo alla volta
di una chiesa. Dicesi che quel medico, il quale fu
il primo giorno a visitare il letterato, scrive un
libro di osservazioni fatte sopra la malattia di
lui, e sulle forze della natura.
Citação/Lema
. . . Inquirendum
Quid domibus nostris pravi rectique regatur. Diog. Laërt.
Quid domibus nostris pravi rectique regatur. Diog. Laërt.
S’esamini nelle case nostre quello che vi si fa di bene o di male.
Nível 3
Ritratto Sesto.
Retrato alheio
Chi crederebbe che Giulio non
avesse affettuoso cuore? Le mie calamità sofferente
ascolta. Sospetto di lui, perchè ad ogni caso n’ha uno
egli ancora. Se la gragnuola ha disertato i miei poderi
quest’anno, dopo due parole di condoglianza dette in
fretta, mi narra che cinqu’anni fa un cresciuto fiume
atterrò la sua villa. Ho la moglie inferma? Compiange le
malattie, e mi dice che gli morì in casa un servo. M’è
caduta una casa? N’ha ristorata una sua pochi mesi fa.
Sono stato rubato? Maledice i ladri; e dice c’ha
cambiate le chiavi del suo scrigno per dubbio. Quanto
dico a Giulio, gli solletica l’amore di sè medesimo.
Nível 3
Metatextualidade
A Fronimo Salvatico Se la
vostra lettera non mi fosse pervenuta alle mani tardi,
essa avrebbe onorato questo foglio. La pubblicherò nel
venturo. Meglio però del foglio vostro mi consola quella
buona amicizia che mi confermate. Io non sono molto atto
a’convenevoli, e ognuno lo sa; ma se poco favello, molto
sento nell’animo mio. Quando potete, proseguite a
favorirmi. Desidero l’ora di ringraziarvi a voce. Spero
che non sia lontana. Tenetemi nella buona grazia di
Sofronia che so essere tutta vostra. Fate ch’io la trovi
con esso voi, quando avrò il piacere di vedervi, perchè
io possa ad un tratto dichiarare la mia buona amicizia
all’uno e all’altro.