Sugestão de citação: Gasparo Gozzi (Ed.): "Numero VI", em: L’Osservatore veneto, Vol.1\006 (1761-02-21), S. 24-29, etidado em: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Os "Spectators" no contexto internacional. Edição Digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.308 [consultado em: ].


Nível 1►

N° VI

A dì 21 febbraio 1761.

Nível 2► Nível 3► Carta/Carta ao editor► Metatextualidade► Signor Osservatore

Citação/Divisa► Sumite materiam vestris, qui scribitis, æguam
Viribus, et versate diu quid ferre recusent
Quid valeant humeri .
 . .

Hor.. ad Pisones.

Prendetevi, o scrittori, a vostra possa
Atta materia, e ben pesate quanto
Portar rifiuti il dorso, e quanto possa. ◀Citação/Divisa

Nível 4► Se mi fu amara la perdita della Congrega vostra, la quale coll’allegorico romanzo, colle scelte traduzioni di Luciano, co’robusti Sermoni, ed in tante altre guise andava istruendo e dilettando i leggitori, raddolcito mi fu il dispiacere, riconoscendo dalla partenza dei Pellegrini derivato il foglio dell’Osservatore periodico, opera da voi felicemente intrapresa e che spero (perchè desidero) proseguita senza interruzione, perchè ne sarete senza dubbio incoraggito dall’applauso de’nostri concittadini, i quali sempre più conosceranno quanto bene portar voi sap-[25]piate quel peso che vi siete addossato, e far sì che l’Inghilterra non possa più vantarsi sola del suo Spettatore.

La giustezza del pensare, la felicità del rappresentare, il mele dell’elocuzione fanno a gara in questi primi fogli per renderli grati e profittevoli. La storiella di Dione, la scuola dell’eloquenza, il viaggio del Piacere e della Saviezza, Timone ed Antonio . . . Ma a che ne vo io facendo una inutile rassegna. E questi serii ammaestramenti, perchè non abbiano quell’aria di lezione che tanto insopportabile riesce alla superbia della natura umana, sono dati in modo che pare che applaudano a ciò che in effetto correggono:

Così all’egro fanciul porgiamo aspersi

Di soave licor gli orli del vaso;
Sughi amari ingannato intanto ei beve,
E dall’inganno suo vita riceve.

Ma a proposito di Timone ed Antonio, poichè con tanta grazia avete ripreso l’irragionevolezza dei lamenti di que’ricchi, che si scatenano contro coloro che per sola ostentazione hanno beneficato; e molte frodi ancora spiegato avete dall’adulazione adoperate per ricoprirsi col manto dell’amicizia, io vi prego di mostrarci anche il contravveleno, cioè la maniera che usar debbono i ricchi uomini per distinguere dall’amico di loro larghezza l’amico di loro persone: e come diceva il giovane Pelleo, dall’amico del re l’amico d’Alessandro. Aspetto i vostri pensieri, su questa delicata materia, coi quali obbligherete i ricchi non meno che i poveri, insegnando a quelli a collocar degnamente i loro benefizii ed a questi a meritarli; e più che ad ogni altro farete cosa grata ad un vostro sincero ammiratore. ◀Nível 4

Andropo Microsi◀Metatextualidade ◀Carta/Carta ao editor ◀Nível 3

Nível 3► Metatextualidade► Risposta ◀Metatextualidade

Nível 4► La mala gramigna, o vogliam dire genia, degli adulatori è veramente una generazione d’uomini che volgendo le spalle alle picciole case e plebee, vogliono salire scale solenni ed entrare in dorate stanze e in ben guerniti tinelli. Taluni stanno a bocca aperta tendendo insidie all’oro, altri richieggono favori per grandeggiare fra minori di sè, e la turba, maggiore, fattosi nume del proprio ventre, cercano d’empierlo di buone vivande e di vivere grassi e unti con l’opera dell’altrui cucina. Per giungere a tali fini e ad altri ancora che sarebbe lungo il noverargli, usano tante maschere, si tramutano in tante forme ch’è quasi impossibile il raffigurargli per quelli che sono. Hanno una dottrina del [26] tutto diversa da quella de’medici, i quali con lunghissimi studii e meditazioni vanno speculando le varie infermità dei corpi, per potere con l’aiuto della medicina risanargli. Gli uomini di lusinga spiano con accortezza e diligenza tutte le magagne degli animi, e con la tazza del veleno in mano cercano d’accrescerle, quando l’hanno conosciute. È così bello e pieno di questa materia il trattato di Plutarcoscritto intorno a’segni che mostrano qual sia l’amico vero e l’adulatore, che non saprei qual cosa aggiungervi di mio capo. E Teofrasto gli dipinge anch’egli per modo che non v’ha più pennello che possa uguagliare il suo. Di là potete trarre la conoscenza de’buoni e de’tristi. Ma vedendo io che per quanto essi ed altri ancora n’abbiano detto, è impossibile il pervenire ad una perfetta cognizione di questa accortissima razza guastatrice degli animi umani, in iscambio di parlare del modo di conoscerla, dirò qualche cosa in generale circa al chiudere, quanto più si possa, la via a siffatti tristi di andare intorno ad altrui, e fiaccare in essi la baldanza di far le maschere e nascondere il lupo sotto la pelle d’altri mansueti animali.

L’unico mezzo per giungere a tanta fortuna sarebbe il fare una professione aperta di virtù, e sì veramente coltivarla nel proprio cuore, che cotesti uccellacci di rapina s’avvedessero della difficoltà e quasi impossibilità del poter fingere una vera virtù per dar nell’umore ad un uomo veramente virtuoso. Io non dico perciò che alcuno d’essi non potesse a tanto pervenire, ma la cosa si ridurrebbe ad alcuno solamente; e richiederebbe ingegno, malizia e sottigliezza maggiore; e più rade sarebbero le opportunità dell’usare lusinghe e la malignità di loro arte con una persona ch’avesse pochi difetti nel cuore.

Non basterebbe però l’allontanare da sè i tristi, ma egli si vorrebbe anche all’incontro aprire l’adito a’buoni per non rimanere privi d’amici; e questo vuole un’altra avvertenza. Molti buoni e virtuosi uomini ci sono, aggravati dalla povertà, i quali a stento si presentano a’grandi ed a’ricchi, temendo che la loro calamitosa condizione gli renda agli occhi di quelli dispregevoli e vili. Potrebb’essere che questo timore nascesse anche da una certa superbiuzza, naturale ad ogni uomo, e che siccome ci sono alcuni che dicono in loro cuore: “Perchè avremo noi pratica con genterelle allevate fra gli stenti, d’animo impicciolito negli infortunii, non atte a pensieri grandi, bulicame e fogne della terra?” così alcuni altri dicano: “Oh! non siamo noi forse uomini? quest’animo che ci vivifica, non è forse uguale all’animo loro? Perchè un grosso panno o una frangia d’oro e d’argento che ci manca, tanto ci dee dividere e allontanare dalla natura altrui, che ci sieno uomini i quali ci guardino dall’alto, quasi appunto noi fossimo negli abissi? Difendiamo la condizione umana, non ci mescoliamo con esso loro, acciocchè la non venga avvilita.” In tal guisa favellano i primi e i secondi. Dunque s’ha a trovare un sensale che mettendosi fra quelli e questi, accosti gli animi degli uni a quelli degli altri con quell’onesto ruffianesimo che dicea Socrate, riferito da Zenofonte nel suo convito. Questo [27] sensale non può essere altro che Virtù la quale dee allettare l’uno verso all’altro gli animi delle due condizioni d’uomini ricchi e poveri. I primi debbono apertamente dimostrare che l’hanno in cuore e che l’amano dovunque la veggono, come appunto s’apprezzerebbono oro e perle trovati in una cassettina squisitamente lavorata, quanto in un goffo canestro o nel fango. Ciò farebbe due effetti ad un tratto che sono la conchiusione di questo ragionamento. Il primo che coloro i quali non hanno in sè veruna virtù e che anzi sono corrotti vasi di vizii, si guarderebbero molto bene dall’aggirarsi intorno a’ricchi, sapendo che ne verrebbero discacciati, e vedendo che non gioverebbero più le lodi a’difetti. L’altro pel contrario che i virtuosi, comecchè poveri, ricreandosi d’un’onorata gloria del trovare grata accoglienza appresso a’ricchi per la propria virtù, avrebbero loro gratitudine di ciò, e formerebbero volontieri un vincolo d’amicizia con essi guardandosi, come dal fuoco, di perdere la grazia di quelli. ◀Nível 4 ◀Nível 3

Metatextualidade► Il mio buon pittore da ritratti in cartapecora m’ha favorito di non so quali altri nuovi lavori che debbono essere ornamento al suo stanzino. Avendo i primi trovato qualche grazia appresso al pubblico, espongo agli occhi delle genti anche gli ultimi. Di tempo in tempo darò fuori anche quelli che mi vengono da lui promessi per da qui in poi, e così farò sino a tanto che saranno graditi. ◀Metatextualidade

Ritratto Terzo. Nível 3► Retrato alheio► Non è forse bell’uomo Lucio? ben fatto di corpo? non istà bene sulla persona? Con garbo danza; con grazia canta. A tempo e modesto favella; in tutte le cose oneste compiace con affabilità; in brigata è di lieto umore; volentieri spende. Nello scegliere ornamenti femminili ha buon gusto, è cima d’uomo. Perchè poco gli durano le innamorate? Se le donne seco adirate borbottano, non ribatte, non rimbecca, non risponde mai. È flemmatico. Non sa dare pastura a tempo da prolungare la stizza. Le tedia, le perde. ◀Retrato alheio ◀Nível 3

Ritratto Quarto. Nível 3► Retrato alheio► Il cervello di Quintilio si nudrisce di giorno in giorno, come il ventre. La sostanza entratagli negli orecchi ieri, trovò sfogo nella lingua, rimase vôto la sera. Stamattina entra in una bottega: domanda che c’è di nuovo. L’ode: di là si parte; va in altri luoghi, lo sparpaglia. Fa la vita sua a guisa di spugna; qua empiuta, colà premuta. Prende uno al mantello, perchè gli narri; un altro, perchè l’ascolti. Spesso s’abbatte in chi gli racconta quello che avrà raccontato egli medesimo. Corregge la narrazione, afferma ch’è alterata, non perchè abbia alterazione, ma per ridere. Se due leggono in un canto una lettera, struggesi di sapere che contenga. Conoscendogli, si affaccia: se non gli conosce, inventa un appicco per addomesticarsi. Due che si parlino piano all’orecchio, fanno ch’egli volta l’anima sua tutta da quel lato, e non intende più chi seco favella. Interpreta cenni, occhiate, e, s’altro non può, crea una novella, e qual cosa udita la narra. Quintilio, come una ventosa, sarebbe vacuo, se dell’altrui non s’impregnasse. ◀Retrato alheio ◀Nível 3

[28] Nível 3► Ritratto Quinto. Retrato alheio► Più volte vedesti Sergio: fosti in sua casa. Egli teco parlò, teco rise, s’addomesticò. Seppe chi tu eri; n’avesti grazie, accoglienze, lodi, promesse d’amicizia. Di là ti partisti contento. Lo trovasti ieri per via, gli ti appresentasti lieto con un inchino e con una faccia domestica. “Chi se’tu ?” disse, aguzzando le ciglia in te, come vecchio sartore nella cruna dell’ago. Gli dicesti di nuovo il tuo nome, il casato. Sergio ha corta veduta e memoria debole. Se nulla gli occorrerà dell’opera tua un giorno, avrà occhi di lince, memoria di tutto. ◀Retrato alheio ◀Nível 3

Nível 3► Metatextualidade► A Fronimo Salvatico

O buono ed onesto uomo, amatore del prossimo, diritto cervello, cuor pieno di modesti e onorati sentimenti, io ho avuto più volte desiderio di scrivervi. Ho a conferirvi alcune cose che porto da gran tempo nell’animo. Insegnatemi come debbo fare. Altre persone sono state degne dell’amicizia vostra; desidero d’esserne degno ancor io. Chi sa che io non abbia qualche difettuzzo e mancanza verso di voi, della quale io sia in obbligo di scusarmi. Voi siete ragionevole assai e io non credo d’essere senza ragione. Questi fogli hanno bisogno dell’opera vostra; ma più abbisogno io della vostra cordiale amicizia. A quella mi rimetto e sono tutto vostro

L’Osservatore ◀Metatextualidade ◀Nível 3

Nível 3► Metatextualidade► A Sofronia

Voi sapete pure che tutto quello che fanno le donne ha miglior grazia davanti agli occhi del mondo di quanto fanno gli uomini. Se le femmine cominciassero a scrivere come fate voi, io son certo che le scritture acquisterebbero un certo garbo che non hanno avuto fino al presente. Le materie trattate da’maschi con una studiosa ruvidezza, s’ingentilirebbero, diverrebbero umane, graziose e sparse di mille fiori. L’umor vostro è inclinato alla morale, e questa necessaria scienza ha più bisogno di tutte le altre d’essere presentata guernita altrui d’ornamenti che la rendano cara e facciano amare dal pubblico. V’apro il mio desiderio. Voi sapete che lo Spettatore era favorito da più parti con lettere, le vostre non possono essere altro che buone e belle, grate a tutti, e gratissime particolarmente al vostro

Buon amico e servitore ◀Metatextualidade ◀Nível 3

Metatextualidade►

Lettera dedicatoria de’fogli presenti e di quelli che hanno a venire scritta dall’Osservatore al Pubblico.

Questi fogli non sono in effetto cosa mia, se non perchè io v’adopero dentro l’inchiostro, la carta e le penne mie; onde io facendo un calcolo di quanto mi viene somministrato e di quanto ci metto del mio, trovomi debitore d’una grossa quantità all’universale. Egli è un lungo [29] tempo che sono obbligato alla gentilezza di tutti; nè saprei in qual altra guisa testificare la mia gratitudine fuorchè indirizzando a tutti coloro insieme, da’quali vengo, graziato, le parti di questa Operetta passate e future. Diranno alcuni che le dedicatorie si mettono nel principio de’libri e non dopo alquanti fogli. Al che io rispondo che non trovo legge che vieti il mettere la dedicatoria dove altri vuole; e che quanto a me anzi mi sembra che la stesse meglio nella fine che al cominciare del libro; perchè la persona a cui viene presentato, leggendolo prima della lettera, saprebbe la qualità del presente che a lei è stato fatto. Io non l’ho dedicato da principio, nè ho indugiato sino alla fine per fare sperienza de’primi fogli e vedere se riuscivano grati o no. Ora che sono, la mercè vostra, comportati, gli indirizzo a voi, come cosa tutta di voi, e pieno d’una vera obbligazione, vi prego a proseguire nel modo che avete cominciato. Mi raccomando alla vostra buona grazia, e mettendomi a dettare il foglio di Mercoledì, sono

A dì 20 febbraio 1761.

L’obbligatissimo Osservatore ◀Metatextualidade ◀Nível 2 ◀Nível 1