Il Filosofo alla Moda: Lezione CXIX
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Niveau 1
Lezione CXIX
A Principi, ed a loro Favoriti.
Citation/Devise
Quis talia fando
Myrmidonum, Dolo punire, aut duri miles ulyssei
Temperet à lacrymis?
Myrmidonum, Dolo punire, aut duri miles ulyssei
Temperet à lacrymis?
Virg.~i Æn.~i L. II. 6. 8.
Niveau 2
Metatextualité
Da che ho parlato di quell’antico manoscritto, che contiene la vita
segreta di Faramondo~i, l’ho esaminato, con più attenzione; e persuaso, che gli Uomini si governino
in tutti li secoli colle stesse passioni, ne ho raccolti diversi tratti, che ponno
servire ad istruirci. L’Amico, da cui l’ha ricevuto, mi ha dato il carattere di Eucrate~i, Favorito
di questo Principe, estratto da un Autore, che vivea seco in quella Corte. Non sarà fuori di
proposito l’inserire quì alcune particolarità, che vi si ritrovano, concernenti all’uno, ed
all’altro, che ponno giovare a meglio intendere il fine delle loro Conversazioni. Ecco in quale
maniera l’Autore si esprime.
Niveau 3
Récit général
“Quando Faramondo~i aveva desiderio di passare un ora, o due lontano
dal tumulto degli affari, e dall’imbarazzo delle cerimonie; si mettea la mano sul volto, o si
appoggiava, con aria trascurata, ad una Finestra; o fea qualche azione di questa natura, che
compariva indifferente a tutti, ma servia di segnale al fedele Eucrate~i. Questi perciò si ritirava
al suo Appartamento, dove non mancavo di portarsi il Rè quivi dava udienza à molte persone, che
Eucrate~i vi ammettea, per una scala segreta e che le guardie, a cagione della loro cattiva mina,
impedivano d’entrare in Palagio; per questo Faramondo~i chiamava quel luogo privilegiato, Porta
degl’Infelici, ed accusava il suo ministro, perche si lasciava corrompere dà loro
regali, che consisteano in lagrime. In fatti Eucrate~i era l’Uomo il più compassionevole del mondo,
eccettuatone il suo generoso Padrone, le di cui viscere si commovevano all’udire la minima miseria.
Eucrate~i era il Protettore de’veri infelici, di quelli che da improviso accidente venivano immersi
nelle avversità, de’Figlj abbandonati dà loro Parenti, delle Moglj maltrattate da loro crudeli
Mariti; de’Ricchi fatti poveri da un naufragio, o da un incendio; di quelli in somma, che non aveano
verun appoggio nel Mondo, e vedea esposti alli roverscj, a’quali soggiace la vita Umana. Si può dire
ancora, che disponea della liberalità del suo Principe, senza essere invidiato, nissuno si applicava
nel ricercare, per quai mezzi le persone afflitte venissero sollevate.
L’afflizione è accompagnata da una specie di auttorità; e già che tutti gli Uomini vi sono
soggetti, non ve n’è alcuno, che non sia obbligato a darle udienza. Sono persuaso, che Faramondo~i
sia sempre disposto ad ascoltarla. Sappiate dunque, che ho avuta questa mattina la disgrazia di
uccidere in Duello l’Uomo il più amato, il più caro, che avessi al mondo. Ho troppa renitenza nel
dire, in faccia alla Maestà vostra che mi rendiate l’amico, e che voi me ne avete privato. Potrà il
pietoso Faramondo~i distruggere i propri sudditi, potrà il Padre della Patria svenare il Popolo suo
figlio; e pure voi fate l’uno è l’altro. La fortuna e ricercata da tutto il mondo:
tutta gloria, e tutto onore de sudditi sono nelle mani del loro Principe; egli distribuisce le
Carriche, e le grazie; innalza, ed abbassa chi più, o meno gli piace. Così i Monarchi sono debitori
di tutte le cattive usanze, che s’introducono ne’loro stati, a pregiudizio de’loro ordini. Una corte
puol fare, che la moda, el dovere caminino con passo uguale; ne accaderà mai, che vi si approvi la
colpa, senza ch’ella non ne sia complice. Ma ahi, nel Regno di Faramondo~i, per la tirannia
d’un’infelice costume, che falsamente si chiama punto d’onore, il Duellista uccide il proprio amico,
el Giudice lo condanna, benche approvi la sua azione: Che significano tutte le leggi se i violatori
non sono esposti, che alla morte; el disonore ch’è il più grande di tutti i mali, e la ricompensa di
quelli, che le osservano? Per me non posso esprimere le varie sorti di tenerezza, e di ribrezzo, che
provo quando riffletto alle picciole avventure della mia vita passata col amico ucciso; Il mio cuore
è si oppresso dal dolore che non sò contenermi in presenza di Faramondo~i. Indi versò un torrente di
lagrime, e si pose a gridare ad alta voce: Perche Faramondo~i non intenderà i crudeli rimorsi, che
mi tormentano, da quali, egli solo, può liberare gli altri in avvenire? Impari da me
fin dove giongano quelli di chi ha ucciso un Amico, per la falsa dolcezza del suo governo; e si
rappresenti la vendetta dimandata dal sangue di tutti quelli, che sono periti per la inosservanza
delle sue leggi.”
Niveau 4
Dialogue
Una sera, in cui Faramondo~i si era portato all’Appartamento di
Eucrate~i, lo ritrovò si abbattuto, che gli dimandò, con quel grazioso sorriso, che gli era sì
naturale. D’onde viene che Eucrate~i è sì malinconico? Vi e qualche infelice, che Faramondo~i non
sia in istato di soccorrere? Cosi temo, rispose Eucrate~i: vi è là di fuori un Gentiluomo di buona
mina, ben’attappato, che mostra d’essere nel fiore della sua età, ed è in procinto di soccombere al peso di qualche duro travaglio: Tutti li suoi tratti palesano l’agonia del suo
animo; e mi pare più disposto a sciogliersi in pianto, che a cadere in disperazione. Io gli ho
dimandato ciò che bramava, e mi ha risposto, che volea parlare a Faramondo~i. L’ho priegato a
communicarmi le sue premure, ma appena ha potuto repplicarmi: Eucrate~i degnatevi presentarmi al Rè;
la mia avventura è troppo dolorosa per narrarla due volte; non sò se nè meno avrò lena per
rifferirla una sola dal principio fino al fine. Faramondo~i commandò, che entrasse; il Gentiluomo si
avvanzò, con un aria la più interdetta, e la più imbarazzata del mondo. Il Rè che subito
sen’avvidde, cercò di rinfrancarlo, colle sue civili, ed obbliganti maniere, dicendogli: La mia
presenza non v’intimorisca, ne accresca il dolore, che veggo sparso sulla vostra faccia: sovengavi,
che parlate ad un vostro amico, che ritroverete tale, se posso porgere qualche rimedio alla vostra
afflizione. “Oh benignissimo Faramondo~i! disse il Gentiluomo; Non parlate d’un Amico allo
sfortunato Spinamonto~i; ne avevo uno, ma non vi è più; questa mano; l’hà ucciso; ma Faramondo~i n’è
il colpevole: Non vengo per dimandarvi grazia; vengo per raccontarvi il dolore, che mi ferisce, e che non ho forza per tollerarlo. Non vi è più per me, nè piacere nè allegrezza in
questo mondo. Oh magnanimo Principe soffrite, che malgrado la bontà del vostro naturale,
nell’amarezza di quest’anima, vi tacci d’avere parte nella effusione di quel generoso sangue, che
oggi questa infelice mano ha sparso. Oh! Dio volesse, che prima del colpo fatale, l’avessi perduta.”
Dopo avere quì fatta un poco di pausa, raccolte alla meglio le sue idee, ripigliò con maggiore calma
la narrativa, e la proseguì nella seguente maniera.