Lezione CXV Cesare Frasponi Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Lisa Pirkebner Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 17.01.2017

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Frasponi, Cesare: Il Filosofo alla moda, ovvero, Il Maestro Universale. Venezia: Giovanni Malachino 1728, 307-312 Il Filosofo alla Moda 2 115 1727 Italien
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Lezione CXV A Ballerini.

Saltare elegantius, quàm necesse est probæ.

Sal. Bell. Catil. §. 25.

Luciano, in uno de’suoi Dialoghi, introduce un Filosofo, che sgrida certo suo Amico, perche ama, e frequenta i Balli. Questi per giustificare il suo favorito divertimento, adduce subito, che il Ballo fù inventato dalla Dea Rhea, e che salvò Giove dalla crudeltà di suo Padre Saturno. Mostra indi, che i più grand’Uomini di tutti i secoli l’aveano approvato; che Omero chiama Marione un lesto Ballarino, e dice di lui che la sua buona mina, e la grande agilità, da lui acquistata in tale esercizio, lo distingueano da tutti i Cavallieri, che si ritrovavano nell’Armata de’Greci, o de’Trojani.

Aggiogne, che Pirro si rese più celebre colla invenzione del Ballo, che porta in suo nome, di quello facesse con tutte le altre sue azioni unite. Che i Lacedemoni, i più bravi di tutti i Greci, incoraggivano molto a questo divertimento, e che il loro Ballo chiamato Ormus (il quale per dirlo di passag-gio, assai rassomiglia al Brandè de’Francesi) era in voga presso tutta l’Asia; Che si vedeano per anco alcune Statue Tessaliane, innalzate all’onore de’loro più eccellenti Ballerini; e che si stupiva come il suo amico Filosofo si ritrovasse d’opinione contraria a que’due grand’ingegni, da lui per altro sì applauditi, Omero ed Esiodo, l’ultimo de’quali accoppia il valore col Ballo, quando dice, che i Dei aveano data la bravura agli uni, e la disposizione per ballare agli altri.

Finalmente gli mette dinanzi agli occhi l’esempio di Socrate, il più saggio di tutti gli Uomini, giusta la decisione di Apollo, che, non contento di ammirare quest’esercizio negli altri, l’apprese egli stesso, quando era già vecchio.

Il Filosofo Misantropo, mosso da tali auttorità, e da qualche altra della stessa natura, si riduce alla opinione dell’Amico; e desidera, che lo piglj seco la prima volta che si porterà al Ballo.

Io pure voglio cuoprirmi coll’esempio di sì grand’Uomini. Nè credo sia cosa indegna delle mie speculazioni l’inserire quì la seguente Lettera, mi è venuta, se non m’inganno, da qualche ricco Artigiano della Città.

Sig. Filosofo

Io sono un Uomo avvanzato in età; e con una onesta industria nel mondo, ho guadagnato tanto per dare a miei Figliuoli quella buona educazione, che io non ho ricevuta. La mia Figlia maggiore, che ha sedeci anni, stà sotto la direzione del Sig. Rigadone uno de’nostri Maestri di Ballo; e hieri sera m’impegnò, di concerto con sua madre, di portarmi ad uno de’suoi Esercizj. Vi confesso, mio Sig., che in mia vita non ero mai stato ad un simile spettacolo; e che rimasi dolcemente sorpreso nel vedere ciò che si chiama, Ballare alla Francese. Vi erano molti, e molte Giovani, i Corpi de’quali parea non avessero altro moto, che quello veniva loro ispirato dal Violino. Terminate queste Gambate, si venne alle Contradanze, nelle quali vi era qualche cosa, che non dispiaceva. Vi erano delle Figure Enblematiche, composte senza dubbio da bravi talenti, per istruzione della gioventù.

Ne osservai una fra le altre, che si chiama, se non mi inganno, la Caccia dello Schiratto, dove l’Uomo dà la caccia alla Donna, che lo fugge; ma quando ella si rivolta verso di lui, piglia egli stesso la caccia, e la Donna gli corre dietro. Mi pare, che la morale di questo ballo sia molto propria, per insinuare al sesso feminino la Prudenza e la Modestia.

Ma si come i migliori stabilimenti sono soggetti alle curruttele, debbo avvertirvi, che in quest’esercizio si sono introdotti terribili abusi.

Quasi caddei dal mio scagno, nel vedere mia Figlia dare la mano a que’Giovani, o pigliarla ella stessa, con tanta famigliarità. Noll’avrei mai creduta capace di tanto. Questo non è il tutto. Si pigliavano sovente la libertà di fare un atto il più sfacciato, ed il più lascivo si possa immaginare, che intitolavano, una Pausa, e che non saprei descriverlo, se non dicendo, ch’egli è il roverscio di ciò, che noi chiamiamo schena a schena. Finalmente un Giovine sfrontato disse al violino di sonare l’aria di Marion Pately, e dopo avere fatte due, o trè capriole, corse alla sua compagna, la pigliò sotto le braccia, e la fè girare in aria, di maniera, che io essendo sieduto in uno de’Banchi più bassi, viddi con poco decoro della Giovine più di quello sia a proposito il quì rappresentarvi. Che che ne sia, stomacato da tante enormità, sul punto di vedere a ciurlare mia Figlia, accorsi, la pigliai per la mano, e la condussi a Casa.

Mio Signore, non sono per anco tanto vecchio, si che abbi perduto il giudizio. Voglio ben credere, che codesti divertimenti, non sieno stati da principio inventati, se non per mantenere una buona ed onesta corrispondenza trà le Giovani, ed i Giovani; ma non sò approvare gli eccessi, che vi si commettono. Voi ne penserete tutto ciò, che vi piacerà; ma se mai siete stato a codesti balli, sono persuasissimo, vi avrete ritrovata ampla materia da speculare.

Sono &c.

Il mio Corrispondente non ha che troppo motivo di alterarsi, per la indecente maniera, con cui venne trattata sua Figlia. Ma l’avrebbe avuto maggiore, se si fosse ritrovato ad un Ballo de’Baci, dove, un amico mi assicura, che gli Uomini sono obbligati trattenersi abbracciati quasi per un minuto bocca a bocca colle loro Belle; vogliono, per lo meno, seguire il violino, e non ballare fuori di tempo.

Con tutto ciò, non posso risolvermi a condennare del tutto l’esercizio del Ballo, anzi crederei cosa buona l’applicarvisi qualche poco, se non altro per sapere portare il Corpo, e salutare in maniera agile, e polita.

La prima volta, che uno è veduto, se ne formano certe idee, che con tanta facilità non si lasciano; per questo si dovrebbe procurare una prima comparsa, che non fosse, nè affettata, nè sgarbata; e così entrare nelle compagnie con buona grazia.

Potrei aggiognere, che una tintura mediocre d’alcune regole della Civiltà, dà qualche franchezza alle persone, e le mette in istato di comparire, senz’annojare, in ogni sorta di compagnia. In mancanza di questo, ho veduto un scientifico Professore, non sapere in quale maniera portarsi nel salutare una Dama; ed un bravissimo mattematico in dubbio, se dovea stare a sedere o in piè, mentre un Signore bevea alla sua salute. x

Questo è quello debbono insegnare i Maestri di ballo; e se voi non vi aggiognete da voi stesso qualche cosa, che sia loro assolutamente incognita, vi è da temere, che doventiate più tosto un Fatuo, che un Uomo polito.

Per quello riguarda le Contradanze, confesso, che la grande famigliarità, vi si osserva frà i due sessi, puol avere delle pericolosissime conseguenze. Vi sono poche Giovani, che abbino il cuore tanto insensibile, che non rimanga intenerito dalle lusinghe della musica, dalla forza degli atteggiamenti, e dall’aria d’un Giovane ben formato, che di continuo colpisce i loro occhj, e dà prove convincenti, ch’egli ha un perfetto uso delle sue membra.

Questa sorta di balli, già che sono di nostra invenzione, e tutti vi siamo più o meno inclinati, si concedano alle Salamandre.

Lezione CXV A Ballerini. Saltare elegantius, quàm necesse est probæ. Sal.~i Bell. Catil.~i §. 25. Luciano~i, in uno de’suoi Dialoghi, introduce un Filosofo, che sgrida certo suo Amico, perche ama, e frequenta i Balli. Questi per giustificare il suo favorito divertimento, adduce subito, che il Ballo fù inventato dalla Dea Rhea~i, e che salvò Giove~i dalla crudeltà di suo Padre Saturno~i. Mostra indi, che i più grand’Uomini di tutti i secoli l’aveano approvato; che Omero~i chiama Marione~i un lesto Ballarino, e dice di lui che la sua buona mina, e la grande agilità, da lui acquistata in tale esercizio, lo distingueano da tutti i Cavallieri, che si ritrovavano nell’Armata de’Greci, o de’Trojani. Aggiogne, che Pirro~i si rese più celebre colla invenzione del Ballo, che porta in suo nome, di quello facesse con tutte le altre sue azioni unite. Che i Lacedemoni, i più bravi di tutti i Greci, incoraggivano molto a questo divertimento, e che il loro Ballo chiamato Ormus~i (il quale per dirlo di passag-gio, assai rassomiglia al Brandè de’Francesi) era in voga presso tutta l’Asia; Che si vedeano per anco alcune Statue Tessaliane, innalzate all’onore de’loro più eccellenti Ballerini; e che si stupiva come il suo amico Filosofo si ritrovasse d’opinione contraria a que’due grand’ingegni, da lui per altro sì applauditi, Omero~i ed Esiodo~i, l’ultimo de’quali accoppia il valore col Ballo, quando dice, che i Dei aveano data la bravura agli uni, e la disposizione per ballare agli altri. Finalmente gli mette dinanzi agli occhi l’esempio di Socrate, il più saggio di tutti gli Uomini, giusta la decisione di Apollo, che, non contento di ammirare quest’esercizio negli altri, l’apprese egli stesso, quando era già vecchio. Il Filosofo Misantropo, mosso da tali auttorità, e da qualche altra della stessa natura, si riduce alla opinione dell’Amico; e desidera, che lo piglj seco la prima volta che si porterà al Ballo. Io pure voglio cuoprirmi coll’esempio di sì grand’Uomini. Nè credo sia cosa indegna delle mie speculazioni l’inserire quì la seguente Lettera, mi è venuta, se non m’inganno, da qualche ricco Artigiano della Città. Sig. Filosofo Io sono un Uomo avvanzato in età; e con una onesta industria nel mondo, ho guadagnato tanto per dare a miei Figliuoli quella buona educazione, che io non ho ricevuta. La mia Figlia maggiore, che ha sedeci anni, stà sotto la direzione del Sig. Rigadone~i uno de’nostri Maestri di Ballo; e hieri sera m’impegnò, di concerto con sua madre, di portarmi ad uno de’suoi Esercizj. Vi confesso, mio Sig., che in mia vita non ero mai stato ad un simile spettacolo; e che rimasi dolcemente sorpreso nel vedere ciò che si chiama, Ballare alla Francese. Vi erano molti, e molte Giovani, i Corpi de’quali parea non avessero altro moto, che quello veniva loro ispirato dal Violino. Terminate queste Gambate, si venne alle Contradanze, nelle quali vi era qualche cosa, che non dispiaceva. Vi erano delle Figure Enblematiche, composte senza dubbio da bravi talenti, per istruzione della gioventù. Ne osservai una fra le altre, che si chiama, se non mi inganno, la Caccia dello Schiratto, dove l’Uomo dà la caccia alla Donna, che lo fugge; ma quando ella si rivolta verso di lui, piglia egli stesso la caccia, e la Donna gli corre dietro. Mi pare, che la morale di questo ballo sia molto propria, per insinuare al sesso feminino la Prudenza e la Modestia. Ma si come i migliori stabilimenti sono soggetti alle curruttele, debbo avvertirvi, che in quest’esercizio si sono introdotti terribili abusi. Quasi caddei dal mio scagno, nel vedere mia Figlia dare la mano a que’Giovani, o pigliarla ella stessa, con tanta famigliarità. Noll’avrei mai creduta capace di tanto. Questo non è il tutto. Si pigliavano sovente la libertà di fare un atto il più sfacciato, ed il più lascivo si possa immaginare, che intitolavano, una Pausa, e che non saprei descriverlo, se non dicendo, ch’egli è il roverscio di ciò, che noi chiamiamo schena a schena. Finalmente un Giovine sfrontato disse al violino di sonare l’aria di Marion Pately~i, e dopo avere fatte due, o trè capriole, corse alla sua compagna, la pigliò sotto le braccia, e la fè girare in aria, di maniera, che io essendo sieduto in uno de’Banchi più bassi, viddi con poco decoro della Giovine più di quello sia a proposito il quì rappresentarvi. Che che ne sia, stomacato da tante enormità, sul punto di vedere a ciurlare mia Figlia, accorsi, la pigliai per la mano, e la condussi a Casa. Mio Signore, non sono per anco tanto vecchio, si che abbi perduto il giudizio. Voglio ben credere, che codesti divertimenti, non sieno stati da principio inventati, se non per mantenere una buona ed onesta corrispondenza trà le Giovani, ed i Giovani; ma non sò approvare gli eccessi, che vi si commettono. Voi ne penserete tutto ciò, che vi piacerà; ma se mai siete stato a codesti balli, sono persuasissimo, vi avrete ritrovata ampla materia da speculare. Sono &c. Il mio Corrispondente non ha che troppo motivo di alterarsi, per la indecente maniera, con cui venne trattata sua Figlia. Ma l’avrebbe avuto maggiore, se si fosse ritrovato ad un Ballo de’Baci, dove, un amico mi assicura, che gli Uomini sono obbligati trattenersi abbracciati quasi per un minuto bocca a bocca colle loro Belle; vogliono, per lo meno, seguire il violino, e non ballare fuori di tempo. Con tutto ciò, non posso risolvermi a condennare del tutto l’esercizio del Ballo, anzi crederei cosa buona l’applicarvisi qualche poco, se non altro per sapere portare il Corpo, e salutare in maniera agile, e polita. La prima volta, che uno è veduto, se ne formano certe idee, che con tanta facilità non si lasciano; per questo si dovrebbe procurare una prima comparsa, che non fosse, nè affettata, nè sgarbata; e così entrare nelle compagnie con buona grazia. Potrei aggiognere, che una tintura mediocre d’alcune regole della Civiltà, dà qualche franchezza alle persone, e le mette in istato di comparire, senz’annojare, in ogni sorta di compagnia. In mancanza di questo, ho veduto un scientifico Professore, non sapere in quale maniera portarsi nel salutare una Dama; ed un bravissimo mattematico in dubbio, se dovea stare a sedere o in piè, mentre un Signore bevea alla sua salute. x Questo è quello debbono insegnare i Maestri di ballo; e se voi non vi aggiognete da voi stesso qualche cosa, che sia loro assolutamente incognita, vi è da temere, che doventiate più tosto un Fatuo, che un Uomo polito. Per quello riguarda le Contradanze, confesso, che la grande famigliarità, vi si osserva frà i due sessi, puol avere delle pericolosissime conseguenze. Vi sono poche Giovani, che abbino il cuore tanto insensibile, che non rimanga intenerito dalle lusinghe della musica, dalla forza degli atteggiamenti, e dall’aria d’un Giovane ben formato, che di continuo colpisce i loro occhj, e dà prove convincenti, ch’egli ha un perfetto uso delle sue membra. Questa sorta di balli, già che sono di nostra invenzione, e tutti vi siamo più o meno inclinati, si concedano alle Salamandre.