Il Filosofo alla Moda: Lezione LXXXIII

Permalink: https://gams.uni-graz.at/o:mws-096-264

Niveau 1

Lezione LXXXIII

Agl’Intemperanti

Citation/Devise

Sunt Stulti, qui nesciunt differentiam inter totum, & partes.
Nec Apii, & Malvæ magnas discernunt virtutes.

Hesiod.~i Opera, & Dies~i V. 40.

Niveau 2

Nelle mille e una notte; o ne’Racconti Arabi, ven’è uno di certo Principe Greco, che per quanti rimedj avesse impiegati, non si era mai potuto liberare dalla Lepra fino che da un valente Medico venne risanato nella seguente maniere.

Niveau 3

Récit général

Pigliò un maglio l’incavò dentro il manico; vi nascose la Droga di cui pretendea servirsi; accomodò anche una Palla; e la mattina disse al Re: Sire esercitatevi con questo maglio e spignete vigorosaramente questa Palla fino che sentiate la vostra mano, ed il vostro corpo bagnati di sudore. Ciò fatto, oprò sì bene il rimedio, che il Re rimase perfettamente guarito.
Quest’allegoria non è mal’adattata per insinuare, che l’esercizio del corpo è utilissimo alla Sanità, e la migliore medicina, che si possa pigliare.

Metatextualité

Ho già provato in un altro Foglio, sul fondamento della struttura generale, e del mechanismo del Corpo umano, che l’Esercicizio è d’un assoluta necessità per la sua conservazione. Esibirò quì un altro preservativo, che ha sovvente la stessa virtù del esercizio; e che puole in qualche maniera tenere il suo luogo, quando non vi è l’adito di metterli amendue in uso. Il Preservativo, di cui voglio parlare, è la Temperanza,
che sorpassa tutti gli altri mezzi di conservarsi la Sanità; essendo praticabile da ogni sorta di Persone, in ogni tempo, ed in ogni luogo. Ella è una specie di Regola, che ciascuno puole addossarsi, senza interrompere i suoi affari senza spesa, e senza perdita di tempo. Se l’esercizio scarica il corpo da ogni sorta di superfluità; la Temperanza la previene se l’esercizio polisce i condotti; la Temperanza non li tura, non gl’imbocca, ne mai gli opprime. Se l’Esercio mette gli umori in una giusta fermentazione, e contribuisse così alla circolazione de Sangue; la Temperanza da un capo libero alla natura, che puole aggire con tutta la sua forza, e con tutto il suo vigore. Se l’esercizio dissipa una malattia nascente; la Temperanza l’affoga prima che nasca; e ne strappa le radici. La maggior parte de’Rimedj non serve, che per supplire à diffetti dell’Esercizio, o della Temperanza. È vero, che sono assolutamente necessarj nelle Infermità acute, che non soffrono il ricorso all’operazione lente di codesti due grandi Perservativi della Sanità; ma se gli Uomini si formassero un abito regolato di esercizio, e di Temperanza, non avrebbero gran cosa bisogno della medicina; veggiamo, perciò, che stanno assai meglio ne’luoghi dove non vivono che di cacciaggione; e che la loro vita in generale era più lungha, quando non sussisteano, che in tale guisa. I vescicatoj, le Ventose, e le Sanguette non sono quasi in uso, che per i Sfacendati, e per i Dissoluti. Tutte quelle Pozioni solutive, in oltre che sono tanto in voga frà di noi, non servono, che di mezzo per mantenere la Sanità colla Crapola. Lo Speciale è sempre occupato a contraminare il Cuoco, ed il Bettogliere. Si dice che Diogene~i, incontrando per istrada un Giovane, che si portava ad’un Convito, lo fermasse, e lo conducesse à sua Casa, sotto il pretesto di preservarlo da un pericolo, a cui correa senza riparo. Che direbbe oggi quel Filosofo, se vedesse l’eccesso, e la ghiottoneria de’nostri Pasti moderni? Non crederebbe egli, che un Uomo fosse stolto, non priegherebbe i suoi Domestici a legarlo, se lo vedesse divorare in un solo Pranzo, Volatili, Pesce, Carne d’ogni sorta, inghiottire dell’oglio, dell’aceto, con insalate composte d’una cenquantena di erbe differenti; tranguggiare di trè, o quattro sorte di Vino; eccitarsi l’appetito colle false composte di cento ingredienti; mangiare delle confetture, delle paste, de’Frutti di gusti, e di odori infiniti? Quali violenti scosse, e quali sregolate fermentazioni, non dee produrre nel Corpo una tale mescolanza di cibi, e di aromati? quando veggo una Tavola servita con tutta quella magnificenza, che oggidì si costuma, mi pare di osservare la Gotta, e le Renelle; la Idropisia, e le Febbri, accompagnate da quella folla di malattie, alle quali siamo soggetti, fare come delle imboscate trà i Piatti, le Salviette, ed i mantili. La natura si contenta di ciò, che vi è di più semplice, e di più comune. Tutti gli animali, a riserba dell’Uomo, si restringono ad una sola vivanda. Gli uni vivono d’erba, e gli altri di Pesce. Quelli di Carne, e questi di Radici. Non vi è che l’Uomo, il quale si applichi à tutto ciò che incontra; niente gli fugge; i più piccioli frutti, la minima escrescenza della Terra, una Spuma, un Fonghetto, tutto dee servire a suo nodrimento, o alla sua ghiottoneria. È impossibile fissare le regole per la Temperanza, poiche la minima cosa puol’essere eccesso in uno, e sobrietà nell’altro. Vi sono poche persone gionte ad’una certa età, che non sappiano, quale sorta, e quale quantità di nodrimento meglio loro convenga. Se i miei Leggitori fossero miei Pazienti, e dovessi loro prescrivere delle regole di Temperanza, proporzionate al loro stato, frà le altre disegnerei loro la seguente d’un Medico sperimentato, e dotto. Fate il vostro Passo intero d’un solo Piatto: e gustate al più d’un secondo: non pigliate veruna bevanda vigorosa, se non in fine, astenetevi, in oltre da tutte le Salse, quando non sieno semplicissime, e naturali: un Uomo, che si appigliasse a quest picciol numero di massime facili, e comuni, non cadrebbe nel vizio della Golosità. Colla prima è al coperto della varietà de’Gusti, che portano all’Eccesso; colla seconda fugge tutti gli artificj inventati per eccitare un falso appetito, o per rianimarlo, quando è quasi estinto. Se dovessi determinare le volte, che ciascuno dee bere, direi, con un saggio Autore. Il primo bicchiero per me; il secondo per i miei amici; il terzo per l’allegrezze, ed il quarto per i miei nemici. Ma perche un Uomo, che vive in questo mondo, e difficile osservi queste regole con tutto rigore, mi pare, che ciascuno dovrebbe avere i suoi giorni d’astinenza, per quanto può soffrire la sua complessione. Questo è il vero mezzo di mettere la natura in istato di tollerare la fame, e la sete, quando la infermità, o il dovere l’esigono; di liberarsi dalle sue oppressioni, di riparare le sue forze abbattute, e ridonare l’elasticità a tutti gli spiriti rilassati. In oltre il digiuno, a proposito impiegato, allontana sovvente una malattia, anche grave, e la distrugge fino alla radice.

Niveau 3

Exemple

Due o trè Antichi ci dicono che Socrate~i non rissentì verun male da quella Peste crudele, che spopolò la Città d’Attene, si famosa nella Storia, a cagione della Temperanza, che quel Filosofo avea sempre osservata.

Metatextualité

Non posso a meno di quì inserire un pensiero, che mi è venuto in mente, ogni volta, che ho lette le vite de’Filosofi antichi, paragonandoli allo stesso numero de’Prencipi, o de’Gran Signori.
Si direbbe, che la vita de’primi, la Filosofia de’quali si riducea, buona parte, all’esercizio della Temperanza, e della Sobrietà, avesse altri termini, che quella degli altri Uomini. Almeno si ritrova, che alla loro morte erano più vicini alla età di cento, che a quella di sessant’anni.

Niveau 3

Exemple

Non si dà esempio che faccia meglio vedere qualmente la Temperanza contribuisce molto à prolungare la vita, di quello del Nobile Veneto Luigi Cornaro~i. Questi infermo e delicatissimo fino alla età di trentacinque quarant’anni, pigliò allora la rissoluzione di vivere, con una esatta regola, e ristabilì sì bene una sanità abbattuta, che nella età di ottant’anni pubblicò un picciolo libro, tradotto poscia anche in Francese, col Titolo: Il vero mezzo di vivere più di cent’anni, con una Sanità perfetta. Visse egli stesso tanto, per vederne una terza, o quarta edizione; E dopo avere ben passati li cent’anni, morì senza dolore, e senz’agonia, o più tosto dormì co’suoi Padri.
Vi sono diversi celebri autori, che parlano, con elogio, del suo Libro, nel quale si osservano in fatti quella gajosità di animo, quella calma, quel buon senno, e quel timore di Dio, che sono i fedeli compagni della Temperanza, e della sobrietà. Se vi è qualche cosa, che risenta di debolezza propria d’un vecchio, serve più tosto à rilevarne il prezzo, che a diminuirlo.

Metatextualité

Questo discorso ha connessione con quello del Foglio antecedente, dove tratto dell’esercizio corporale; per questo non hò quì considerata la Temperanza, che come mezzo facile per conservare la sanità, non come una virtù morale, riserbandola per altra occasione.