Lezione LXXI Cesare Frasponi Moralische Wochenschriften Alexandra Fuchs Editor Lisa Pirkebner Editor Institut für Romanistik, Universität Graz 19.12.2016

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Frasponi, Cesare: Il Filosofo alla moda, ovvero, Il Maestro Universale. Venezia: Giovanni Malachino 1728, 35-41 Il Filosofo alla Moda 2 071 1728 Italien
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Lezione LXXI Alli compositori di opere, e Decoratori delle scene.

Spectatum admissi risum teneatis amici?

Hor. A. P. 5.

Sono permessi gli eccessi di prodigalità nell’ornamento d’un opera, il di cui fine è solamente di piaccere al senso; e di sostenere l’attenzione de’spettatori.

Con tutto questo, il sentimento commune esigge, che negli ornamenti, e nelle machine non vi siano delle puerilità. In quali scoppj di ridere non sarebbero dati i belli Ingegni, della China, se avessero veduto Nicolino in abito di Erminia, esposto ad’una tempesta, solcare dentro in uno schifo un mare di Cartone? quale campo non avvrebbero avuto di sfogare i loro scherni, se si fosse preteso divertirli in un Teatro con dipinti Dragoni, che vomitassero fuoco, e fiamme; con Carri incantati tirati da Cavalli di spagna, o con cascate effettive di acque che si aggiongono a’Paesi artificiali. Un poco di buon gusto ci potrebbe suggerire, che non si debbono mettere insieme a una stessa opera, le ombre, colle cose reali e vere; e che gli ornamenti, destinati a rappresentare la natura, debbono spiegare a nostri occhj le rassomiglianze, delle cose, e non le medesime cose. Se si volesse rappresentare una vasta, e fertile campagna, coperta di grossi, e piccoli animali, non sarebbe cosa ridicola lo trasportare la Terra sulla scena, e riempire tutto il Teatro di vacche, e di pecore? questo è un accopiare le incompatibilità, e fare l’ornamento parte reale, e parte immaginario. Io bramerei, che i Direttori, si come gli spettatori delle nostre opere moderne si pigliassero qualche pena di rifflettervi sopra.

Saranno quindici giorni, in circa, che incontrai un uomo il quale portava sulle spalle una Gabbia piena di piccioli uccelli; mentre stavo per informarmi, che ne volesse, a caso, venne a passare uno de’suoi Amici, che, ebbe la medesima curiosità, dimandandogli, cosa avea sulle spalle! rispose che era stato a comprare delle Passere per l’opera. Delle Passere per l’opera ripigliò l’amico leccandosi le labra, si debbono arrostire? Nò ripiglia l’altro, debbono entrare, verso il fine del primo atto, e volare d’intorno al Teatro.

Questo piacevole Dialoghetto, mi rese tanto curioso, che subito comprai l’opera, e vidi, che le Passere doveano cantare dentro una graziosa Boscaglia. Ma dopo una informatione più esatta, ritrovai che aveano fatto lo stesso nella Serenata che il Cavalier martin Guastagno fè alla sua Innamorata, benche però gli uccelli volassero alla vista di tutti, la musica venia da un concerto di ciuffoli, e di Richiami collocati dietro le Tapezzerie. Nello stesso tempo, che feci questa scoperta, seppi dagli Attori, che vi erano gran dissegni sul tapeto a fine di perfezionare l’opera; che si era già proposto di abbattere una parte della muraglia per introdurre in scena un corpo di cento Cavalieri; e che si pensava, da un altra parte; di condurvi le acque del nuovo fiume per impiegarla in cascate. La essecutione di quest’ultimo progetto è stata rimessa, come ho udito dire, dopo alla prossima estate, perche allora il fresco che viene dalle Fontane, e dagli spruzzi di acqua sarà più grato alle persone di qualità. Tra tanto per divertire l’Uditorio in maniera più conveniente nell’Inverno, l’opera di Rinaldo è piena di tuoni, di lampi, di illuminazioni, e di fuochi artificiali, che li spettatori ponno riguardare senza timore di raffreddarsi; ed anche senza molto pericolo d’essere abbruggiati mentre vi sono molte trombe piene d’aqua pronte di giocare, ad ogni momento, in caso accadesse qualche male di questa natura. Siasi com’esser si voglia, mi immagino, che il proprietario della Casa, mio Amico avrà la prevenzione di assicurarla prima che si faccia quest’opera.

Per altro, non è da stupirsi, che queste decorazioni compariscano tanto stravaganti, poiche due Poeti di vario Paese le hanno inventate; ed un mago le fa venire in scena. L’Argomento ci dice, che Armida è un’Incantatrice venuta dal Paese delle Amazoni, e la lista de’Personaggi rapresentati, ci fà sapere, che il Povero Signor Cassani è un mago Christiano. Confesso, che non è piccolo imbarazzo, per me il sentire, che un Amazone si è resa si abile nell’Arte magica, e che un buon Christiano mantenga corrispondenza col Diavolo.

Dopo avere parlato de’stregoni, debbo dire qualche cosa de’Poeti, e per formarne qualche idea dell’Italiano, non avete che a gettare gli occhj sù queste prime righe della sua prefazione “Eccoti benigno Lettore un parto di poche sere, che se ben nato di notte, non è però abborto di tenebre, ma si farà conoscere figlio d’Apollo, con qualche raggio di Parnasso. Tratta indi Mymeheer Hendel Da Orfeo del nostro secolo, e ci dice, colla medesima sublimità di stile, e che compose egli stesso quest’opera in quindici giorni. Questi, sono gl’ingegni, al gusto de quali cerchiamo di conformarci. Si può dire, che i migliori frà i moderni scrittori Italiani si spiegano con termini fioriti, ed impiegano circollocuzioni sì nojose, che i soli Pedanti d’altre nazioni polite gl’immitano. Ma quì stà il tutto; riempiono le loro opere di pensieri si grotteschi, e di ciò, che chiamano concetti che se ne vergognerebbero i giovani studenti fuor d’Italia dopo essere stati uno, o due anni in qualche Colleggio.

Alcuni, forse s’immagineranno, che la differenza trà le composizioni dell’una, e dell’altra nazione provenga dalla diversità del loro Genio; ma per rimanere convinto, che questi è un mal fondato supposto, basta esaminare le opere degli Antichi, a grazia, d’essempio di Cicerone, e di Virgilio, e si ritroverà, che gli auttori d’altri Paesi, nella maniera di pensare, e di Spiegarsi, si avvicinano più degli Italiani moderni, a que’grandi originali. Benche gl’Italiani la pretendono sopra di tutti. Questo però non e metodo di tutti gli Italiani, ma di alcuni moderni.

Ma per ritornare alle Passere, se ne sono lasciate volare in tanto numero dentro quest’opera, che vi è da temere, il Teatro non nè rimarrà mai libero che dovendovisi recitare qualche altra opera non vengano molto fuori di proposito in scena; e che non vadano ad imbratare la sedia d’una Dama, o ad appoggiarsi sul Trono d’un monarca, senza parlare dell’affronto, che ne puo ricevere il capo degli uditori. Ho pure inteso a’dire da buona parte, che vi era dissegno, una volta, di rappresentare in opera l’avventura di quello si dice avere mandato un gatto nell’Indie con tanto profitto, e che per tale dissegno si era raccolta grande quantità di sorci; ma che il Proprietario del Teatro non volle che si facesse sul timore, che il Gatto non potesse uccidere tutti li sorci; e che i Principi del Teatro non rimanessero esposti a i loro insulti, come era il Principe di quel Paese prima che vi arrivasse il Gatto. Per me non saprei biasimare al proposito la sua condotta, ed approvo anche molto la risposta, che se gli attribuisce, in questa occasione. Io non credo, diss’egli, che i direttori della nostra Opera pretendano d’essere tanto valenti quanto il celebre suonatore di Flauto bianco, e nero, che obbligò tutti li sorci d’una grande Città, in Alemagna, di seguirlo, al suono del tuo stromento, ed in questa maniera liberò gli abitanti dalla molestia di que’piccoli animali.

Prima di finire questo discorso, avvertirò il Pubblico, che vi è un trattato sul Tapeto, con due famosi Giardinieri: questi debbono essere appunto i Giardinieri della Comedia, per formare all’opere di Rinaldo, e di Armida, una Boscaglia di melangoli. Che la prima volta, si reciterà, vi sarà il Canto degli uccelli; che gli Appaltatori, non isparagneranno, ne’diligenza, ne’spesa, per soddisfare la curiosità di tutto il mondo.

Lezione LXXI Alli compositori di opere, e Decoratori delle scene. Spectatum admissi risum teneatis amici? Hor.~i A. P. 5. Sono permessi gli eccessi di prodigalità nell’ornamento d’un opera, il di cui fine è solamente di piaccere al senso; e di sostenere l’attenzione de’spettatori. Con tutto questo, il sentimento commune esigge, che negli ornamenti, e nelle machine non vi siano delle puerilità. In quali scoppj di ridere non sarebbero dati i belli Ingegni, della China, se avessero veduto Nicolino~i in abito di Erminia~i, esposto ad’una tempesta, solcare dentro in uno schifo un mare di Cartone? quale campo non avvrebbero avuto di sfogare i loro scherni, se si fosse preteso divertirli in un Teatro con dipinti Dragoni, che vomitassero fuoco, e fiamme; con Carri incantati tirati da Cavalli di spagna~i, o con cascate effettive di acque che si aggiongono a’Paesi artificiali. Un poco di buon gusto ci potrebbe suggerire, che non si debbono mettere insieme a una stessa opera, le ombre, colle cose reali e vere; e che gli ornamenti, destinati a rappresentare la natura, debbono spiegare a nostri occhj le rassomiglianze, delle cose, e non le medesime cose. Se si volesse rappresentare una vasta, e fertile campagna, coperta di grossi, e piccoli animali, non sarebbe cosa ridicola lo trasportare la Terra sulla scena, e riempire tutto il Teatro di vacche, e di pecore? questo è un accopiare le incompatibilità, e fare l’ornamento parte reale, e parte immaginario. Io bramerei, che i Direttori, si come gli spettatori delle nostre opere moderne si pigliassero qualche pena di rifflettervi sopra. Saranno quindici giorni, in circa, che incontrai un uomo il quale portava sulle spalle una Gabbia piena di piccioli uccelli; mentre stavo per informarmi, che ne volesse, a caso, venne a passare uno de’suoi Amici, che, ebbe la medesima curiosità, dimandandogli, cosa avea sulle spalle! rispose che era stato a comprare delle Passere per l’opera. Delle Passere per l’opera ripigliò l’amico leccandosi le labra, si debbono arrostire? Nò ripiglia l’altro, debbono entrare, verso il fine del primo atto, e volare d’intorno al Teatro. Questo piacevole Dialoghetto, mi rese tanto curioso, che subito comprai l’opera, e vidi, che le Passere doveano cantare dentro una graziosa Boscaglia. Ma dopo una informatione più esatta, ritrovai che aveano fatto lo stesso nella Serenata che il Cavalier martin Guastagno fè alla sua Innamorata, benche però gli uccelli volassero alla vista di tutti, la musica venia da un concerto di ciuffoli, e di Richiami collocati dietro le Tapezzerie. Nello stesso tempo, che feci questa scoperta, seppi dagli Attori, che vi erano gran dissegni sul tapeto a fine di perfezionare l’opera; che si era già proposto di abbattere una parte della muraglia per introdurre in scena un corpo di cento Cavalieri; e che si pensava, da un altra parte; di condurvi le acque del nuovo fiume per impiegarla in cascate. La essecutione di quest’ultimo progetto è stata rimessa, come ho udito dire, dopo alla prossima estate, perche allora il fresco che viene dalle Fontane, e dagli spruzzi di acqua sarà più grato alle persone di qualità. Tra tanto per divertire l’Uditorio in maniera più conveniente nell’Inverno, l’opera di Rinaldo è piena di tuoni, di lampi, di illuminazioni, e di fuochi artificiali, che li spettatori ponno riguardare senza timore di raffreddarsi; ed anche senza molto pericolo d’essere abbruggiati mentre vi sono molte trombe piene d’aqua pronte di giocare, ad ogni momento, in caso accadesse qualche male di questa natura. Siasi com’esser si voglia, mi immagino, che il proprietario della Casa, mio Amico avrà la prevenzione di assicurarla prima che si faccia quest’opera. Per altro, non è da stupirsi, che queste decorazioni compariscano tanto stravaganti, poiche due Poeti di vario Paese le hanno inventate; ed un mago le fa venire in scena. L’Argomento ci dice, che Armida è un’Incantatrice venuta dal Paese delle Amazoni, e la lista de’Personaggi rapresentati, ci fà sapere, che il Povero Signor Cassani~i è un mago Christiano. Confesso, che non è piccolo imbarazzo, per me il sentire, che un Amazone si è resa si abile nell’Arte magica, e che un buon Christiano mantenga corrispondenza col Diavolo. Dopo avere parlato de’stregoni, debbo dire qualche cosa de’Poeti, e per formarne qualche idea dell’Italiano, non avete che a gettare gli occhj sù queste prime righe della sua prefazione “Eccoti benigno Lettore un parto di poche sere, che se ben nato di notte, non è però abborto di tenebre, ma si farà conoscere figlio d’Apollo~i, con qualche raggio di Parnasso. Tratta indi Mymeheer Hendel~i Da Orfeo del nostro secolo, e ci dice, colla medesima sublimità di stile, e che compose egli stesso quest’opera in quindici giorni. Questi, sono gl’ingegni, al gusto de quali cerchiamo di conformarci. Si può dire, che i migliori frà i moderni scrittori Italiani si spiegano con termini fioriti, ed impiegano circollocuzioni sì nojose, che i soli Pedanti d’altre nazioni polite gl’immitano. Ma quì stà il tutto; riempiono le loro opere di pensieri si grotteschi, e di ciò, che chiamano concetti che se ne vergognerebbero i giovani studenti fuor d’Italia dopo essere stati uno, o due anni in qualche Colleggio. Alcuni, forse s’immagineranno, che la differenza trà le composizioni dell’una, e dell’altra nazione provenga dalla diversità del loro Genio; ma per rimanere convinto, che questi è un mal fondato supposto, basta esaminare le opere degli Antichi, a grazia, d’essempio di Cicerone~i, e di Virgilio~i, e si ritroverà, che gli auttori d’altri Paesi, nella maniera di pensare, e di Spiegarsi, si avvicinano più degli Italiani moderni, a que’grandi originali. Benche gl’Italiani la pretendono sopra di tutti. Questo però non e metodo di tutti gli Italiani, ma di alcuni moderni. Ma per ritornare alle Passere, se ne sono lasciate volare in tanto numero dentro quest’opera, che vi è da temere, il Teatro non nè rimarrà mai libero che dovendovisi recitare qualche altra opera non vengano molto fuori di proposito in scena; e che non vadano ad imbratare la sedia d’una Dama, o ad appoggiarsi sul Trono d’un monarca, senza parlare dell’affronto, che ne puo ricevere il capo degli uditori. Ho pure inteso a’dire da buona parte, che vi era dissegno, una volta, di rappresentare in opera l’avventura di quello si dice avere mandato un gatto nell’Indie con tanto profitto, e che per tale dissegno si era raccolta grande quantità di sorci; ma che il Proprietario del Teatro non volle che si facesse sul timore, che il Gatto non potesse uccidere tutti li sorci; e che i Principi del Teatro non rimanessero esposti a i loro insulti, come era il Principe di quel Paese prima che vi arrivasse il Gatto. Per me non saprei biasimare al proposito la sua condotta, ed approvo anche molto la risposta, che se gli attribuisce, in questa occasione. Io non credo, diss’egli, che i direttori della nostra Opera pretendano d’essere tanto valenti quanto il celebre suonatore di Flauto bianco, e nero, che obbligò tutti li sorci d’una grande Città, in Alemagna, di seguirlo, al suono del tuo stromento, ed in questa maniera liberò gli abitanti dalla molestia di que’piccoli animali. Prima di finire questo discorso, avvertirò il Pubblico, che vi è un trattato sul Tapeto, con due famosi Giardinieri: questi debbono essere appunto i Giardinieri della Comedia, per formare all’opere di Rinaldo, e di Armida, una Boscaglia di melangoli. Che la prima volta, si reciterà, vi sarà il Canto degli uccelli; che gli Appaltatori, non isparagneranno, ne’diligenza, ne’spesa, per soddisfare la curiosità di tutto il mondo.