Il Filosofo alla Moda: Lezione XLIX

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Lezione XLIX

Agli Uomini mercenarj nell’eleggere le mogli.

Citation/Motto

Scribere jussit amor.

Ovid.~i Herod. Ep.~i IV. 10.

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Metatextuality

Le due seguenti Lettere mi paiono scritte, con tanta franchezza, e con si buon senno, che non posso a meno di quì inserirle.

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Letter/Letter to the editor

Metatextuality

Sig. Filosofo
Se bene in tutti li vostri scritti comparite il Protettore, e l’Amico del nostro sesso, non mi sovviene, che direttamente abbiate fatta rifflessione sopra la mercenaria pratica degli uomini nella elezione delle loro mogli. Se vi piacesse meditarvi sopra un poco ritrovereste subito, che la condizione di molte frà noi e assai infelice; mentre, così portando il costume, e la modestia non solamente ci viene proibito il fare verun passo verso l’ogetto de’nostri desiderj; ma ne meno possiamo sperare di vederci ricercate da quelli, che amiamo, se la nostra non è proporzionata alla loro Fortuna. Con tutti questi disavantaggi, mio Signore riccorro a voi sulla speranza, che pubblicherete, con sollecitudine la infrascritta Lettera, in cui, spiego la mia passione a quello, che da qualche tempo, ha fatti certi passi equivoci per ottenermi. Io non dubito, ch’egli non mi ami con ardore; ma la inegualità della mia fortuna lo distoglie dal pensare al matrimonio sul timore, che il mondo non vi ritrovasse da dire. Persuasa, ch’egli non manchi di discernimento, sopra l’avermi sorpresa l’altro giorno a rimirarlo con certa tenerezza, penso ch’egli s’immagini perciò di potermi avere, come si esprimono gli uomini, a miglior mercato. Vi confesso, che tengo ingrossato il cuore; e se sapeste fin dove arrivi la delicatezza dell’Amore, e dell’onore, mi perdonereste, se io mi affretto senza verun altra cerimonia,

Metatextuality

di venire alla Lettera, che gli ho destinata. Lo nomino Oroondate, perche, se il successo non corrisponde al mio intento, avrà l’aria d’un Romanzo: ma se avrò il contento di riescirne, vi prometto alle mie nozze un paio de Guanti, che vi saranno presentati a nome di statira.

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Metatextuality

Lettera à Oroondate

Sig. Filosofo.
Dopo avere sofferta una grande perplessità e rivoltati nella mia mente molti tumultuosi pensieri, per ricercare i mezzi di palesarvi li miei sentimenti, e chiedervi contezza de’vostri; finalmente risolvo prevalermi di questa strada, che puole discoprirmi a voi, o lasciarmi, se lo giudicate a proposito, sotto questa maschera occulta. Se la mia Lettera, nello spazio d’alcuni giorni, non ha il successo, che aspetto, tutto il negoziato rimarrà sepolto nè più se ne parlerà. Ma ahi! che fò io, quando mi arrischio dirvi, che vi amo? Pure, dopo averlo detto, sappiate, che ad onta di tutta la passione, che abbi mai infiammato un tenero cuore, avrò forza di essigliarvi per sempre da miei occhi, quando sia convinta, che non aspiriate, che al mio disonore. Ma ahi! Caro Sig. Come sagrifichereste voi il bene essenziale della vita alla opinione del mondo, che non ha altro fondamento se non l’errore, ed il Pregiudizio? Tutti gli Uomini ponno conoscere, che le sole sole ricchezze non sono capaci a renderli Felici; e ciò non ostante, rinunciano ad ogn’altro vantagio, quando non venga sostenuto dalle Ricchezze. Gia che il mondo è si depravato, già che la Religione ci viene lasciata, per servire di guida a noi povere Donniciuole; e già che voi, Signori Uomini, vi regolate d’ordinario coi principj dell’interesse, e del piacere, io non vi discorerò se non di ciò, che puol’esservi più vantagioso in qualità d’Uomo del mondo. Se poteste ottenermi tanto per vostra inamorata, quanto per vostra moglie, pretendo convincervi, che l’ultimo ritornarebbe più a conto; e che vi darebbe incomparabilmente maggiore la soddisfazione. Supponiamo, che la notte dissegnata per la nostra unione sia di già venuta; e che vi ritrovaste meco in qualche angolo della Città da voi eletto per godervi tutte le dolcezze, che la vostra folle immaginazione vi promette nel possesso di quella che si ritrova per anco nel fiore della sua gioventù, e che ha custodito fin quì il suo onore, voi sareste subito sazio della mia persona, malgrado tutte le mie deboli attrattive, e tutta la vivacità del mio spirito. Quando la immaginazione fosse soddisfatta, conoscereste il vuoto, ed il niente di quanto vi avea promesso, ed allora che sarebbe di quella povera Innocente, che avea tanti vezzi per voi? Dal momento, che rimaneste solo, trovereste, che il piacere del dissoluto non è che il di lui Distruttore; avvelena tutti i frutri, che gusta, e da per tutto, dove l’Animale ha imbrattato, non vi è più niente degno dell’Uomo. La Ragione ripiglià il suo luogo, subito che la immaginazione è satolla; ed io avrei la vergona e l’afflizione d’essere la causa delle vostre mortali agitazioni; di ricevere furtivamente le vostre visite; e di passare il rimanente de’miei giorni, nella colpa, e nella solitudine, le due compagne meno proprie nel mondo per abitare insieme. Io non insisterò sulla oscurità vergognosa, in cui saremmo obligati a vivere, senza frequentare le vie pubbliche, e le persone oneste, come appunto persone la di cui condotta è disonorata. Ma lascierò a voi la cura di rifletervi sopra a voi, mio Signore, che forse avete qualche sperienza di tale vita, che io non conosco se non in idea. Dall’altra parte, se aveste tanta bontà, e generosità d’inalzarmi al rango di vostra moglie, potreste aspettare da me tutta l’ubbidienza, e tutta la tenerezza, che la gratitudine puol’ispirare ad una virtuosa moglie. Ogni dolcezza, che si gusta con una persona gradita; ogni compiacenza, che si aspetta da un buon naturale; ogni consolazione che si raccoglie da un’amicizia sincera, potete far conto di riceverle, come cose dovute alla vostra generosità. In caso, che il cattivo disegno, che oggi avete sopra di me, vi potesse riescire, non avveste dopo, che del ribrezzo, ed un vero disgusto; ma i trasporti d’un Amore virtuoso fanno la minima parte del bene che l’accompagna. Gli estasi carnali d’una passione innocente, non sono, che lampi comparati alla luce del sole; e ne interrompono il godimento più tosto che avvanzarlo. Debbo dunque in termini diretti dirvi, che mi sposiate? Conosco, che frà me, ed un tal bene vi è quella Giovine superba, che puol avere una Dote proporzionata alle vostre ricchezze. Ma se voi bilanciate la condotta d’una moglie posta a livello con voi per quello riguardano i beni di Fortuna, con quella d’un’altra, che si crederebbe onorata, ed avrebbe la obbligazione d’essere ammessa alla vostra compagnia; quale delle due vorreste voi eleggere? Avrete forse desiderio di godervi fuori qualche volta i vostri amici, allora ella crederà, che si tenga poco conto di lei in Casa, quando voi non vi siete; e cercherà l’occasione di farvi una spesa, che corrisponda alla figura, che voi sostenete nel mondo. Avrebbe ella senza dubbio riflesso al bene, che vi avesse portato, ed io a quello di cui m’avreste arrichita. Il vostro commercio con lei avrà sempre l’aria d’un mercato, e con me d’un vincolo d’Amicizia. La gioia entrerà sempre nella mia Camera con voi, e quando ne partirete, i miei più teneri voti vi accompagneranno da per tutto. Dimandate a voi stesso, se non vorreste gustare in tutta la vostra vita, il piacere d’avere beneficata una Persona grata, che mai si scorderebbe del vostro Beneficio: tale sarebbe il vostro caso con me. Nell’altro matrimonio vi sarà sempre una continua opposizione di beneficj, e voi non gusterete mai il piacere di conferirne, o di riceverne alcuno. Forse, alla fine del conto, vorrete più tosto regolarvi colla prudenza umana. Io non so che dire, ne quale partito pigliare, quando un si doloroso pensiero mi viene in mente; ma se è in vostro potere il rendermi vostra moglie riconoscente; siate persuaso, che io non mi abbandonerò mai a diventare vostra indegna inamorata.