Il Filosofo alla Moda: Lezione XLI
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Livello 1
Lezione XLI
Alle Mogli tormentate da’Mariti gelosi.
Citazione/Motto
Credula res amor est.
Ovid.~i Herrid.~i ep. VI. 21.
Livello 2
Metatestualità
Dopo avere esaminata la natura della gelosia, e notate le persone, che vi sono più soggette; fa di mestieri che mi rivolga quì alle mie belle corrispondenti, che cercano di ben vivere, con un Marito geloso, e di liberar la di lui mente da sospetti ingiusti.
Livello 3
Oratio~i in una delle sue Ode a Lidia~i dove riconosce questa passione, per lo stesso verso la descrive mirabilmente ne’seguenti termini.
Cioè “mia cara Lidia~i, quando voi lodate il collo vermiglio, e le vigorose bracia di Telefo~i, mi si riscalda la bile, sono fuori di me; impallidisco di rabbia, e le lagrime che senza avvedermene mi cadono dagli occhj tradiscono il fuoco, che mi consuma.”
Citazione/Motto
Cum tu Lidia Telephi
Cervicem roseam, & cerca Telephi
Laudas brachia, væ, meum
Fervens difficili bile tumet jecur:
Tunc nec mens mihi, nec color
Certa sed manet; humor, & in genas
Furtim labitur, arguens
Quam lentis penitus macerer ignibus.
Livello 3
Citazione/Motto
Juvenale~i: Ardeat ipsa licet, tormenta gaudet amantis.
Metatestualità
Che che ne sia, riferirò quì la storia di Erode~i, e di Marianna~i, tale quale la ritrovo in Giuseppe Ebreo, che si somministra un esempio di tutto ciò si può dire al proposito.
Livello 3
Esempio
Marianna~i avea tutti i vezzi che la bellezza, la nascita, lo spirito, e la gioventù, ponno contribuirsi ad una Donna, ed Erode~i tutta la passione, che que’vezzi erano capaci d’inspirare ad un naturale servente ed amoroso. Fra tutti gli eccessi della sua tenerezza, fè morire il fratello, indi il padre di Marianna~i. Furono portate le querele di questa barbarie a Marcantonio~i. Questo citò Erode~i, ed Erode dovette passare in Egitto a scolparsi, ed attribuendo la sua citazione al desiderio, che Marc’ Antonio~i avea di possedere Marianna~i, prima di partire, la consegnò al suo Avo Giuseppe~i, con ordine segreto di ucciderla, quando egli perisse nel viaggio. Giuseppe~i nella conversazione di quella Principessa, ebbe addito d’impiegare tutta la sua Retorica nel persuaderla, che Erode~i teneramente l’amava, e mostrando ella della insensibilità, ebbe l’imprudenza di palesarle l’ordine che avea, come una prova convincente della sua passione, mentre il Re non potea nè vivere, nè morire senza di lei. Questo crudele argomento d’una furiosa passione, bandì per qualche tempo dal suo cuore le deboli reliquie di riconoscenza, che conservava verso lo Sposo. Unicamente occupata dalla crudeltà di quell’ordine, ed incapace di rifflettere alla causa che l’avea prodotto, rimirava l’Autore sotto l’orribile idea di carnefice; senz’attenzione veruna a quella di Amante. Erode~i appena assoluto, e congedato da Marcantonio~i, ritornò animato da nuove fiamme per la sua cara Marianna~i; ma intese (sic.) la grande famigliarità che nel tempo della sua assenza era passata fra lei ed il Zio, rimase sorpreso di smanie crudeli; di maniera che furono necessarie le giustificazioni, colle quali ella durò gran fatica nel calmare i di lui sospetti. Finalmente le riuscì, e parve sì convinto della sua innocenza, che passò dalle querele, e da’rimproveri alle lagrime, ed agli abbracciamenti. Piansero amendue in questa occasione con una tenerezza estrema; ma mentre Erode nel mezzo de’singulti e de’sospiri fea con essa, le più vive proteste d’un amore e d’una costanza a tutte prove, le uscì di bocca la inchiesta: Se l’ordine segreto dato a Giuseppe~i n’era un buon segno? Il Re all’udire questo innaspettato rimprovero, s’infiammò di gelosia; e ne concluse che Giuseppe~i avesse portata la sua famigliarità con Marianna~i fino all’eccesso; altramente non le avrebbe mai palesato un segreto di tale natura. In somma fè morire Giuseppe~i, e con uno straordinario sforzo a se stesso, lasciò viva la Sposa.
Qualche tempo dopo, obbligato a ritornare in Egitto, la raccomandò a Sohemo~i collo stesso ordine segreto che avea dato a Giuseppe~i. A d’onta di tutte le sue precauzioni Marianna~i co’regali, e colle sue obbliganti maniere guadagnò, sì bene l’animo di Sohemo~i, che ne ricavò il segreto. Quando Erode~i ritornato dall’Egitto~i, volle con trasporti di tenerezza abbracciarla, ella non vi corrispose, che con singulti, e pianti, accompagnati da tutti li segni d’indifferenza, e di odio. Irritato da una sì fredda accoglienza, non avrebbe lasciato d’immolarla al suo risentimento, se non avesse temuto di rimaner egli stesso la vittima principale.
Poco dopo ebbe un sì violente ritorno di tenerezza per lei, che fattala venire alla sua presenza, cercò di ammolirla con tutti li mezzi, e con tutte le carezze che gli venivano ispirate in quella occasione dall’amor conjugale; ma ella non corrispose che con invettive, e con rimproveri, per la morte del Padre, e del Fratello. Erode~i rimase si alterato da questa condotta, che appena potè rattenersi. Si riscaldava sempre più la contesa, quando un Testimonio subornato da nemici di Marianna~i, entrò d’improviso nella stanza, l’accusò che avesse formato il dissegno d’avvelenare il Re. Pronto allora ad ascoltare ogni cosa contro di lei, Erode~i fe mettere alla tortura uno de’principali domestici della sua Sposa. Questi pressato dalla violenza de’tormenti, confessò che l’avversione della sua Padrona per lo Re, venia da qualche cosa, che le avea detto Sohemo~i. Ma per quello riguardava l’attentar contro la vita del Re, protestò che nulla sapea. Questa confessione non lasciò d’essere fatale a Sohemo~i, che si vide esposto agli stessi sospetti, ed incontrò la stessa sorte di Giuseppe~i. Non si contentò di questa sola vittima la vendetta di Erode~i. Accusò Marianna~i d’avere tramato contro la sua vita, e coll’autorità che avea sopra. Giudici, la fè condennare a pubblica morte. Subito dopo la morte di questa Principessa, cadde in una profonda malinconia, ed abbandonò l’amministrazione degli affari per ritirarsi in una solitudine, dove si diè in preda a tutto ciò che hanno di più crudele, un violente amore, la compassione, i rimorsi, e la disperazione ne’sogni, e ne’turbini che l’aggittavano, chiamava sovvente la sua cara Marianna~i nè avrebbe tardato, secondo tutte le apparenze, di seguirla, se le pubbliche calamità che lo minacciavano da vicino, non l’avessero frastornato da sì doloroso ogetto.