Il Filosofo alla Moda: Lezione XV

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Lezione XV

Alle Donne, che s’imbelletano.

Citação/Lema

Tu non inventa reperta
Lutus eras levior

Ovid.~i Met.~i I. 654.

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Metatextualidade

La Compassione verso la onesta Persona, che mi scrive la seguente letttera (sic.), non m’impegnarebbe à biasimare le Donne se nolle conoscessi sovente più belle di quello dovrebbono essere. E cosa certa che non si debbono soffrire tali imposture nella Soccietà civile; e credo si debba rendere publico il loro male; acciò serva d’aviso agli altri, ond’esaminino da vicino, ciò che tanto ammirano.

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Carta/Carta ao editor

Metatextualidade

Sig. Filosofo. “Appoggiato alla estensione del vostro sapere, mi rivolgo a voi per lo scioglimento d’un Caso assai singolare.
Tengo gran desiderio di liberarmi da mia moglie; e penso, che appena ne avrete inteso il motivo, vi parerà legitimo per venire alla separazione. Io sono un semplice Cittadino, che non ho avuto quasi altro mezzo per coltivare il mio spirito, che la lettura delle Comedie. In quella che ha per titolo: La Donna che non e punto Ciarlera. L’auttore pretende che una causa della separazione, sia quella, che si chiama: Error Persone. Quando, cioè un Uomo si marita con una Donna; e doppo ritrova non essere quella, che avea disegno di sposare. Se si ammette questa legge, ho vinta la lite. Perche, sappiate, che vi sono delle Giovani, le quali non permettono a loro amanti il vederle da vicino, fino che non sono diventati loro mariti. In somma, per non tenervi più a bada voglio parlarvi delle Giovani, che s’imbellettano:

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Exemplo

ve ne sono alcune si destre in questo che basta loro aver ricevuto dalla natura passabili gli occhj, per farsi colla loro, industria, un bel seno; vermiglie le labra; le guance colorite di latte e di rose, e le sovraciglia tirate a pennello. Per quello riguarda la mia sposa, mai vi e stato Uomo si innamorato, com’ero io della sua bella fronte, del suo collo di alabastro, delle sue braccia fatte al torno, come pure del nero luminoso de’suoi Capelli; ma sono rimasto molto sorpreso nel ritrovare che il tutto era effetto dell’arte. La sua pelle è si siappa, e rugosa per l’uso del bianco, e del resso, che la mattina quando si risveglia, appena si crederebbe abbastanza giovine per essere madre d’un figlio. Per questo risolvo di separarmene, alla prima occasione, quando suo Padre nolle faccia una Dote proporzionata alla realtà del suo corpo, e non a ciò, che vi è di artificioso, e per questo, penso di avvisarlo per mezzo vostro;
e sono.”
Io non so quello desideranno le nostre Leggi, o li Parenti della Donna, nel proposto caso dell’Igannato Galantuomo; bisogna confessare, che sono giustissime le sue querele. E molto tempo, che io mi sono accorto di questo male, e che

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Retrato alheio

ho distinte le Donne, che conservano il loro volto naturale, da quelle, che lo pigliano imprestito dall’arte, coi nomi di Miniate e di Schiette. Non vi è bisogno di grande sottigliezza per indovinare, a quali convengano questi titoli. Le Schiette hanno l’aria viva, ed animata. Le Miniate l’hanno fosca, e senza vivacità, per quanto sieno, in altro, belle. I Muscoli d’un volto naturale si gonfiano, qualche volta, all’avvicinarsi d’una passione, o di qualche subitanea sorpresa, e si cuopre d’un grato vermiglio: Le Miniate riguardano il tutto collo stesso ochio, ogni ogetto, o di gioja, o di afflizione; e comparisce la stessa insensibilità in tutte le loro maniere. Benche studino molto di guadagnarsi degli Amanti, sono obbligate di farli trattenere in qualche distanza: un sospiro di fervoroso Amante, potrebbe disordinare qualche loro delineamento: un baccio rubbato da qualche ardito; potrebbe trasportare la tintura della Innamorata sul viso dell’ammiratore è difficile il parlare di codeste Belezze artificiose, senza dirne delle cose poco obliganti.
Ma io le prego d’essere persuase, che si come, elleno non ponno soffrire una Camera nuovamente dipinta, così l’avvicinamento d’una Dama, che s’imbelletta, causa infinitamente più di ribrezzo.

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Exemplo

Racconterò con questa occasione, l’avventura d’un mio Amico, con una di codeste Miniate. La Dama avea dello spirito, ne le mancava bellezza quando ne volea: il suo unico studio si restingea à guadagnare de’cuori, ma non gli avea appena guadagnati, e ben colti ne’lacci, che si beffava di loro, e gli abbandonava, senza un minimo scrupolo. Pare che la di lei malizia, e la di lei vanità dovessero mettere il mio Amico al coperto delle sue lusinge artificiose; ma ben lontano, che la di lei perfidia, e la di lei incostanza sminuisse la forza della sua bellezza, sea ogni giorno de’progressi nel suo cuore, ne mai la vedea, che non vi ritrovasse nuove grazie. Quando ella s’accorse, che era divenuto suo schiavo, e che non potea più disimpegnarsi, si pose a trattarlo d’alto, e di basso; e doppo avergli fatte provare mille durezze, gli die assoluto congedo. Furono vani i suoi lamenti, a nulla servirono le lettere più sommesse; mai potè ottenere la ritrattazione della crudele sentenza. Ridotto finalmente alla disperazione, fè ricorso alla Cameriera, che guadagnò colla virtù segreta d’una buona somma di danaro. Questa l’introdusse una mattina per tempo nella Camera della sua Innamorata; lo nascose dietro le Tapezzarie, dove, senza essere veduto potea vedere il tutto. La Miniata, levata dal letto, incommincia a formare il volto, che avea rissoluto di far comparire in quel giorno. Il mio Amico l’osservava da vicino, e mi ha protestato, che ella avea gia lavorato una grossa mezza ora, pria che la potesse riconoscere. Che che (sic.) ne sia; appena vide i primi lineamenti di quel bel colore, per cui avea tanto sospirato, uscì dal suo nascondiglio, e le recitò alcuni versi d’un Poeta, che esprimeano il di lei malizioso inganno. La Miniata si ritrovò in una estrema confusione, coll’aria ridente dalla parte, ch’era terminata del suo volto, e fosca dall’altra, che non avea per anco toccata. Il mio Amico s’impossessò subito di tutte le sue Droghe, e Pomade; le tolse un pieno facciolo di piccole settolette, e di fiocchi di lana di Segovia. La Dama, vergognandosi di più comparire in Città, si ritirò subito in Campagna, l’Amante rimase affatto libero della sua passione.
E cosa certa, che non si dee mantener parole alle pubbliche ingannatrici, ne avere con loro corrispondenza; e che un giuramento fatto ad una Miniata è da sè nullo. Esorto per tanto le vere Schiette starne lotane. Eccettuo la sola Lindamira, che non si potrebbe con tanta facilità scuoprire, perche il suo colore naturale è si bello, che le si dee permettere l’incontrarlo col belletto, in castigo dovuto al suo cattivo gusto che le fà preferire un artificio indegno ad un capo d’opra della natura. Per me, che non aspetto verun favore dalle Dame, e che le riguardo precisamente come una semplice parte della nostra speccie, temo più di offendere una Donna di buon senno, che una Donna bella. Così impiegherò tutti li miei sforzi per guarirle da questa disonorata malattia. Vado ideando di esporre quantità di volti, che già da molti anni, sono stati in pubblico, senza esservi mai comparsi. Non sarà egli un grazioso divertimento il vedere all’opera, un numero ben grande di Dame, ritrovarvisi incognite in un subito col loro naturale volto? Concluderò; Se le Dame vogliono accrescere le loro attrattive, imitino l’amabile Statira, e sieguano tutti li suoi passi. I delineamenti del suo volto sono animati dalla gaiosità del suo spirito, ed il suo buon umore somministra la vivacità à suoi occhj: ella è graziosa senz’affettazione, e indifferente senza alterazione. Esente da ogni artificio nell’interno, non ne ha bisogno nell’esterno.