Cupias non placuisse nimis.
L. VI.
Il desiderio di attraersi degli elogj, è un principio, che la natura ha seminato nel cuore di tutti gli Uomini, per animarli alla virtù. Ma è difficile il servirsene, anche nelle cose affatto indifferenti. Le Donne, attaccate al piacere di vedersi l’oggetto dell’amore, e dell’ammirazione, cambiano ad’ogni ora contegno, ed alterano gli atteggiamenti del corpo, per insinuare un nuovo sentimento della loro bellezza in quelli, che le rimirano. Gli Uomini, che fanno professione di aggiustatezza, e che hanno la stessa debolezza
Se questa affettazione, che nasce da un sentimento interno mal regolato, non si ritrovasse, che nelle persone d’uno spirito mediocre, e d’una origine bassa, non sarebbe gran meraviglia; ma chi non avrà della nausea, per non dire del dispetto, nel vederla regnare nelle Persone di primo rango, e di un merto assai di sopra al commune? Ella l’insinua così nel cuore del saggio, come nel capo dello Sciocco. Quando si vede un Uomo di riguardo, avido degli applausi cercarli, e mendicarli, anche da queli, de’quali in ogn’altra cosa, disapprova i sentimenti, non vi è motivo di stupirsi, è di esclamare: Chi può guardarsi da tale debolezza, e sapere se n’è colpevole, o nò?
Il più sicuro mezzo di liberarsene sarebbe, se non m’inganno, rinonciare a tutti gli elogj, che si danno alle nostre cose esterne, o che non dipendono da noi, quali sono gli Abiti, i talenti e la struttura del corpo, che ci rendono naturalmente grati, quando non ne ricaviamo della vanità, e perdono tut-
Allorche il nostro sentimento interno rimira il fine principale della vita, e la nostra mente li applica à ciò, che vi è di più sodo al mondo, non è da temersi l’affettazione, sarà quasi impossibile il cadervi: ma se lasciamo la briglia al desiderio degl’elogi, il nostro piacere si restringe à bagatelle, e ci priva delle lodi, che meritano le grandi virtù, e le qualità più distinte. Quanti eccelenti discorsi, quante belle azioni, non rimangono soppresse, perche mancano dove bisogna, di indifferenza? Gli Uomini non studiano, che la maniera di parlare e di oprare, in vece d’avere la loro mente applicata à ciò che debbono dire, o fare; di sorte che seppelliscono il talento, che avrebbono per cose grandi, sotto il timore di errare nelle indifferenti. Puol essere che in questo non si possano condannare d’affettazione; ma ve n’è almeno qualche tintura: la loro timidezza, in un punto di nissuna conseguenza mostra, che sarebbono troppo sensibili al piacere di addempirlo con tutto rigore.
Non vi è in simile caso che una intera rinonzia a se stesso, che possa metter un Uomo in istato d’oprare e parlare in lodevole forma; s’egli non ha in mira, che un solo fine, non compute-
Da qualsivoglia parte si rivolgano gli occhj, si osservano crudeli segni di affettazione, che rovinano anche le parti, nelle quali dovrebbe sempre regnare la politezza. L’affettazione porta l’Uomo non solamente a dire delle cose fuori di proposito nè famigliari discorsi, ma eziandio in quelli, che si meditano con tutta l’attenzione. Ella assedia i Tribunali de’Giudici, il debito de’quali è di recidere tutto ciò che vi è di superfluo ne’placiti degli Avvocati, come pure diverse picciole ingiustizie, che nascono dalle leggi, pigliate con troppo rigore.
Con tutto ciò si potrebbe soffrire nel Foro, ma sovente monta sulla Catedra della verità. Il Declamatore vi fà dà spiritoso di torto, e di traverso. Parla dell’ultimo giorno, con termini si fioriti, e si grati, che non vi è persona avezza allo scherno che non formi il disegno di non più peccare. L’udite, in oltre, qualche volta, impiegare nel-Damerino colla umiltà d’un Apostolo.
Sig. Filosofo
Passammo l’altro giorno qualche tempo discorrendo insieme; e mi piglio la libertà di dirvi da Amico, che siete d’un affettazione insoportabile per tutti i riguardi. Quando ve ne diedi qualche moto m’interpelaste, se si dovea essere indifferenti sopra ciò, che i nostri amici pensano di noi? io vi risposi, che nò; ma non intesi già che si debba ad, ogn’ora, ad ogni momento parlare delle nostre buone qualità? Chi cerca le lodi, non dee sperar di riceverle, che in certi periodi della sua vita, o anche alla sola morte. Se non amate più gli elogj del merito, abbiate del ribrezzo per tutto ciò ch’è commune, ne mai tollerate, che alcuno abbi l’ardire di lodarvi, in vostra presenza. Vincerete così la vostra vanità, che non avrà più nodrimento ed otterete, ben presto,
D. V. S.