Il Filosofo alla Moda: Lezione Prima

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Lezione Prima

A suoi Discepoli, e Discepole.

Zitat/Motto

Cinturiæ seniorum agitant expertia frugis:
Celsi pretereunt austera Poemata Rhamnes.
Omne tulit punctum, qui miscuit utile dulci,
Lectorem delectando, pariterque monendo.

Hor.~i A. P.~i V. 341.

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Metatextualität

Vado colla fantasia ideando le qualità de miei futuri, e forse possibili Leggitori, e li distinguo in due Classi; una che contiene i Mercuriali; l’altra i Saturnini. I primi, m’immagino sieno per formare la parte gioviale de’miei Discepoli, che brameranno speculazioni piacevoli, ed ingegnose. Gli altri di tenore più serio, e grave, non ritroveranno diletto, che ne’Discorsi Morali fondati sopra il buon senno. Quelli tratteranno da stupido tutto ciò, che è sodo, questi tacceranno da ridicolo tutto ciò, che ha del comico. Se io manterrò sempre l’aria grave di Filosofo, sarò abbandonato dalla metà de’miei Leggitori; e se vorrò sempre scherzare, anderò a rischio di perderne l’altra metà; per questo cercherò di aquistarli tutti, e conservarli. Tale metodo può essere di loro maggiore vantaggio, che se scrivessi sempre giusta il particolare genio dell’una, o dell’altra parte. Può accadere facilmente, che un Leggitore di umore allegro, pigliando alla mano le mie Lezioni per divertirsi, rimanga, quando meno vi pensa, impegnato in qualche raggionamento serio, utile, e pieno di riflessioni, che facciano per lui; o che una Persona grave, la quale si lusinghi di ritrovare qualche cosa di sodo, e di speculazione profonda, venga insensibilmente portata ad un per lei necessario divertimento. Ciascheduno, in somma, non ostanti le sentenze, ed i soggetti posti al capo de’Fogli, siederà alla mia Tavola, senza sapere di certo, quale cibo gli possa toccare. E per lo meno avrà il piacere, di sperare vi sia qualche cosa di suo gusto. Non già, che io non amassi di applicarmi più ad istruire, che a divertire; ma se vogliamo essere utili al mondo, bisogna pigliarlo tale quale egli è. Gli auttori, in concetto di severi, distolgono la maggior parte de’Libertini dal gettare gli occhi tra’loro scritti. Un Uomo dee avere qualche principio di virtù prima che s’impegni a leggere un Seneca~k, o un Epitetto. Il solo titolo d’un Libro morale ha qualche cosa di ripugnante presso le Persone svogliate, ed incapaci di applicazione: e perciò molti di quelli, che non presterebbono attenzione veruna a certe lezioni pronunciate colla serietà d’un Predicatore, o colla gravità d’un Filosofo, spero daranno nelle mie Reti. Se v’inciamperanno da se, ed acquisteranno, senza pensarvi, delle massime di saviezza, e di virtù, si che, cosi arrivino ad un certo grado di cognizione, che li disponga ad ascoltare i discorsi più assennati, non crederò inutili le mie speculazioni. Se ciò hò detto non giustificherà in tutto la varietà della mia condotta, potrà servire almeno ad iscusarla. Quando mi applicherò a divertire i miei Leggitori non ometterò pure di ammaestrarli; e se la sgarro nel mio dissegno, si che i miei scherzi non riescano istruttivi, non lascieranno mai d’essere innocenti. Una scrupolosa condotta nel proposito ha forse più merito di quello regolarmente s’immagina. Se si sapesse quanti pensieri pieni di vivacità, e di fuoco si presentano alla mente, quando si scherza, e che l’auttore modesto sopprime. Se si sapesse quanti tratti satirici si offrono da se, che non lascierebbono di piacere al mondo; e pur’egli dalla loro nascita gli affoga, a cagione di qualche rapporto, anche lontano, colle idee corrotte di certe persone. Se si sapesse quante insinuazioni maligne ha rigettate per timore d’intaccare la riputazione de’prossimi. Se si sapesse, dico, tutto ciò, si avrebbe migliore opinione de’Scrittori, che cercano divertire senza offendere, e di rendersi graditi, senza essere viziosi. E cosa facile avere ingegno, quando si lascia la briglia a certe libertà: il comparire spiritoso senza il loro soccorso, ricerca invenzione, e sottigliezza. Non sarà quì fuori di proposito la notizia, come doppo, che si è pubblicato un manifesto, in cui si apre l’addito di scrivermi, ho ricevute già molte Lettere, il sentimento delle quali risserirò in compendio, colle rifflessioni dovute; onde chi legge resti vie più informato della mia intenzione. In una di codeste Lettere vengo pregato di non perdonare, nelle mie Lezioni, alla moda delle piccole manizze. Un altra desidera, che censuri i Capelli rivoltati a tré acque. Un altra vuole, che miscateni contro i riccami delle calcette. In somma non vi è ornamento dell’uno, o dell’altro sesso, che non abbia provate le invettive di qualche zelante, e che non sia raccomandato alle punture della mia penna. Mi conosco per tanto in obbligo di avvertire il Pubblico, che il mio dissegno non è di abbassarmi sino alle cime larghe delle scarpe, ed alle Fibie di stravagante figura, ma di esaminare le passioni degli Uomini, e correggere quelle false idee, che danno origine a codesti deboli eccessi ne’loro abiti, e ne’loro ornamenti. Benche gli abbigliamenti leggeri, e straordinarj sieno indizj del vizio, che regna nella mente, e nel cuore, non sono però in sè gran cosa colpevoli. Cacciate dalla fantasia la vanità, togliete, per naturale sequela, tutte quelle picciole superfluita degli Abiti, e degli Equipaggj. Cadranno da se i fiori dall’Albero, se distruggete la radice, che li nodrisce. Non applicherò dunque i miei rimedj, che alle prime sementi, ed à principj dell’affettazione negli Abiti, senza discendere sino al dettaglio degli abbigliamenti. Avrei però buon desiderio di stabilire sotto la mia direzione, un Ministro, col titolo di Censore delle Bagatelle, e di assegnargli un giorno la settimana, per le esecuzione del suo impiego. Un operajo di quest’ordine potrebbe aggire sotto di me, come il Chirurgo sotto il Medico; ed in tanto, ch’egli si esercitasse a risanare quelle piaghette, e quegl’umori, che vengono alla cute, io attenderei a raddolcire il sangue, ed a regolare la complessione. È cosa certa, che la nostra Gioventù, dell’uno, e dell’altro sesso, ha una grande smania per i Palossetti, per i Barettoni, per le conciature, per le Perucche alla Dolsina, e per diversi altri imbrogli di questa natura; si che avrebbe bisogno d’essere spesso purgata, acciò non soccomba al peso di tali ornamenti. Basta: metteremo in consulta l’assare e risolveremo. Tengo altre Lettere di azioni scandalose di qualche Persona, o di qualche Famiglia. Il Mondo è si maligno, che ho già ricevuti molti Libelli scritti da soggetti, che punto non s’intendono di ortografia; e molte Satire senza un minimo sale. Mi capitò, jeri l’altro, un Plico di codesta sorta di carte male dipinte: conservo per l’uso, che meritano, un fascio di Lettere scritte da Donne, tanto piene di spegazzi, quanto di calunnie: e perciò, appena veggo sotto uno scaraboccio il nome di Celia~i, di Filli~i, di Lidia~i, o qualche simile altro, subito concludo, che mi si annuncia la caduta d’una Vergine; la infedeltà d’una Moglie; o le tresche d’una Vedova. Se caminiamo di quello passo, voglio provedere tutti li Pistori di fiamma per riscaldare i Forni. Sappino i miei corrispondenti, che il mio dissegno non è di andare a caccia di mussolini, di pigliarmi cura delle civette, né dissotterrare avventure infami per esporle alla luce. Se attaccherò i viziosi, non li carricherò se non tutti in un Corpo; e per quanto possa ricevere cattivi fomenti, mai perseguiterò un solo colpevole. In poche parole posseggo qualche spirito da Rodomonte nel trascurare un solo nemico, e per investire un Armata intera. Non sarà nè Caio~i, ne Silena~i, ma la Dissolutezza, e la Insolenza, che cercherò di rendere infami. Considererò il vizio tale quale si ritrova in una specie, non come apparisce in un individuo.

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Exemplum

Caligola desiderava, che tutti i Cittadini di Roma non avessero, che una sola Testa, a fine di poterli tutti, in un colpo, uccidere:
Farò io, con un principio di umanità, ciò che quell’Imperadore crudele avrebbe fatto per eccesso di rabbia; i miei colpi cadranno sulle intere communità de’colpevoli. Sò che i tratti Satirici, le calunnie, le malignità riescono di grande efficacia per l’esito d’un opera. In faccia di tale incentivo sono lontano da simile tentazione. Veggo che il da me detto fin’ora mi può togliere buon numero de’corrispondenti. Nasca ciò che sà nascere, non voglio far altro, nel proposito, che avvertire i miei Leggitori. Se hanno qualche singolare Storia, senza i mezzi di communicarla al Publico. Se hanno qualche nuova idea, nè sappino come esporla. Se scuoprono qualche male Epidemico, che fugga dalle mie osservazioni; e se volessero palesare al mondo qualche occulta, e straordinaria virtù. Se, in somma, capitano loro alle mani delle cose proprie a servire di ricreazione modesta, ponno esibirle al mio Librajo; e prometto di produrle alla meglio sarà possibile, in vantaggio del Genere umano.