Citation: Pietro und Alessandro Verri (Ed.): "IX", in: Il Caffè, Vol.1\09 (1766), pp. NaN-124, edited in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): The "Spectators" in the international context. Digital Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.4311 [last accessed: ].


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IX

Level 2► Level 3► Letter/Letter to the editor► freddo, se il Termometro era a 10. gradi sopra il ghiaccio, e di maggior o minor caldo, se il Termometro stava a 12. gradi di dilatazione. Istessamente più di una volta riscaldata con stuffa; con la stessa quantità di legne la Camera, nella quale solitamente mi stò d’Inverno quasi tutto il giorno, a 10. gradi di dilatazione, ho sentito minor freddo; o maggior caldo in que’ giorni, che l’aria era umida, o più carica di particole acquose, che ne’ sereni, e secchi; benchè il Termometro, esposto all’aria esteriore, si negli uni, che negli altri si trovasse allo stesso punto. Da tutto ciò bisogna inferire, che i Termometri fin ora trovati soltanto misurano la quantità reale maggiore, o minore del calore dell’atmosfera, de’ fluidi, e di alcuni solidi; ma non sono stromenti atti ad indicarci il più, o il meno delle nostre sensazioni cagionate dal maggiore, o minor calore dell’aria, o atmosfera, che ci circonda.

In tutte le mie osservazioni ho anteposto il Termometro di Mercurio ad ogni altro come più eguale, e costante nelle di lui dilatazioni, e condensazioni; e la scala Reaumuriana come la più conosciuta.

Tutti gli Uomini sono per natura portati a giudicare con maggior facilità di quelle cose, che immediatamente appartengono ai fisici bisogni a proporzione delle loro sensazioni, e la difficoltà di questo giudizio tanto si fa maggiore, quanto più piccola diventa la relazione delle cose co’ bisogni medesimi, e conseguentemente meno sicuro. Una [111] più lunga serie di osservazioni, di esperienze sarà dunque necessaria per adeguare la mancanza di relazione delle cose cogl’immediati bisogni nostri, perchè minore si faccia la difficoltà in conoscerle. Pochi sono coloro, che hanno la pazienza, o si trovino in combinazioni di circostanze, onde seguitare una così lunga carriera: di pochi conseguentemente sarà il diritto di giudicare con qualche accertatezza di quelle cose, che meno agl’immediati bisogni dell’uomo appartengono. Ciaschedun individuo crede aver ragione di accertare de’ principj, e regole sul ben essere presente del proprio corpo, e futuro del proprio spirito, su i proprj interessi, e relativi al lucro, e relativi a tutto il resto degli uomini, e finalmente anche su gl’influssi che può risentire dall’aria, e da tutti gli altri corpi che lo circondano; ciascheduno in somma vuol essere Medico, Teologo, Legista, Morale, ed anche Astrologo. Eccoti, Amico, la sorgente più ampia del Caos orribile, e informe de’ popolari errori.

La scienza de’ Venti, come tutte le altre, ha corso questo destino. Sul mare istesso l’esperto Piloto, ammaestrato da tanti naufragj già quasi per tre secoli di tanti incauti, e mal addestrati Navigatori, ha più fin’ora studiato la direzione, e la forza de’ Venti, che li fenomeni da’ Venti istessi cagionati. Li nomi de’ 32. Venti della Greca Bussola, e gli epiteti de’ favolosi Poeti di nero Aquilone, di freddo Borea, di Zefiro ristoratore, di mal sano e caldo Austro ec. e quanto in tal genere di cose ci hanno lasciato gli Antichi: Tramontana, e Scirocco, Vento di bello; Vento di cattivo tempo, senza accertate regole alle osservazioni corrispondenti, vocaboli indifferentemente, e promiscuamente usitati da’ vostri Concittadini, [112] ed alcuni altri barbari nomi, che io non ho mai potuto ritenermi in memoria, e che più volte ho sentiti in bocca degl’infelici Coltivatori di queste fertili Campagne, e che ho per altro alcune volte trovato corrispondenti alle mie osservazioni medesime, sono tutte le cognizioni, che ho potuto dalla esperienza de’ naturali Abitanti di questo Paese ricavare intorno a’ Venti di questo tuo Clima.

I Venti sono la principale cagione de’ cambiamenti delle apparenti irregolarità e stravaganze delle Stagioni. A questo fine già da tre anni più particolarmente vi ho rivolto le mie osservazioni, colle quali, unitamente alle altre de’ cambiamenti di tempo, in ciaschedun tempo, e giorno dal 1755. al presente, ho potuto accettare le seguenti regole.

Quando soffia impetuoso e forte il Nord, l’aria è nettissima da’ vapori, serena quanto può essere, scoprendosi i monti molto da lontano; il Cielo è allora il più atto ad essere osservato col Telescopio. Spirando il Ponente, per lo più, e quasi sempre ho veduto o attualmente bel tempo, o apportar sereno. I Venti che vengono dal Levante, e dal Mezzo-giorno, o dagl’intermedj a questi due, e tra il Levante, e Tramontana, ho quasi sempre veduto che portano costantemente cattivo tempo, cioè o pioggia, o nebbie assai umide, o per lo meno Cielo rotto.

Circa prima gli Equinozi di Marzo, in alcuni anni domina la Tramontana serena; ma per lo più sono dominanti gl’intermedj tra quella, ed il Levante, qualche volta con pioggia, ed ordinariamente con secchi, e con nuvoli. Da circa prima il Solstizio di Giugno si fa costante il Ponente fino quasi a tutto Settembre sereno, massime [113] di notte, il quale non è interrotto, che da Venti irregolari di non lunga durata de’ Temporali. Circa dopo l’Equinozio di Settembre cominciano, e continuano i Venti di Levante piovosi, ed umidi. Finalmente da circa un mese prima fino al Solstizio d’Inverno si fa dominante il Nord, alcune volte con piogge, ma per lo più secco, impetuoso, sereno e freddo; continuando dopo fino a Marzo ad essere irregolari, ed ordinariamente di Levante.

Dopo l’Equinozio di Primavera, cominciano le pioggie impetuose, ma interrotte, ed abbondanti fino circa la metà di Maggio; e da qui fino al Solstizio d’Estate il Cielo si fa costantemente sereno, benchè incomincino li Temporali, che non sono ancora che brevi, e passeggeri. Dopo il Solstizio d’Estate li Temporali sono più frequenti; ed in Luglio, ed Agosto più impetuosi. Il Settembre è ordinariamente il mese più bello di tutto l’anno. Dopo l’Equinozio d’Autunno fino circa prima la metà di Novembre tornano le pioggie continue. Il resto, fino al Solstizio d’Inverno ventoso, e rotto. Dal Solstizio d’Inverno fino alla metà di Febbraio è la Stagione più cattiva di tutto l’anno, pioggie lenti o minute, o nevi. II Febbrajo fino al cominciar de’ Venti di Marzo è molte volte sereno, e meno rigido del Marzo istesso, che a cagione de’ Venti è alcune volte più freddo.

Al riferire de’ vecchi Abitanti di queste Campagne, avevasi altre volte negli Inverni molta quantità di neve, e ghiacci, ora più, ora meno; sono però già più anni che in Milano se ne hanno pochissimi, e degli uni, e delle altre. Le mie osservazioni fino dal 1757. mi mostrano, che le nevi sono d’allora in qua cadute in pochissima quantità, e i ghiacci pochi, e di brevissimo tempo; an-[114]zi in tutto l’Inverno del 1758. non n’è caduta niente, non vedendosi ghiacci, essendo stata l’aria alquanto, e quasi continuamente, serena, e temperata.

Parimenti, secondo la tradizione de’ vecchj, le nebbie in Milano, ed in tutto il Territorio all’intorno di questa Città, non incominciavansi a vedere che in Dicembre, ed erano in tutto l’Inverno non così frequenti come negli anni presenti, onde riuscivano gl’Inverni più secchi, e meno agghiacciati; anzi osservavasi con maraviglia se in Primavera se ne fosse alzata alcuna. Egualmente mi è stato asserito da alcuni vecchi Abitatori di que’ contorni, che rarissime volte vedevasi qualche nebbia, e anche questa molto rara, e di poca durata sulle Colline al piede del Monte, chiamato di Brianza. I miei Giornali mi fanno vedere fino dal 1756. che le nebbie a terra si vedono anche al principio di Ottobre; che in tutto l’Inverno vi siamo seppelliti, trovandosi quasi tutti gl’Inverni da me osservati assai umidi, e vedendosi le nebbie a terra anche fino alla metà di Maggio. Io, che ho passate più di una volta delle Autunnali Villeggiature sulle accennate Colline del Monte di Brianza, ho avuto più volte occasione di vedere delle nebbie densissime sulle più alte, che hanno durato de’ giorni intieri.

Più volte stando su delle più alte delle accennate Colline, anche in Agosto, due volte ho veduta tutta la pianura Milanese, che da colà si dominava come un gran Lago, o Mare cenericcio biancastro, su del quale osservando con un buon cannocchiale terrestre si vedevano spuntare alcune cime de’ Campanili de’ Villaggi più vicini, e in una maggior lontananza la sommità più alta del Duomo di questa Città.

[115] Mi sovviene d’essermi trovato un giorno oltre la metà di Maggio in una casa di Campagna vicino al Borgo di Melegnano; colà ho trovato alla mattina una nebbia densa e continua, quale facendosi nella Valle vicina più fitta circa il mezzo giorno, con vento improvviso Sud-Est, si alzò con turbine qualche lampo, e tuoni, e poca pioggia venne a scaricare con Temporale impetuoso uno rovescio di acque sotto le mura della Città. Moltissime volte ne’ primi giorni di Ottobre trovandomi in Villeggiatura all’Ovest, poche miglia lontano di Milano, ho rimarcato in tutte le ore del giorno come una lunga siepe nuvolosa e cenericcia, chiara all’Orizonte Meridiano, parte di Levante, e Ponente, che alzavasi per gradi, e che arrivando al Zenit in breve tempo ci seppelliva sotto una densa nebbia a terra.

Ordinariamente ho veduto, che i Temporali di Estate si alzano dal Levante, o dal Mezzodì, e che girando da quella parte, o portandosi sopra Milano, vanno ad urtare, e scaricare la loro furia contro li Monti al Settentrione di questa Città, o che alzandosi da que’ Monti medesimi poco s’avvanzano, e là svaniscono; ond’è che per lo più il danno delle Campagne è dalla parte del sovraccennato Monte di Brianza, o al Nord di Milano. Al contrario que’ pochi Temporali, che s’alzano dal Ponente, se strisciando dietro a’ Monti non vanno come gli altri a terminare a Tramontana, sono quelli che devastano le Campagne della pianura, massime al Ponente di Milano.

Level 4► Exemplum► Nella descrizione del viaggio d’Egitto, e della Nubia del Sig. Norden leggesi, che l’Obelisco, chiamato di Cleopatra presso Alessandria, è benissimo nella faccia Occidentale, ed al Nord; al contrario nella faccia Orientale, e particolarmente in [116] quella rivolta al Mezzo-giorno non vi si possono più leggere i Geroglifici. ◀Exemplum ◀Level 4 Qui nella Lombardia, e come credo accada in tutte le parti Meridionali dell’Europa, ho osservato tutto al contrario: le Case, gli Edifici, le Statue, le Piramidi ne’ Giardini sono danneggiati all’Oriente, e massime a Tramontana, conservandosi benissimo le parti rivolte al Mezzo-giorno, ed al Ponente. Li Venti caldi e meno secchi, e però più dolci, vengono dal Mare; quelli che vengono dalla Terra, e da’ Monti dovranno essere più secchi, e perchè strisciando sulle nevi, su’ boschi, su’ terreni grassi, e paludosi più carichi di nitro, e particole eterogenee; dunque tutti gli Edificj della Lombardia. e tutti quelli situati ne’ paesi Meridionali dell’Europa, dovranno maggiormente soffrire nelli parti all’aspetto dell’Oriente, ed in particolare di Settentrione, da dove derivano li Venti di Terra, e per dove si estendono li Monti, avendo li Meridionali Paesi Europei il Mare a Mezzodì, ed a Ponente. Level 4► Exemplum► L’Egitto al contrario ha il Mediterraneo a Tramontana; tutta l’Arabia co’ suoi Monti all’Oriente; ed all’Austro pure co’ suoi Monti, ed arene l’Affrica tutta, non avendo all’Occidente che parte delle coste dell’Affrica medesima. Dunque gli Obelischi, e tutti gli Edifici Africani poco lungi dal Mediterraneo dovranno patire agli aspettj di Est, e Sud maggiormente, che del Nord ed Ovest. ◀Exemplum ◀Level 4

Il signor Bradley nelle sue osservazioni sull’arte di coltivare i Giardini, dice, che l’arruggine delle Piante viene cagionata dagl’insetti trasportati da’ Venti Orientali, e che si situano su di quelle che sono proprie al loro nutrimento. Più volte ho io pure considerato nel vedere sulle piante de’ Mori, e de’ Gelsi di queste Campagne codesta arruggine [117] all’Oriente, e Settentrione, e non agli altri aspetti; come parimenti quella verde oscura lanugine, o picciol erba, che teppa è volgarmente chiamata, sulle piante, massime le più vecchie, agli accennati aspetti di Oriente, e Tramontana. Il Sig. Reaumur, che ha fatte diligenti ricerche intorno a quelle macchie, che si osservano sulle pareti delle Case, le crede essere una specie di piante, o erbe. Queste ho io più volte parimenti osservato su’ muri delle Case rivolte al Settentrione, principalmente di quelle più ai venti esposte nelle aperte campagne, e sulle alture, ed anche su’ nudi sassi de’ rnonti all’aspetto del Nord. Tutte queste osservazioni altrui, e mie, sembranmi confermare l’accennata Ipotesi.

Aggiungasi, come mi è stato riferito da un uomo, che pareami ragionevole, e di qualche buon gusto, che 15. o 17. anni sono qui in Milano furono mutate in altre nuove le due antiche Piramidi di marmo sulla facciata del magnifico Tempio, chiamato della Madonna presso S. Celso, perchè le due antiche essendosi talmente piegate, ed incurvate al Nord-Est, quella alla destra particolarmente più all’Aquilone esposta, minacciavano rovesciare, le quali per risparmiare la fatica. o qualche maggior dispendio nel calarle intiere abbasso (il che coll’istesso grandioso Ponte costruito per innalzare le nuove, e il di cui disegno fummi dal medesimo uomo mostrato, sarebbe stata cosa molto agevole) furono messe in pezzi sul sito medesimo, distruggendosi in tal maniera due antichi monumenti della prodigiosa azione dell’aria, e de’ venti.

Nelle Tavole che ho costruito su i Giornali delle mie osservazioni trovo, che in un anno intiero (intendendosi da un Marzo all’altro) il nu-[118]mero de’ giorni belli in Milano a quello de’ cattivi, per adequato di osservazioni in più anni, è come 17. a 19. circa, cioè che la somma de’ giorni belli in un anno intiero è meno della metà del medesimo; e de’ cattivi più della metà istessa; Che il numero de’ giorni in cui piove in un anno, per adequato è la quarta sua parte in circa, ossia in un anno piove poco più, poco meno in tutto tre mesi; Che il numero de’ giorni cattivi senza pioggia, per adequato, in un anno è maggiore della di lui quarta parte, ovvero di tre mesi e mezzo circa; Che finalmente l’altezza media della quantità di acqua, che piove in un anno, sono 21. in 22. pollici Parigini; e che la maggior quantità di essa cade tra l’Equinozio di Marzo, e di Settembre.

Eccoti, Amico, stretti in piccol nodo gli annui fenomeni, e in certa maniera periodici di questa natia tua Atmosfera, che teco già da qualche anno respiro, ed a cui prima d’ora attento non fissò occhio filosofico, o curioso almeno lo sguardo. A tutt’altri che a te sembreranno assai frivole cose, o al più di semplice oziosa curiosità, onde impegnare l’attenzione di chi alla gran scienza di un maggior guadagno tutte ha rivolte le cure, e nella quale tutta ripone la propria Filosofia.

G. [Giuseppe Visconti] ◀Letter/Letter to the editor ◀Level 3

Level 3► Letter/Letter to the editor► Amici.

Ho letta la vostra Patente, e dopo seria, e matura riflessione sono costretto mio malgrado a darvi torto. Eccovi le mie ragioni, che son tutte di buona moneta vecchia, e di corso corrente.

In primis, voi siete, grazie al Cielo, autori [119] vivi, e però tutta la forza della verità si annienta in bocca vostra; la morte, Signori miei, la morte sola potrà far sospettare, che abbiate ragione; e però era meglio per la vostra causa che, in un buon Testamento in scriptis esponeste i vostri sentimenti, piuttosto che in un miserabile foglietto volante.

2. È osservazione costante, che la forza delle ragioni cresce in proporzione del volume in cui sono scritte; e il vostro foglio che non pesa due dramme potrà resistere a migliaia di Rubi di tomi in foglio, in cui sta scritto tutto il contrario?

3. Il Testimonio d’Orazio, che veramente come autorità devo confessarlo, val più d’ogni raziocinio, non vale un zero. Il Governo della Lingua Latina era Repubblicano, e non Monarchico come il nostro, avendo per Re la sacra maestà del Dizionario della Crusca; e la vostra Patente potrebbe benissimo esser condannata come sediziosa, e ribelle. Status in statu.

4. Chi vi ha detto, che le parole son fatte per le cose, e non le cose per le parole? E non sapete voi, che per parole si sono sparsi torrenti di sangue umano; che in Francia una parola, che chiamavasi Missisipi, ha valso un tesoro al Regio Erario; che in Moscovia la parola Demetrio ha alzato al Trono cinque oscuri Personaggi? Io ne ho di questo mio argomento gli esempj a Biseffe, ed a Millanta.

5. E perchè avere l’inumanità di togliere l’unico pregio al bene, all’unica sostanza di tanti uomini dabbene, che si beano al leggere i loro Madrigaletti, Sonetti, Poemetti tutti lindi, tutti melati, tutti tessuti di ricamo Fiorentino, su di un buon fondo Lombardo?

[120] 6. Qual miserabile ragione quella che dite, che l’istesso ius del gran Villani, del grandissimo Casa, del tersissimo, anzi trasparentissimo Passavanti di trovar nuove parole, e nuovi modi spetta a voi?

Avete voi fatto, come questi veneratissimi gran Padri della Lingua nostra, il glorioso sacrificio dei pensieri alle parole? Avete voi acquistata l’arte soprafina di stemprare un pensiero, anche comune, con qualche centinajo di parole, e poi impastarne tutto il composto in un bei periodone di mole gigantesca, e tutto cascante di vezzi, e sostenuto da tante minutissime particelle, che fanno poi il secreto dell’arte; il di cui gran capo, le di cui grandi braccia, il gran busto, le grandi gambe si legassero con sottilissime fila? E non vi sembra perciò una bellissima cosa un’Orazione Italiana simile ad una processione di tanti vuoti Colossi di carta pista, tutti tremanti? Passa il primo Colosso, che si chiama Esordio, ed è per lo più il più grande degli altri, egli è sempre in forse sul cadere, egli è per lo più posto in ginocchione in atto di dimandar perdono agli spettatori; con una mano cerca la carità, con l’altra fa un gran gesto, che significa la confessione della propria debolezza. Passa il secondo in atto grave, e posato, intorno al quale vi stanno moltissime figurine più piccole, che pare che interroghino l’uditore; l’altre s’urtano di fronte tra di loro. Passa il terzo; che è per lo più composto di pezzi di rapporto, e di pergamene scritte, o d’indici di libri; io ne ho veduti molti, di cui il busto era tutto di Cicerone, e le coscie di un santo Padre; altri avea gli occhi formati di versi di Giovenale, e il naso di versi del Petrarca. Tutte queste statue esalano un odore narcotico, che addormenta il volgo, e [121] fa solamente sbadigliare quelli che ammirano il capo d’opera; cosi successivamente passano altri Colossi fino all’ultimo, che ha un gran cartello in mano, su cui sta disegnata in miniatura tutta la passata processione, e con l’altra prende congedo dagli Uditori, come io faccio da voi.

C. [Cesare Beccaria] ◀Letter/Letter to the editor ◀Level 3

Level 3► Letter/Letter to the editor► Metatextuality► Ma tempo è di dare ai Lettorj il compimento delle osservazioni Meteorologiche, ed eccomi a mantenere la parola. ◀Metatextuality

Il ben essere degli uomini tiene ad un tutto. Il sistema generale dell’Universo è collegato co’ moti del Globo Terracqueo, che noi abitiamo, e da questi, e da quello le agitazioni dell’Atmosfera, nella quale nuotiamo. Le Meteori sono i fenomeni particolari dell’aria in un sito; tutt’insieme constituiscono il Clima; questo influisce sulla natura, sulle sensazioni, e sull’idee ancora di chi lo abita. La facilità di trovare abbondanti sul sito medesimo le cose necessarie a’ fisici bisogni dell’uomo ne costituisce la fertilità; la non mancanza di quelle necessarie a’ piaceri ne forma l’amenità; la purezza, ed il sereno dell’aria istessa, e la squisitezza maggiore di dette cose necessarie a’ bisogni fisici, e piaceri fanno il Clima salubre, e tutte insieme ne constituiscono il bello.

Vedi, Amico, su questi principj, e su questi risultati, che ti mando delle lunghe mie osservazioni, qual sia il patrio tuo Clima Milanese. Milano è quasi centro di tutta la Lombardia, la sua elevazione di poco meno di 100. braccia sopra il Mediterraneo comparata a’ Fiumi, che le scorrono a destra, ed a sinistra, può senza errore assumersi come la media di tutta l’altezza di quest’ampia pianura, che dal piede delle Alpi alle foci del Po si estende. Dell’acqua de’ due canali, che traver-[122]sano questa Città, tratti superiormente dall’Adda, e dal Ticino, per la maggior parte disperse su queste campagne, colano inferiormente gli avvanzi verso Pavia, ove poco sotto il Ticino col Po si unisce, e li di cui argini, e sostegni più alti minacciano il più basso Territorio Cremonese, e Ferrarese. I Fiumi intorno a questa Città sono lontani delle miglia, l’arte sola ci ha scavati i due Navigli, che bagnano queste mura. Basta un’occhiata sulle carte Topografiche di questo Paese, che i tuoi Concittadini chiamano Ducato, e dello Stato, per convincersi senza altre prove, che non è dalla natura piantato Milano in una pozza, e in mezzo alle paludi. Ampie, e stese sono queste pianure, vi hanno pochissimi boschi onde trattenere stagnanti le acque piovane, e più umida colla traspirazione delle piante rendere quest’aria; ella non è ristretta tra’ monti; liberi sono, e spaziar possono i venti. La latitudine di questa Capitale, benchè da occhio astronomico non ancora determinata, si sa essere circa il mezzo della Zona temperata. I monti più vicini sono la continuazione della catena delle Alpi al Nord, e questi, quasi Bariera, la difendono dal gelato Aquilone. La quantità de’ grani, che sopravvanza il consumo, che ne fanno gli Abitanti, e della Seta, a dispetto di una antica ostinata Agricoltura, molto da una maggior perfezione lontana, prova abbastanza la fertilità di queste Terre. La natura in somma pare che abbia in maniera combinato le fisiche circostanze più fortunate per constituire sugli accennati principj bello, e felice il Clima Milanese.

I risultati però delle mie osservazioni, i fenomeni di quest’aria medesima, ed una contraria esperienza da altre accidentali cagioni dipendente [123] ti sembrerà forse smentire così belle apparenze. Il lungo tempo piovoso, e de’ cattivi giorni maggiore de’ di sereni; la quantità delle acque che piovono in un anno; le nebbie dense, ed umide quasi di tutto l’anno; i temporali fre-quenti nell’Estate; l’aria mal sana, e le acque putride di molti Villaggi; i venti freddi del Marzo, e dell’Autunno; il caldo spossatore del Luglio; l’aria grossa e colata della Città; i morbi cronici, le Idropisie, i mali di petto, di tubercoli, di tossi, cattarri ec. e la lunga processione de’ malanni assai quasi maggiori in numero di quelli scappati fuori dalla cesta di Pandora, che ogni giorno senti sputare dalle amare bocche de’ tristi sprezzatori de’ tempi presenti, ti destano forse il melanconico prurito di cantare con Virgilio:

Level 4► Citation/Motto► . . . Fuge litus iniquum

o col Toscano

Sol col forte spronar salvo e il fuggire. ◀Citation/Motto ◀Level 4

Il desiderio di un maggior lucro de’ soli particolari fa universalmente abbracciare un nuovo genere di coltivazione, e nel tempo istesso, per una maravigliosa contraddizione frequente tra gli uomini, generalmente abbandonare ad antiche costumanze la più naturale Agricoltura. Queste sono le accidentali cagioni delle apparenti alterazioni di questo clima fortunato, ed ameno per natura, ma in parte reso infelice, e meno salubre coli’arte.

Non v’ha alcuno presentemente. che Possessore di una pertica di Terreno non cerchi con qual siasi mezzo di poterla adacquare, farla prato; o renderla risaja; di maniera che così proseguendosi vedrassi un di tutto il Milanese Territorio sotto l’acque. Tutto il Lodigiano, e tutto il Pavese è [124] ora adacquatorio: lungo il piccol Fiume Olona; ed il gran canale Naviglio, che sorte dal Ticino, cominciando all’insù di Abbiate Grasso, fino al Pavese vi si estendono li Prati, e le Risaje, e parimenti lungo il Canale, che ha origine dall’Adda, cominciando da Cassano fino al Lodigiano, e fino sotto le mura della Città continuano i Prati adacquatorj, e di marcita. Tutto il Milanese è un labirinto continuo di canali per ogni verso, per ogni direzione, per ogni curvità; vi sono pochi giorni nell’anno, che questi terreni non sieno attualmente irrigati. Qual prodigiosa umida vaporosa esalazione non si solleverà dunque per tutta codesta Atmosfera da un così esteso pian ◀Letter/Letter to the editor ◀Level 3 ◀Level 2 ◀Level 1