Citazione bibliografica: Gasparo Gozzi (Ed.): "N. 50", in: L’Osservatore veneto, Vol.1\050 (1760-07-26), edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Fabris, Angela / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.3661 [consultato il: ].


Livello 1►

N.° 50.

Sabbato addi 26. Luglio 1760.

Che contiene

Quello, ch’è da vendere, da comperare, da darsi a fitto, le cose ricercate, le perdute, le trovate, in Venezia, o fuori di Venezia, il prezzo delle merci, il valore de’cambj, ed altre notizie, parte dilettevoli, e parte utili al Pubblico.

Livello 2► MAi (sic.) non dovrebbe alcuno ragionare ad alta voce de’fatti suoi per le strade, perchè vi sono orecchi, i quali stanno ad ascoltare, e non so da che avvenga, che chi ascolta, sempre studia se vi sia l’utile suo in quanto vien detto. Livello 3► Racconto generale► A’passati dì, un giorno, ch’era piovuto largamente, e si vedeano ancora per l’aria aggirarsi alcuni nuvoloni, che minacciavano acqua nuova; uscì di casa un Signore con un certo mantelletto vecchiotto; e secondo il costume suo, andò per provvedere la Famiglia del pranzo. Entrò dunque nella Bottega del Macellajo, e dissegli: Amico mio, tu m’hai servito assai male jeri; e la carne, che mi mandasti si strusse tutta in grassume. Fa che tu mi mandi oggi un buon pezzo di coscia, perchè la moglie mia è adirata teco, e meco ancora. Oltre a ciò ti prego, manda al Pollajuolo, e abbi da lui una Pollastra da lessare, e due Polli da fare arrosto, e avvia ogni cosa a casa mia in una cesta. Il Beccajo gli promise, e intanto vennero in sul ragionamento delle nuvole. Credi tu, ch’egli piova? dicea il Signore al Beccajo. Non io, rispondea questi. Io veggo sì le nuvole diradate, e il Sole già apparisce. Non avremo per oggi bisogno d’ombrelli. Tu hai ragione, dicea il Galantuomo, e poco manca, ch’io non vada di nuovo a casa a mutarmi questo mantello mezzo roso dal tempo. Io ho a far visita ad un personaggio, a cui non posso presentarmi con questo vecchiume indosso. Poi stato così alquanto sospeso; replicò: orsù sia che vuole, per ora non anderò a casa. Io ho altre faccende, e la visita s’indugi a domani. Carne, Pollastra, e due Polli a casa, mi ti raccomando, addio, e parte. Avea tutto questo ragionamento udito un certo astutaccio, che mettea ogni suo pensiero nel fare dell’altrui suo, e contava quella giornata per perduta, in cui non avea posto l’ugne sulla roba del prossimo, onde entrato nella Bottega del Macellajo, dice: Quegli ch’è uscito di quà, non è egli il tale? E gli nomina uno, che non è al Mondo. Nò, risponde il Beccajo, egli è anzi il tale. Oh! maraviglia replica il ladroncello; tanto si somigliano quanto un ovo ad un altro ovo; e comincia a cianciare, e a ritrovare esempii di tali somiglianze, tanto, che fra il dire, e il rispondere, seppe dov’egli abitava, chi era la moglie sua, e tutti gli interessi di lui. Chiuso il ragionamento, esce della Bottega il furbo, e va ad un altro Beccajo, dove compera un buon pezzo di coscia, e provvedutosi tosto al Pollajuolo della Pollastra, e de’Polli, ne fornisce una cesta, s’avvia alla casa del Galantuomo, e picchia. La Padrona s’affaccia alla fenestra, vede roba, apre. Dice il furbo. Io trovai il Marito vostro al Beccajo, egli mi manda a voi con queste robe, e dice che questo è il pezzo della coscia, che avete desiderata; e c’è anche altro da lessare, e da arrostire. Prendete; e m’ha detto, che dovendo andare a visitare il tal Signore, non può col mantello, ch’egli ha; ma che voi gli mandiate per me il nuovo; ed egli m’attende. Gliele diss’io, risponde la Donna, che il tempo migliorava, ma piuttosto, che prestar fede ad una femmina; io credo, ch’egli sarebbe andato fuori nudo. Voi avete ragione, dice il ladroncello, e v’ha già fatto giustizia, perchè disse al Beccajo, che voi ne l’avevate consigliato bene; ma che non v’avea creduto. La buona Donna gongola, va pel mantello, e glielo dà; poi dice attendi: e tratto fuori un bel fazzoletto di seta, gliele invoglie dentro, dicendo: Vedi bene, che tu ne lo porti con diligenza, che non ti caggia, e nollo imbratti. Io farò, come se fosse cosa mia, risponde l’amico, e così fece, che scese le scale, come appunto se il mantello, e il fazzoletto fossero stati suoi, ne fece contratto, e cavò Danari, lagnandosi cred’io di non aver fatto buon guadagno, per quello che avea speso nel provvedimento della casa. ◀Racconto generale ◀Livello 3

Pare comunemente agli Uomini, che non ci sia allegrezza, e ricreazione d’animo se non là dove è una certa misura, e ordine di cose. Per esempio si va ad un adunanza, dove si balla; e una gran parte della consolazione sta in vedere que’doppieri, e quelle candele così ben disposte, que’Suonatori sopra un palchetto messi in fila, que’loro archetti, che vanno ad un tempo. Si va ad un pranzo; tanto non si gode del mangiare, quanto è misurata la disposizione de’piattelli, l’andare e il venire de’Servi; ricreano gli occhi i cristallini bicchieri, che invitati appena ti sono arrecati innanzi, tanto che partendoti di là tu dì: veramente la cosa non potea andare più ordinata. Fu un piacere. Credi tu però, ch’anche nel disordine non vi sia diletto; e che gli Uomini, i quali non possono, o non sanno usare tali diligenze non sieno mai allegri, non provino diletti? Livello 3► Exemplum► Sono parecchi giorni passati, che alcuni artigiani presero in compagnia una barchetta per andare a sollazzo a Santa Lisabetta del Lido. Uno di loro fu eletto pel Capo, e gli fu imposto l’ufficio de’provvedimenti per una colizione. Vanno, giungono, smontano, e andati quà e colà a’fatti loro, poscia nella barchetta risaliti, si determinano d’andare alla Certosa a mangiare lietamente quello, che avea provveduto l’amico. La Tavola era l’erba; mai non aveano avuto tanto diletto; e parea loro d’essere Pastori, e già qualcuno, ch’era Librajo, allegava alcuni squarci dell’Ecloghe del Sannazzaro, e d’altri, e chi canterellava, o fischiava dolcemente. Intanto dicono al Barcajuolo: Arreca quì le ceste. Le ceste vengono: s’apre. Non v’è pane. Picchiasi all’uscio d’un certo Mastro Marco, egli esce, gli domandano del pane: egli che cortese Uomo, e liberale era molto, disse: Vo, e vengo con esso. Chiude l’uscio; e s’aspettò il Corvo, che per quanto picchiassero dopo, non si vide più a comparire. Che s’ha a fare? Entrano in Barca di nuovo, e ne vanno a Sant’Anna, comperano il pane; e di là ne vanno a San Pietro di Castello per mangiare. Smontano. Quà il piatto per l’insalata. Il piatto v’è; ma l’insalata s’avea ancora a cogliere. Va uno a comperarla; intanto gli altri divorano il pane. Mandasi pel pane un’altra volta; e finalmente eccogli tutti a sedere, a cicalare, a ridere de’casi loro. Comincia il bere. Uno da mano ad un bicchiere, e un altro ad un vaso di vetro, detto Damegiana, dov’era tutta la vendemmia. A pena si comincia a versare, rompesi il collo del vaso, e il vino va a ritrovare la madre, dond’era nato, e fa un rigagnolo, che mandava l’odore al Cielo. Si riducono all’acqua, e ridono. Ma di ciò si compensarono, perchè partiti di là, e giunti a Santa Caterina ad un certo Casino, noverarono tutti i casi, ch’erano loro avvenuti in quella giornata, e trovando, che l’era la più lieta di tutta la loro vita per la varietà degli accidenti, la chiusero col rifarsi gagliardamente del vino sparso, e furono più allegri di prima. ◀Exemplum ◀Livello 3

Livello 3► Racconto generale► In una Villa del Territorio di Vicenza detta Molvona, cinque giorni sono avvenne questo caso. Abitava quivi un uomo piuttosto vecchio, il quale venne visitato da un giovane da lui tenuto a Battesimo. Figliuoccio mio, gli disse, quando lo vide, la tua venuta molto m’è cara, e non ti posso dire quanto volentieri io ti vegga, e però rimani quì, ch’io intendo, che tu mi faccia compagnia ad una colizione. Così detto fa cogliere un’insalata, e si pongono essi due soli a mangiare. Non sì tosto hanno cominciato, che il Giovane come se invasato fosse, dà di mano ad un coltello, e s’avventa addosso al povero vecchio, il quale gridava ajuto quanto potea, e glielo ficcò nella gola. Lo scellerato Giovane per turargli il fiato sì che non fosse udito, prese da un focolajo vicino quanta cenere potè con le mani, e gliela cacciò in bocca. Con tutto ciò vennero uditi i mortali lamenti dell’infelice, onde accorrendovi persone, l’iniquo feritore si fuggì di là subito, ma il meschino vecchio di là a due giorni perdette la vita. Non si sa altra cagione della scelleraggine d’esso giovane, se non, ch’egli quivi andasse per rubare. ◀Racconto generale ◀Livello 3

Metatestualità► Non minore atrocità ha il caso ch’io narrerò del passato. ◀Metatestualità Livello 3► Exemplum► Una femmina di mondo Bresciana, abitante in Venezia, fu invitata da due altre Bresciane anch’esse ad andarsene alla Patria. Essa disse, che vi sarebbe andata volentieri, ma che a Vicenza, o a Verona abitava un certo Birro, di cui avea gran timore, e non disse di più. L’animarono l’altre a non temere, e ad affidarsi della compagnia loro. Di che essa prendendo coraggio deliberò d’andarne con loro. Giunte tutte, e tre a Padova presero un Cocchio da vettura per la volta di Vicenza, e quivi pervenute alla Porta, eccoti, che un Birro, veduta costei, le comincia a dire una gran villania, le da due urti col calcio dell’archibuso; e con violenza fa dare indietro il vetturino, e obbliga le tre Donne, ad alloggiare per quella notte in un’Osteria del Borgo detto di Padova, dove hanno i Birri le loro abitazioni. Quando furono smontate, rinnovò costui le ingiurie contro all’infelice femmina, chiudendosi intanto l’altre due in una stanza, e tremando la meschina come una foglia. Verso le tre ore lo scellerato ritornò alla casa dell’Oste, dove afferrata la Donna la trasse fuori dell’osteria; e nulla curando i preghi, nulla le lagrime, e le strida dell’infelice, tiratala in riva al Bacchiglione che di là scorre poco lontano, dentro ne la gittò, e vi rimase affogata. Il corpo suo fu trovato il 24. di questo Mese, ed era una Giovane d’anni 26. in circa, bellissima. Quel che movesse l’animo del Birro a tale scelleraggine, non si sa: molte sono le conghietture; ma non v’ha nulla di certo. ◀Exemplum ◀Livello 3

Nella Chiesa di S. Paterniano fu fatto rizzare dal N. H. Domenico Contarini un Altare di Marmo nero, e bianco, lavorato da Giacomo Graziato. La Palla è del Sig. Gasparo Tizian Pittore Veneziano, e in essa vengono rappresentate le figure di S. Pietro, di S. Giambatista, e di Sant’Antonio.

In Sant’Alvise fu di nuovo posto un Organo, ch’è la prima opera del Sig. Niccolò Moscatello allievo del celebre Don Pietro Nacich. Nel luogo dell’Organo vecchio, ch’era collocato sopra l’Inferriata maggiore dirimpetto al Pergamo, è occupata ora la muraglia da un quadro rappresentante la Cena di N.S. del Marconi, opera, che con grandissima custodia, è fino a quì stata conservata dentro del Monistero.

Livello 3► Lettera/Lettera al direttore► Lettera al signor N. N.

Alle volte, Signor mio, succede, che quando appunto gli Uomini più credono di far bene allora ne vengono biasimati. Questo è avvenuto a me, per sua grazia, che avendo io in alcuni de’miei Fogli scritro (sic.) di Fabbriche, d’Altari, o di Quadri, la Signoria vostra, se n’è querelata con diversi, e non è bastato ciò, che m’ha anche scritto le sue querimonie, e mandatomi una lettera, secondo l’usanza, senza nome. Io non so, perchè gli edifizii, e l’opere delle buone arti non meritino d’aver luogo ne’miei Fogli; e perchè s’abbia a tacere di quelle cose, che debbono essere più volentieri accettate, che l’altre. Tali cose sono la grandezza estrinseca d’un Paese non solo; ma chi pensa più addentro, fanno molti altri benefizii occulti, che non sono punto minori di quelli, che si veggono, e forse sono anche maggiori. Lascio stare, che in esse opere s’impiegano le genti, e che per esse si move il danaro, e s’aggira per le mani di molti, e che ne vivono le intere famiglie. Questo lo sa, e lo vede ognuno. Ma, che parrebbe a voi, s’io vi dicessi ancora, che l’Architettura, la Pittura, la Musica, e fino a quella poveretta della Poesia, hanno più influenza ne’costumi di ogni altra Scuola; anzi sono una Scuola comune, dove senza sferza, senza voce di Maestro, si ripuliscono le genti, senza, ch’esse punto se n’avveggano? Se considerate, che il buon Gusto di tutte queste Arti non è altro, che un amore dell’ordine, e una simmetria, e un concerto di parti, che hanno relazione col tutto; una regolata varietà, che trae a sè l’occhio, l’orecchio, e il cuore della gente; voi vedrete, che a poco a poco pel mezzo d’esse s’introduce una certa finezza, e civiltà, ne’pensieri, e nel cuore degl’uomini, che non ve la introdurrebbero in un Paese privo di queste grazie, tutti i maestri del Mondo. A pena se’uscito della culla ti si presentano per tutte le vie ordinatissime fabbriche, regolatissime Pitture, odi misurati canti, e armonizzate Poesie. Che credi tu? che la tenerella anima non si bea a poco a poco siffatti ordini, regole, misure e armonie, e non s’ingentilisca almeno in parte, e non acquisti un poco della delicatezza di queste Arti. Fa comparazione della più minuta plebe d’una Città, in cui fioriscano queste arti, con quelle d’un’altra, dove sieno le case mezze diroccate, o antiche, dove la Pittura sia qual ne viene, e l’altre buone Arti sieno quali possono, e ci giuoco, che trovi le genti più dure, più zotiche, e materiali il doppio, posto, che avessero anche abbondanza uguale d’ogni cosa appartenente al vivere. Non vi fu in tutta la Grecia Paese, che uguagliasse in bei costumi, e civiltà gli Ateniesi; e l’Arti loro sono ancora modello a tutto il Mondo; se le prese dopo Roma, e la gentilezza Ateniese passò a’Romani. Anche oggidì, dove più fioriscono, e più sono umani, e delicati i costumi, i quali non si trovò mai, che fossero al colmo della gentilezza, e dell’umanità, se non furono al colmo le Arti. È gran cosa quel volgersi ad ogni parte, e non vedere altro, che bellezza, e garbo in tutto. S’egli è pur vero, che l’anima acquista le sue idee da’sensi; dee essere anche vero, che quanto più di bello, e di garbato entra in lei continuamente, ne la debba fare più garbata, accostumata, e migliore. Io sono entrato in un argomento da non finirlo così tosto. Ma questi fogli non richieggono di più; e a V. S. che mi biasima, parrà forse d’avere avuta troppa pazienza. Finisco, e sono suo buon Servitore. ◀Lettera/Lettera al direttore ◀Livello 3

Persone, ch’esibiscono la loro capacità.

Un Giovine capacissimo per l’Aritmetica, sia per Complimentario o per tenere la Scrittura ed il Conteggio; e che oltre di questo possede la Lingua Inglese, e Francese, esibisce la capacità sua a chi ne abbisognasse.

Dimora a S. Giovanni in Bragora in Casa della Sig. Rosa Atellini in calle del Dose.

Persone ricercate.

Se vi fosse qualche Persona Civile che fosse per portarsi a Vienna, e desiderasse d’accompagnarsi nel Viaggio, vada a parlare con il Sig. Paolo Colombani.

Cose perdute.

È stato perduto un Diamante da Fenestrer, chi l’avesse trovato, lo porti al Fenestrer di Santa Sofia, che gli sarà data una ricognizione.

Case ricercate.

Viene desiderata una casa Dominicale in Campagna nelle vicinanze di Venezia con terreni ad essa congiunti, per prendergli a fitto, e si pagherebbe la summa di due mila presso a tremila Ducati. Chi avesse siffatto Stabile ne avvisi il Sig. Paolo Colombani Librajo in Merceria all’insegna della Pace.

Case da Fittare.

Casa d’affittar sopra la Riva del Vino a Rialro (sic.) sulle Scale de’Cinque, paga all’anno D. 60.

Chi la desidera parli con il Signor Paolo Colombani.

Camera fornita in contrada di San Giovanni Novo, dimandar il Signor Antonio Fornasieri Corteller in Spadaria a S. Marco.

Camera fornita d’affittar in calle del Volto a San Lio, alla terza porta a mano destra.

Case da Fittare fuori di Venezia.

In Villa delle Gambarare fra Terra poco lontan dalla Piazza un Casin, con fabbriche rusticali, parte coperte di coppi, e parte di paglia, con Possessione di campi 50. circa d’affittar. Ivi annesse Chiesure sei.

Chi applicasse a prender in affitto tutto, o la Possessione con Fabbriche solamente, parli col Signor Domenico Guado in calle Larga a San Basso.

Sopra la stessa Possessione, piacendo a chi la volesse, Boarie, Instrumenti rusticali, e da Caneva, con mobili nel Casin.

Casinetto d’affittar con tutte le sue comodità, con Orto sopra la strada a Carpeneo, paga all’anno D. 50.

Chi applicasse parli col N. H. s. Zuanne Foscarini a S. Tomà.

Una Possessione in Villa di Sant’Antonin, con Case Coloniche tutte coperte a coppi in ottimo stato.

Paga ogn’anno Formento stara 50.

Metà del Mosto un’anno per l’altro di parte Dominical M.40

In contanti L. 60.

Per onoranze Legumi stara num. 1.

Caponi, Galletti, Galline, Ovi.

Si parli con il Sig. Paolo Colombani Librajo in Merceria all’insegna della Pace.

Casin d’affitar sopra la Brenta a Oriago, con Campi cinque fra Ortaglia, Brollo, e Giardino, con Stalletta, Pozzo, Fabbriche Coloniche, tutte le sue comodità, paga all’anno Duc. 100.

Chi volesse applicarvi parli con Persone in detto loco.

Avviso a’Signori associati

Il giorno de’sei d’Agosto s’apre la nuova associazione, essendo terminati i mesi sei dopo il principio della Gazzetta. Cominciando il semestre nuovo, s’avvisa que’Signori, i quali hanno pagato per li sei mesi trascorsi; che l’ultima Gazzetta d’essi mesi sei sarà il numero 52. Pel Foglio 53. s’attenderà al solito posto, che chi vuole proseguire confermi la grazia col suo assenso, e segni il suo nome per gli altri sei mesi venturi. ◀Livello 2

Vendesi la presente Gazzetta a 5. soldi, e si ricevono le Notizie.

A San Marco. Nella Bottega da Caffè di Florian.

In Merceria. Nella Bottega di Paolo Colombani Librajo.

Giù del Ponte di S. Polo appresso la Calle dei Savoneri. Nella Bottega di Gasparo Ronconella Librajo.

In Venezia. Per Pietro Marcuzzi Stampatore.

Con Privilegio. ◀Livello 1