Zitiervorschlag: Antonio Piazza (Hrsg.): "Num. 87", in: Gazzetta urbana veneta, Vol.3\087 (1789), S. 689-696, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Dickhaut, Kirsten / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.2408 [aufgerufen am: ].


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Num. 87

Sabbato 31 Ottobre 1789.

Ebene 2► “L’assedio di Belgrado, che nel Foglio di Mercoledì si annunziò essersi posto sotto l’incisione dalli Stampatori Antonio Zatta, e Figli si è quest’oggi veduto alla luce delineato in un Foglio imperiale, e certamente chi ne farà l’acquisto vi troverà di che appagare le sue speculazioni.”

Savio in Settimana
Per la prossima v.

s. Z. Antonio Ruzzini.

Notizie di Brescia

In due Lettere de’25 corr.

Quella magnifica Città ha deliberato, che l’Orologio Pubblico della Palata sia montato all’Europea. La ratifica della consultata deliberazione si attende dal pieno Consiglio, che si terrà alla fine del vicino Decembre. Anche la Spettabile Comunità di Lonato adottò un tal metodo regolando su questo uno degli Orologj di quella Terra. Insorse qualche ostacolo a questa innovazione per il quotidiano suono dell’Avemaria della sera; ma da intelligente Persona verrà questo pur superato con una Tabella, che stà sotto il torchio dalla quale sarà a tal oggetto segnata la variazione de’tempi per evitar nel suonarla gli sbaglj. Li Signori Filiberti custodi del suddetto pubblico Orologio, hanno già da molto tempo fatta una Meridiana sulla Torre ov’è posto, che servirà al nuovo Piano accettato in tanti Paesi d’Italia, per la quale hanno riportato gli elogj dovuti alle belle opere. Tanto contiensi in una delle due Lettere, lo scrittore della quale manifesta la facile adesione di quel Pubblico a secondare lo spirito dell’utili novità nel cui numero pone anche questa, come vincitrice degli antichi pregiudizj.

Nell’altra si avvisa, che la notte de’24 verso le ore 9, per una finestra a cui levati avevano certi ferri, introdotti si sono due Servitori uniti ad un Cantore teatrale nella Casa del Signor Ottavio Majoli cassiere del Pio Luogo del Soccorso, posta in una Contrada delle meno frequentate della Città, ed ora quasi disabitata per la corrente villeggiatura. S’erano già impossessati questi degnissimi Socj di dieci in dodici mila lire, e stavan rompendo una cassa contenente alcune migliaja di Scudi [690] quando di là passando la Corte, e avvedendosi che mancavano i ferri dal basso balcone, e udendo del romore si pose in agguato onde i ladri calati in istrada col loro bottino furono ad uno ad uno presi chetamente da’birri, e alle ore undici condotti nelle forze della Giustizia. Un altro de’loro compagni, che stava in sentinella sinch’essi operavano, all’avvicinarsi di que’ministri prese la fuga, e si mise in salvo.

Abbiamo descritta alcuni ordinarj sono una baruffa significante seguita all’Osteria del Paesano di quella Città. S’è allora lasciato in pendenza il punto di contesa per il risarcimento de’danni avuti dall’Oste. Ora sappiamo, che secondo la Legge chi rompe paga soggiacque alla pecuniaria condanna delle cose da lui lanciate il Nobile che prese di mira il Forense con una tempesta di tondi, e di vetri: così deciso dagli onesti mediatori della Compagnia, che hanno avuto il merito di rappacificare gli animi agitati delli due contendenti.

Si doveva riferir anche questo ad esempio, onde in casi simili si sappia, che non può andar soggetto a spese strasordinarie chi divenne il bersaglio degli utensili da tavola, nè gl’innocenti testimonj delle contese, che di parole si cangiano in fatti.

L’Eccellentissimo Sig. Dom. Almorò Tiepolo Podestà di Chioggia sempre attento agli oggetti di maggior comodo ed utilità alla Città da lui governata, ha ordinato un conveniente numero di fanali a riverbero onde cominciando da’primi del prossimo mese essa pure sia illuminata ne’siti più necessarj, e siano minorati al Popolo i pericoli naturali che si presentano nelle lunghe tenebrose notti d’Inverno, particolarmenta nelle Città divise da canali com’è quella.

Saranno accesi alle ore 24 ed avranno quattro angoli di riverbero onde spandere un lume corrispondente, che sia di guida sicura.

Carte Pubbliche.

Fu pubblicato lo scorso Mercordì un Proclama degl’Illustris. ed Eccellentis. Signori Giudici di Piovego di S. Marco e Rialto in cui notificasi, ch’essendo state raccomandate al loro Magistrato sino dalla sua instituzione con Leggi Sovrane del Serenissimo M. C. le pubbliche ragioni in proposito di Fabbriche ed altri lavori, onde non si potesse occupar aria, nè coll’audacia degli operaj usurpare gli altrui diritti, venendo continuamente in aperta contravvenzione alle Leggi, e disprezzo del Magistrato, senza la sua licenza intraprese e condotte a fine delle fabbriche, ch’oltre ad altri cattivi effetti impediscono il libero transito, hanno per ciò le LL. EE. richiamate ad esecuzione e osservanza le Leggi suddette stabilite da cinque Secoli, e ravvivate in diversi tempi da successivi Proclami, onde i muratori, e di falegnami non abbiano in avvenire a sottrarsi dall’adempimento de’loro doveri, nè possino dar mano ad alcuna fabbrica, o ristauro se conosciuto non sia di dovuta permissione da’lumi dello stesso Magistrato, dando in appresso una distinta e metodica spiegazione alle discipline nel proposito, quidditando i doveri, e stabilendo le pene per la mancanza della lor esecuzione.

Da un Paese poche miglia distante dalla Patria di Tito Livio posto alle falde d’uno de’Colli Euganei ci è giunta una Lettera con questa sottoscrizione. Il vostro Lonvaglia.

Preme a questo Signore, che si faccia da noi sapere, che la Lettera di quell’ammalato immaginario stampata al numero 85 di questi Fogli, è fedelmente tradotta da capo a piedi dall’ [691] Originale che ritrovasi nello Spettatore; e che una Compagnia scelta d’onesta gente la quale ci fa l’onore di leggere questa Gazzetta, ha colà trà pochi altri suoi anche il predetto Libro onde non può perdonarla al Plagiario, che come la Cornacchia d’Esopo s’è vestito dell’altrui penne, e lo minaccia di smascherarlo se in avvenire si prenderà più simili licenze.

Senza sapere chi sia il traduttor dell’Articolo siamo in obbligo di prendere le sue difese contro la severità del minaccioso Signor Lonvaglia. Sarebbe vanità censurabile quella di chi spacciasse per proprie le cose altrui mettendovi sotto il suo nome; ma se un tale anonimamente sceglie qualche pezzo galante, lo traduce, e lo manda ad un Gazzettiere, che ha bisogno di cose, l’azione non può tacciarsi d’avidità di far bella comparsa co’capitali degli altri. E se ancora il Gazzettiere medesimo ne fosse il traduttore, e fingesse che d’altra mano gli venissero certi aneddoti originali e bizzarri, quando non li dà per suoi sarebbe sempre un’ingiustizia l’accusarlo di plagio.

Bisogna non conoscere l’impegno d’un Foglio pubblico, ch’esce due volte alla settimana, e la necessità a cui è posto il compilatore di questo d’attaccarsi a tutto per empirlo in certi momenti onde condannare indirettamente i ripieghi della sua attività. Siano, o nò, da noi ravvisate per copie certe novellette, che di tratto in tratto ci capitano, quando non le diamo a conoscere falsamente per opera di nostra invenzione, crederemo sempre di non meritare rimproveri: nè ci terremo in obbligo di accennare i Libri da cui son tratte, se cose sono non più tradotte; perch’abbiamo in mira di presentare sempre qualche cosa di nuovo almeno per la traduzione, cercando di conciliare in occasioni simili coll’utile il dilettevole.

Se cotesta Società d’ottime ed intelligenti Persone, che godendo d’un’aria sì pura, e d’un sì ameno soggiorno le cui delizie da noi s’immaginano con sentimento di sconsolante invidia, vorrà favorirci di qualche produzione, come promette, può bene esser certa di vederla in luce, perchè preferiamo sempre il buono al mediocre, ed il mediocre al suo inferiore, quando le materie non ci mancano. Così un giorno arrivasse in cui tutte fosser degli altri le parole di questi Foglj, e potesse, con nostro sollievo, essere il Pubblico ben servito in una varietà di cose non men allettevoli che instruttive! Questo sempre fu il nostro voto, fu sempre questa la nostra vista, ma dopo due anni e mezzo di prove, e di tentativi poco si ottiene, e lo sperare di più riesce vano. Infaticabili però nell’ardua impresa a cui accinti ci siamo, e conoscendo per tanto peso la scarsezza di nostre forze, abbiamo un argomento continuo di ringraziare la discreta bontà di que’nostri leggitori, che non pretendendo d’esigere ciò che dar non possiamo, benignamente contentansi delle diligenze nostre, e delle nostre fatiche.

Siate voi pure di questo numero, stimatissimo Signor Lonvaglia, e contribuite al miglioramento di questa Gazzetta onde renderla degna della colta Società dalla cui lettura è tanto onorata.

Disgrazie.

Un Fanciulletto d’anni quattro in circa presa una piccola seggiola se la portò su un poggiuolo, e vi montò sopra su cui si mise a pargoleggiare. Avendo in mano un sassolino lo scagliò in istrada, e perdendo nel lanciarlo l’equilibrio del corpo precipitò capovolto sul duro piano. Era colà in quel punto giunto suo Padre, che ri-[692]tornava a Casa, e toccò a lui l’amaro e dolente uffizio di prenderselo sulle braccia, e portarlo sul letto. Chi ha Figli, chi ha cuor paterno intenderà il martirio di quell’anima sfortunata al dordarsi le mani dell’innocente suo sangue, mescolarvi con esso il suo pianto, raccogliere gli estremi respiri d’una tenera vita tanto stretta per Natura alla sua. Da lì a poch’ore volò in seno d’una beata eternità lo spirito puro di quel Figlioletto; idea consolante ma troppo incapace di confortare un Genitore negli angosciosi momenti della vicina sua perdita.

Il funesto caso è seguito Giovedì della passata settimana alle ore quindici nella Corte oscura della Calle de’Fabbri in questa Contrada a San Geminiano. Possa questo trà gli altri, che non di rado succedono, esser util esempio alle Madri dalle quali esigono i loro Figli di tal’età la più indefessa vigilante custodia per sottrarsi a’continui pericoli che ad ogni loro passo presentansi.

Martedì p. p. S. E. il Signor Marchese di Bombelles Ambasciatore della Corte Reale di Francia a questa Serenissima Repubblica diede, nel suo Palazzo a San Geremia, un lautissimo pranzo corrispondente all’altezza del suo grado, alla generosità del suo cuore, ed al raffinamento del di lui ottimo gusto. Li Convitati erano trentadue tra i quali gli Esteri Ministri, prescindendo da quei che sono in campagna, ed alcune Dame.

Teatri.

Se il Signor Violani verrà a cantare a Venezia il suo Teatro sarà quello a San Samuele, e avrà per compagna la celebre Signora Mara le notizie del cui merito sono delle più favorevoli, non già a San Benedetto ove ritorna il Signor Senesino. Questo benedetto Gazzettiere non sà in certi momenti dov’abbia la testa, e prende granchj di questa grossezza, che la bile nutriscono de’suoi avversarj.

Ines de las Cisternas è una tragica Rappresentazione in versi, non di carattere Spagnuolo, come credevasi, ma Barbaresco. La scena è finta in Algeri. Ines è una bellezza da fulminar co’suoi guardi un’Orda di Tartari. Fatta schiava con un suo Fratello da un Corsaro di quella Reggenza, è condotta in Algeri. Il Bey al vederla tra le prede offertegli per la scelta resta incenerito sin ne’polmoni. La destina agli affetti suoi, le fa presentar de’preziosi doni qual Jarba alla sua Didone, le fa chieder amore; Ella ricusa gli omaggj della ricchezza e del cuore, e qual nuova Penelope per non mancar di fede al suo Ulisse s’espone alla perdita della libertà avuta in dono dall’innamorato Sovrano, e della vita medesima. Suo Fratello è un Castigliano orgoglioso, che parla in Algeri come se fosse a casa sua, e non sembra uno schiavo nell’Africa ma il libero comandante d’un Esercito vittorioso. Egli monta sulle furie all’udire che il Bey ardisca di pretender amore da sua Sorella, e dice roba da fuoco al temerario Messaggiero de’suoi affetti, come ne dice poi al Principe stesso, ch’è la più buona creatura del Mondo, perchè soffre quanto gli esce di bocca, e benchè dell’adorata Ines piegar non possa il cuore cinto d’adamantina onestà, pure non giunge ad usar di sua forza, e nobilita la sua passione con una tolleranza degna delle più colte Nazioni Europee. Che non può Amore se annoda i suoi strali co’mustacchj de’Dispoti dell’Africa, e tutto che avvezzi al sangue, e alle stragi, alle rapine, alle violenze, a’delitti, li fa diventare tanti bamboccj, che tremano d’una donna, e così nobili umanamente, che [693] rinunziano a’loro diritti sopra le Schiave, e si struggono nelle fiamme del loro seno anzich’estinguerle senza un consenso reciproco!

Il Bey è un re de’galantuomini per questa bell’azione di cui stupisce egli stesso. In Coggia suo cortigiano ha un traditore che aspira a salir al trono sul suo cadavere. Morto il Gran Signore, senza che il Bey lo sappia, il di lui successore manda un Ambasciator in Algeri colla segreta commissione di fargli la testa. Questi se la intende con Coggia per fomentare una ribellione, detronarlo, e decapitarlo. Colto in momento opportuno il Castigliano irritato contro la temerità del Bey, tentan essi d’averlo del lor partito, e d’armargli il braccio al gran colpo. Egli incapace d’un tradimento diventa furioso contro chi glielo ha proposto. Un fedel Servo di Corte ode a caso un accordo de’Congiurati nell’interno d’un Bosco. Si svela l’arcano, n’è inteso il Bey, che nel disporre i ripari a salvezza della sua vita si mostra un innamorato che ha perduta la testa, perchè in vece di farla da tiranno accorto, com’è descritto in principio, comparisce uno sciocco raggirato a lor senno da’suoi traditori. Contentandosi di voler Coggia disarmato al suo fianco, deposita tutta la sua autorità in mano dell’Ambasciatore, e lo lascia far ciò che vuole ne’castighi, e ne’premj. Non sè egli che colui congiuri contro di esso, ma non ha veruna ragione di fidarsi tanto, e di preferire uno sconosciuto Straniero in un arbitrio così assoluto, a tutti gli altri della sua Corte. Ines e suo Fratello accusati son d’attentato contro i suoi giorni, tornano alle catene, alle prigioni, l’azione avviluppasi, il fedel Servo ch’avea nel Bosco udita la nera trama, e l’avea palesata, è incaricato di far morir gl’innocenti accusati: in vece li lascia fuggire, li arma, e il Castigliano arriva prodigiosamente a tempo di salvare la vita al Bey assalito da Coggia. Atterrato costui e con un’arma alla gola, empiuta la Scena di Soldati, disposte le figure in tableau ebbe a cader dagli applausi il Teatro, e se ne volle la replica.

Scoperta l’innocenza de’Castigliani, condannato Coggia l’Ambasciatore alla morte, l’Autore per dare un maggior risalto alla virtù d’Ines le fa manifestare al Bey ch’egli le piaceva, e che nello staccarsi da lui si sentiva divider il cuore. Alla non necessaria confessione quel pover uomo si sente morire: ma gareggiando d’eroismo con esso lei è costretto a lasciarla andar col nome del Cielo lusingato da lei di poter rivederla, ed esser forse suo Sposo, se volesse cangiar Religione, ch’è quanto dire lasciar un trono per vivere privatamente in Ispagna.

Ecco un’idea di questa Rappresentazione, che ha il merito di non aver annojato, perchè l’azione non langue mai, e i suoi difetti medesimi son fatti per abbagliare il Popolo. Prova di ciò ne furon gli applausi trà gli atti ed in fine, che richiamarono gli Attori a’soliti complimenti. Anche per farne una di questa certamente ci vuol del talento. Così meglio fosse impiegato allo studio del piano, alla conoscenza de’costumi, alla verisimilitudine de’caratteri, alla probabilità degli accidenti!

La Comica Compagnia ha sufficientemente decorata questa Rappresentazione, e quantunque la Parte di Bey non sia di quelle che meglio convengono al Sig. Belloni nondimeno è giustizia l’asserire che in certe situazioni recitò benissimo, come fece in quella d’Ines la Signora Luigia sua Moglie. Il male si è che appunto quando dicevano meglio restava il Teatro mutolo, e si sgangherava soltanto quando non c’era ragion di moversi.

Ebene 3►

I piaceri non apparecchiati riescono sempre più saporiti.

Exemplum► Un ottimo Religioso, dopo aver assistito ad una sacra funzione in un’Isoletta di queste Lagune, all’atto d’entrare nella sua gondola vide che alcuni P. P. co’quali aveva uffiziato prendevano imbarco per Mestre. Gli chiese permesso d’andar seco loro, gli fu di buon grado accordato ed arrivò a quella Terra in veste lunga, e senz’alcun segno da viaggiatore. Colà gli venne in capo d’andar a sorprendere a Treviso una civile Famiglia da cui era certo d’essere il ben veduto; cercò una vettura e la ritrovò con un compagno, che molto lo ha divertito. Era questi un Calepino da sette Lingue, che aveva fatto il giro del Globo, che sapeva di tutto, di tutto parlava, e spargeva ne’suoi discorsi il più grazioso ridicolo. Giacchè il caso ci ha uniti, disse al buon Religioso, io voglio mettervi a parte della mia fortuna. Avete coraggio? Come pochi confessano di non averne, e non sapeva l’oggetto di questa interrogazione, così il nostro Religioso gli rispose che sì, e restò di gelo all’intendere, che si trattava di scoprire un tesoro nella pianura di Visnadel, e di scongiurare; onde nò nò, prese a dire, il mio coraggio non giunge a tanto, e non colgo il buon incontro di far queste fortune. Gli si voleva far vedere delle cifre sopra una pergamena ripiegata a più doppj, e due moccoli neri da accendersi allo scongiuro: egli non volle veder nulla, e giunto alla Porta di Treviso scese dal Legno, e diede un addio al suo Compagno augurandogli buona sorte col Diavolo.

S’avviò alla casa de’suoi conoscenti, ove non ritrovò alcuno, perch’eran iti a Cendone. Senza scomporre la filosofica sua tranquillità noleggiò un sediolino, e col cavadenti a tergo passò a quella Villa. Per certa solennità s’aspettava colà da Treviso un Oratore, con impazienza. Al vederlo in lontano il Popolo ha creduto che quello egli fosse, fu avvisato il Parroco, ch’uscì ad incontrarlo, fu fermato a forza il Legno alla Chiesa, e gli fu detto di montar subito, e salire in pulpito a recitar il Sermone. Quando fu scoperto l’errore tutti rimasero mortificati; egli si mise a ridere, e passò all’abitazione di que’Signori, che a braccia aperte l’accolsero. Raccontò subito le sue avventure, e divertì la brigata. Servito di quant’occorrevagli passò la notte in quel luogo, ma dovè contentarsi d’aver per compagno di letto il finestrajo di Casa uomo lepido, che divertiva que’Signori in campagna. Dormì poco, perch’ebbe da lui molt’ore di conversazione che rider lo fece: e credeva di risarcirsi quando restò solo alla punta del giorno. Ma il Finestrajo svegliando la Servitù fece accendere il fuoco in cucina, tagliò alcune fette di salame, le mise a friggere nel butiro, e svegliando il buon Sacerdote, che saporitamente dormiva, gli presentò questa colezione. In vece d’irritarsi s’alzò per secondar quel bizzarro umore, e vedendo quella pietanza non sai tu, diss’egli, ch’è Venerdì? Disperato il Finestrajo cavò le fette dal tegame colle mani, le gettò in terra, e trinciando del pane co’diti ne pose i tocchi nel burro onde inzuppati mangiarseli, ma fu avvertito che non potea farlo onde aprì un balcone, e lanciò all’aria il tegame, poi si mise a ballare d’intorno al letto, ed a cantar una canzonetta.

Nel suo ritorno a Treviso viaggiò il buon Prete a cavallo colla veste succinta, e con un ramoscello di faggio in vece di sferza, ed ebbe una bestia sì docile, e pratica, che gli fece far buona figura guidandolo bene giacchè non era guidato per mancanza di cognizione. Da Treviso [695] venne a Mestre in carrozza con una nobile Compagnia volando sul Terraglio. Gli ospiti suoi proccurato gli avevano quel buon incontro. Preceduto da Lacchè, con Servi a livrea dietro il Legno dorato, se l’ha goduta estremamente, e tentato a moralizzare sulla mollezza e sul fasto non si lasciò prendere in rete ma protestò che chi poteva faceva benissimo a viaggiar in quel modo. Alle rive di Mestre era allestita una dipinta Peotina chiusa da specchj, e di soffici panchette. In questa tornò a Venezia colla compagnia di carrozza, e con altri nobili Giovanotti, che colà l’aspettavano. Il passaggio della Laguna gli sembrò di momenti, perchè da quell’allegra adunanza si cantò, si suonò, si tenne de’dialoghi spiritosi, e furono improvvisati de’versi. Il nostro buon Religioso si fece onore anch’esso nell’estemporanea Poesia, trattò degli argomenti con disinvoltura, e tanto piacque a tutti, che si volle intervenisse pur egli ad una lauta cena apparecchiata in un sontuoso Casino. ◀Exemplum ◀Ebene 3

Metatextualität► Gran bella cosa è il viaggiare il Mondo! Chi non si move mai non prova di questi gusti, e chi fa molte disposizioni per godere sovente resta deluso.

Questa descrizione assegnata alla Gazzetta Urbana in tempo di villeggiatura si tolleri da’leggitori con pazienza, e bontà, in grazia d’alcuni che unitamente all’avventuroso Sacerdote hanno desiderato di vederla in luce. ◀Metatextualität

Continuazione

De’Bastimenti arrivati.

23 Ottobre.

Checchia nominata Nobile Andrianna, Capitan Giacomo Pernesich venda Pietroburgo.

Al Sig. Gius. Treves qu: Emanuel ferro stricche num. 1855 lino ballotti 1176. Bulgari bal. 78.

Al Sig. Francesco Bosio pellami colli 2.

Del Capitano tela Lunetta pezze 3. Tela stampata pezze 1. Bulgari fag. 1. Filati mazzi 2.

Piel. P. Gius. Scarpa venuto da S. Maora e Corfù.

Al Magistrato Eccellentis. del Sale mog. 116 sale.

Portata del Pat. e Marin. oglio carattelli 5.

Checchia Capitan Cristofolo Cossovich da Santa Maora, Zante, e Corfù.

Al suddetto Eccellentis. Mag. sale mog. 121.

Al Signor Giorgio Gasparacchi rame vecchio bar. 1. miele carat. 15. oglio cai 7.

Al Signor Giovanni Domeneghini cai 36.

Al Sig. Dom. Daltin c. 8. Al Sig. Giov. Rastopolo detto c. 2. miele carat. 5.

Port. del Capit. e Marin. Oglio carat. 6.

24 Detto.

Bergantino nominato Il Felice Incontro Capit. Giuseppe Heutte venuto da Stockolm.

Al Signor Giuseppe Treves qu. Emanuel catrame barili 750. Pece barili 74.

D’Affittar.

Casa Bottega nella Contrada di San Pantaleone situata nel Campiel delle Mosche. Suo annuo Affitto Ducatti correnti trentasei.

Le Chiavi sono dal Calegher vicino e volendo trattare converrà portarsi al Negozio da panni del General in Merceria a San Giuliano.

Rovigo 28. Ottobre 1789.

Oggi finisce con poco garbo questa Fiera. L’escrescenze d’acqua, la contrarietà de’tempi piovosi, e la difficoltà delle strade congiurarono a farla riuscire poco brillante. L’Opera Buffa fù l’unico nostro divertimento. La Signora Cioffi, che sostenne con tutto il merito l’impegno di prima Donna si meritò gli applausi universali. Accoppiando ad una perfetta cognizion di musica una voce delicata, e soave, Ella non ha invidia delle più rinomate Virtuose. Ogni lode merita il primo Buffo Signor Marchesi, e se avesse più voce egli riuscirebbe incomparabile nella sua professione. Anche il Tenore Sig. Guariglia ha il suo merito. L’Opera intitolata la Ballerina amante, o sia l’Amante ridicolo riuscì gustosissima, ed eccellente la Musica del famoso Professor Napoletano Sig. Cimarosa. I balli molto cattivi, e l’Orchestra per verità poteva esser migliore.

Forastieri a questa Locanda del Signor Petrillo.

Li Signori Harington, e Champernowne venuti dalla Germania.

Li Signori Dorrien, e Nugent venuti dalla Germania.

Il Signor Goudvard venuto d’altre Parti d’Italia.

Tutti li suddetti Signori co’loro Domestici sono Inglesi.

Il Signor Rigadon Francese.

Cambj.

30. Ottobre.

Lione 57 e 3 8vi.

Parigi 56 e 3 4ti.

Roma 63 e un 8vo.

Napoli 115 e 3 4ti.

Livorno 100.

Milano 155.

Genova 91 e un 3zo.

Amsterdam 93 e mezzo.

Londra 48 e 3 4ti.

Augusta 103.

Vienna 197.

Prezzi delle Biade.

Formento dalle L. 32.10 alle 33.

Sorgo Turco a L. 16:

Segale a L. 20.10

Fag. bianchi a L. 23.

Miglio a L. 18.

Risi da’Duc. 34. 12 a 35.

Commedie per questa Sera.

A S. Gio: Grisostomo.

Replica d’Ines de las Cisternas.

A S. Angiolo.

Replica dell’Avviso a’Maritati.

A S. Luca.

Replica di Namur, e Teraldo Tragedia.

Ricapiti per le Notizie ed Assocciazioni di questo Foglio.

A S. Bartolommeo in calle stretta dal Colombani Librajo.

A S. Giuliano dal Curti Librajo appresso il Caffè di Menegazzo

Si paga un Zecchino all’anno anticipato, o diviso in Semestri, ed ogni Assocciato è servito due volte alla Settimana alla sua abitazione, o ricapito.

Le Assocciazioni si ricevono in qualunque tempo. ◀Ebene 2 ◀Ebene 1