Sugestão de citação: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "Gli antichi ed i moderni", em: Lo Spettatore italiano, Vol.3\91 (1822), S. 415-423, etidado em: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Os "Spectators" no contexto internacional. Edição Digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.863 [consultado em: ].


Nível 1►

Gli antichi ed i moderni

Citação/Divisa► A chi difendesse, gli antichi essere stati vinti dai mo-
derni, si può rispondere come Clito ad Alessandro:
Vinceste, ma con la gente di vostro padre

(Anon.).

. . . . . . L’onor tuo mia gloria fia;
E se sol dir vorrai che m’hai seguíto,
O ch’io vinca, o ch’io perda, è gloria mia. ◀Citação/Divisa

Nível 2► Nível 3► Diálogo► Pastorini.

Quantunque, Noviello dicea, viva peranche la quistione degli antichi e de’moderni, si principia però a vedere quanto quest’esagerata stima per l’antichità ci nuocesse e ci ritraesse dall’emulazione; e si viene omai a trovare che noi in parecchie cose stiamo superiori agli antichi. Ma un oltraggioso disprezzo, rispondea Veterone, è più pernicioso, mentre fomenta l’ignoranza. In opera di umane lettere e di buone arti, i nostri maggiori pervennero al termine di perfezione, e per conseguente in questo non possono da noi essere superati; e se lecito è parlar vero, io non so se in alcuna provincia li potremmo noi almeno pareggiare, mancandoci quello di che essi avean copia, idioma largo e sonante, ragione soave e temperata, campagne gioconde ed ubertose, non che ordini e discipline a perfezionare le naturali facoltà acconcissimi.

[416] Noviello

Malgrado di questi innegabili vantaggi, per li quali e nelle lettere e nelle arti belle gli antichi hanno il primato, io giudico non ci mancar punti nei quali gli abbiamo almeno uguagliati, come sarebbe nella drammatica poesia. Comunque grandi sieno le bellezze di Sofocle e d’Euripide, io credo che i tragici francesi gli abbian superati.

Veterone

E quando mai fu lecito riputar le copie più che gli originali?

Noviello

Non mai, certo; Nível 4► Exemplum► ma Cornelio, Racine e Voltaire sono anche nell’imitazione originali; senza che, bellezze hanno a gran dovizia, da loro solamente partorite. Nell’arte poi della commedia chi non riconosce i moderni migliori degli antichi? Aristofane, Plauto, Terenzio appena possono stare a rimpetto di Moliere; il quale non contento, come gli antichi, di ritrarre comuni ed ordinarii caratteri, investigò le innumerevoli varietà della specie umana, ne ritrovò le minime differenze, e sì vive le espresse che scuotono. E comechè in tutte ci sia novità, verisimiglianza non manca lor mai. Nè per la sola commedia mi par che noi abbiamo sopravanzati gli antichi, ma in tutt’altro che intorno alla dipintura de’costumi aggirasi per via di scherzo e di ridicolo. E nel genere satirico, mettere Ariosto, Boileau e Pope a paro d’Orazio e Giovenale non mi faria paura; nè veggo qual modello della Secchia rapita, del Leggío, e del Riccio rapito fosse appresso gli [417] antichi, avvegnachè la Batrocomiomachía, ad Omero assegnata, non si può tenere per esemplare di queste opere meravigliose. Se si tratta di profondamente conoscere l’umana natura, Montaigne, La Bruyere e Addisson hanno ben sormontato Teofrasto: e non so qual degli antichi si potesse alle immortali opere di Boccaccio, di Cervantes, di Swift, di Fielding, di Richardson, di Le Sage, di Voltaire, di Montesquieu e di Rousseau comparare, non che a tanti altri scrittori, i quali con una soave riprension dei costumi dipingendo al vivo il naturale stato degli uomini, li condussero ai doveri della società. ◀Exemplum ◀Nível 4

Veterone

È il vero: ma se i moderni hanno questa maggioranza, ne sappian grado ai progressi dell’arte sociale che tanto si è avanzata; vantaggi de’quali eran privi gli antichi. E come che Longino estimi cura della sublimità le democrazie, perchè i sommi ingegni così greci come romani nelle repubbliche sfavillassero; nulladimeno le monarchie e le Corti sono più atte ad aumentar la civiltà e il conversare: queste radunando gli uomini più sovente è ravvicinando gli individui d’ambo i sessi, hanno così prestato più occasioni di manifestar l’indole, e reso più facile agli attenti osservatori di poter tratteggiarla scrivendo.

Avvi un genere che appartiene alle belle lettere, e nel quale sono rimasti i moderni inferiori agli antichi, quantunque sembra che avrebbero potuto uguagliarli: questo è la storia.

[418] Ma non vi dovrebbe esser ignota l’opinione, alla vostra contraria, che famosi critici portano su questo; poichè Bolinbrocke antepone il Guicciardini a Tucidide. Pure lieve cosa sarebbe a pacificar questa quistione: perciocchè se gli antichi storici si hanno a pregiar come scrittori ed oratori, hanno perduto i moderni, non si potendo negare che per eloquenza e per ingegno in ritrarre ogni diverso carattere ed in mostrar magnifiche dipinture all’immaginazione, Tucidide, Senofonte, Plutarco, Sallustio, Tacito, e sopra tutti Tito Livio, hanno vinto Machiavelli. Guicciardini, Vertot, Voltaire, Hume e Roberston: ma se l’istoria non tanto a dilettare, quanto ad ammaestrar dee guardare; se suo debito è dimostrare l’origine, i progressi e il dicadimento degl’imperi, dei costumi e delle arti, si può senza dubbio affermare, la storia adempier molto meglio il suo officio nel modo con cui è trattata per li moderni scrittori, i quali molto meglio degli antichi possiedono l’arte della critica, lo spirito filosofico, l’amore dell’umanità. Si leggono con diletto gli scrittori che d’oratorie bellezze son pieni, e che ci rammentano come un tempo l’istoria era messa in versi; ma se si leggono per istruirsi, non si ottiene l’intento, perchè sono imperfetti, e mancano di critica, e però di verità. Se i nostri sono risaliti alla cognizione degli antichi e celebri popoli, quanti studi non è loro abbisognato di fare, quante investigazioni, quante fatiche non è loro costato! e con tutto questo è tuttavia scura ed incerta quella storia tanto, [419] che noi, come fra l’ombre, vi andiam tentoni; il che non avverrebbe se gli antichi l’avessero come filosofi, non come oratori, narrata.

Veterone

Io difendo gli antichi storici, come più buoni scrittori, ma non niego essersi per noi maggior fatto il genere della storia; e ne rinvengo le cause non solo negli ingegni filosofici, ma nei grandi avvenimenti che più presso alla civiltà ci hanno portati, quali sono la propagazione del cristianesimo, la scoperta del Nuovo Mondo, l’avanzamento della navigazione e del commercio, il dritto delle genti e la stampa; cosicchè i moderni certamente signoreggiano in tutto ciò che viene a perfezione per via di cognizioni: ma gli antichi sono ancor nostri esempi e nostri maestri in fatto di arti che dell’immaginativa son figlie. Di fatti volendo esaminar quell’una delle belle arti che, come nata dal bisogno, è verisimilmente più vecchia, cioè l’architettura, vi hanno eglino i nostri ritrovato quello che non vi trovaron gli antichi, o si sono un sol passo innoltrati verso la perfezion di quella? Non si vede edificio ben fabbricato che non sia conforme ai cinque ordini, secondo che gli antichi costituirono, nè mai se n’è avuto il sesto che per sodezza, per consonanza e per beltà possa lor contrapporsi. Dalle ruine di tanti monumenti, di anfiteatri, di tempii, di colonne e di archi trionfali non si può ricogliere pienamente così la grandezza degli antichi, come la perfezion di lor arte? [420] La maggioranza loro nella scultura è manifestissima, nè mai cadde in pensier d’uomo di contraddirla. Ed i segni che di quello ci sono rimasi, ci fanno argomentare che essi anche nella pittura ci superavano; perciocchè, se niente inferisce l’analogia, ci dovremo accordare che gli antichi così ben dipingessero, come scolpivano, posciachè la proporzion del disegno e la forza dell’espressione sono di quell’arte l’anima e l’essenza.

Noviello

Io concedo, i Greci in opera di pennello esserci stati superiori per lo genio; ma paragonando i mezzi ch’essi v’aveano con quelli de’moderni, è da pensare che questi si siano a più alta perfezione levati; perciocchè quelli usavano quattro colori solamente, per cui non dovetter aver molto eccellente l’arte delle mezze-tinte e de’chiari-oscuri; senza che, quella della prospettiva molto imperfettamente dovea esser da lor posseduta, come pare ad alcuni.

Veterone

A voler saviamente giudicare della pittorica scienza degli antichi, bisognerebbe veder quadri de’lor più buoni artisti: ma perchè di tanto avanzarci non possiamo sperare, la disputa resterà sempre intra due; siccome addiviene della lor musica, che tra loro fu arte pregiata e studiata assai, della quale, per non ce ne essere rimase opere che mostrassero i loro progressi, non si potrà mai formare opinione.

Noviello

Voi non ignorate che parere è dei più [421] rinomati critici, gli antichi non aver saputo il contrappunto: si può dunque senza fallo reputare, essersi per li moderni a molta perfezione condotte tutte quelle arti che di scienza sono capaci: volli dire le più delle arti vive, molte delle quali erano agli antichi totalmente ignote; per la qual cosa, se molti profittevoli segreti loro si sono smarriti, molti vantaggiosi ritrovamenti si deggiono ai moderni. E non son questi maggiori che quelli, per l’invenzion della stampa, dell’incisione e dell’arte di fabbricare gli orologi, gli specchi, e d’altre arti nuove?

Non istarò grande spazio a provar nostra maggioranza parimente nelle scienze, della quale nè si può dubitar punto; e se punto si dubitasse, si riandino i ritrovamenti infiniti delle matematiche, dell’astronomia, della naturale istoria, della notomia, della chimica, della fisica, per accertarci che gli antichi nè la possibilità pure ne suspicarono. Ma non è già da comparar gli antichi coi moderni sotto il solo aspetto di scienze e d’arti; havvi un aspetto di maggior momento, quale è mettere attenzione su l’arte sociale, su la legislazione, su la politica e su la morale. Io so che gli antichi commendavano una più alta antichità; so che dall’età d’argento, che succedè a quella d’oro, si fan lagnanze sull’umana degenerazione, e che sempre gli uomini han preteso il tempo passato valer meglio del presente. Ma quantunque maraviglia facciano le magnifiche cose per gli antichi fatte, e la sapienza delle lor leggi e dei loro precetti, e gli esempi lasciatici delle loro straordinarie virtù, sconcio pur sarebbe tenerli [422] anche in questo da più che i moderni, e si daria mal giudizio della religione e della politica loro. Di quale potenza dovea essere religion tale, che per divini esempi ogni malfare autenticava? Quale impedimento a passare in civiltà non dovea essere quella politica, massimamente de’Romani, che mettea gli uomini in istato di guerra fra loro continuamente? Quindi procede che il diritto delle genti era appena noto; quindi la schiavitù, conseguenza della guerra, contro della quale alcun filosofo mai si levò; quindi i giuochi de’gladiatori.

Ma ciò che principalmente distingue i moderni dagli antichi, si è che questi non ebbero alcuna idea di quel sentimento di filantropia universale che fa non altramente che una famiglia riguardare tutto il genere umano. Invece di ricevere come fratelli gli stranieri, essi gli proscrivevano come nemici naturali, sotto il nome di Barbari. L’educazione contribuiva piuttosto a indurare i cuori, che a renderli sensibili. Così gli antichi non conobbero mai quella delicatezza di sentimento che perfezionamento si può chiamare dell’umanità. L’ambizione, che aspira a soggiogar tutte altre passioni, generalmente non facea studiare agli uomini che politica e guerra: di modo che non furono loro noti quei riguardi pieni di rispetto per il bel sesso, quella deferenza per cui si dirozzano i costumi, si addolcisce l’indole, e sovente formasi il ben essere de’mortali.

Veterone

Non vi contrasto che gran passi verso la civilizzazione si sien fatti per noi; ma non vi [423] dimenticate che con tutta la nostra filantropia e le nostre cognizioni, dal farnetico della religione e della politica nascono ogni dì guerre e proscrizioni; che il despotismo avvilisce ancora e degrada molte delle nazioni d’Europa; che l’abbominevole commercio de’Negri alimenta discordie in una region del mondo, per popolare un’altra di schiavi; e non vi fugga dal pensiero che non sono più rade le nostre che le antiche guerre, ma che in noi sono comunemente più disoneste le cagioni, poichè un sozzo interesse è quello che fa spargere l’uman sangue. ◀Diálogo ◀Nível 3 ◀Nível 2 ◀Nível 1