Citazione bibliografica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "Il villesco sposalizio", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\55 (1822), pp. 245-248, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.827 [consultato il: ].


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Il villesco sposalizio

Livello 2► Livello 3► Racconto generale► Passeggiando, com’è mia usanza, un dì con Eugenio, il menai per tortuosi sentieri quasi all’entrare di un campagnuolo abituro. E perciocchè era il mattino bellissimo, tutta la famiglia di là entro erasi sotto un gran pergolato raccolta, al quale molti cesti di rosai ed alcuni arboscelli in cerchio posti facean siepe. Siccome ci accostavamo dall’un de’lati, niuno s’accorse del venir nostro; onde io dissi ad Eugenio: Celiamoci dietro questi fogliuti ramicelli, e stiamo a vedere ciò che coloro ivi fanno.

Erano ivi un vecchio venerabile, una buona madre della famiglia, con una figliuola, la quale di poco doveva i sedici anni aver trapassati, viva e fresca, che un’aurora di primavera parca. Ci aveva ancora un giovane villanello venuto dall’un di quei contadi a chiederla per moglie, e le giovanette sorelle della sposa; e tutti insieme formavano il più bel gruppo e il più commovente che mai o ateniese o romano pittore disegnasse.

Stavasi ritta in piè la fanciulla infra l’amante e la buona madre che le sedea dappresso, abbandonando ad essa il suo manco braccio, la quale con tutta la passion del materno amore [246] sel teneva forte: l’altro braccio aveva poggiato in su quel del giovane. Così dolcemente posta dalla natura in forse, con gli occhi socchiusi, parea stare sospesa intra la madre e l’amante; ma movendo ella soavemente le dita su per la nerbosa mano di questo, facea palese la violenza dell’istinto, il cui segreto e potentissimo incanto a lui l’attraeva. Un vestimento contadinesco di lino bianco come neve ricuopriva modestamente le belle fattezze della sua persona, non sì però che non consentisse a farle apparere, e con la sua bianchezza rendere più notabile lo splendore de’suoi begli occhi neri, e delle sue treccie ancor nere come l’ebano. Una rosa non ben dischiusa, nel suo sen posta, era il maggior suo adornamento. L’una delle sue sorelle, non meno amorosa e piacevole che ella si fosse, tutta assorta nel pensiero della prossima separazione, chinava sopra l’omero sinistro della cara sorella il bel volto vestito di malinconia e di tenerezza, e col destro braccio intorno al collo di lei affettuosissimamente la si stringeva. L’altra sorella, che dietro la sedia del buon vecchio stava, sporgeva innanzi la testa, e con un pocolin d’invidia guatava l’avventurata sorella e il villanello a lei fidanzato. La madre stava in silenzio; ma ora alla figlia, ora al marito le pupille girando, da qualche lagrinietta velate, parea dire nella tenera favella della natura: O genitor della mia figliuola, come farò io a dipartir da me costei che tutto si tiene il mio cuore?

Somigliante all’aspetto di un patriarca era la sembianza dell’antico padre della famiglia, [247] come colui che al primo ragguardamento prendeva l’animo altrui, e confidenza di sè induceva. Aveva egli per età bianchi i capelli; nè d’altro desiderio ardeva, che di vedersi intorno alle ginocchia pargoleggiar uno stuol di nepoti. E che miglior ventura poteva incontrargli? Bello ed aitante della persona e buon lavoratore era il giovane, e oltre a questo, era figliuolo d’uno de’suoi più cari amici che la morte rapito gli avea. Amava il garzone così teneramente colei che dimandava per isposa; ed era da lei con tanto affetto del suo amor pagato, che non poteva il buon vecchio star punto in forse. Volgendosi alla sua dolce compagna con un volto che manifestamente portava segnati i suoi pensieri: Buona madre, le disse con voce così affettuosa e movente che ne ricerca ogni via del cuore, che dobbiamo noi fare? L’uno è buon giovane, l’altra è delle migliori fanciulle; perchè contenderemo noi che felici amendue divengano? Mai no. E così dicendo, le mal ferme braccia verso lei protendeva. La madre con gli occhi di pianto bagnati, in altra guisa non assentì, che dolcemente ridendo un poco, mentre con ambe le mani stringea le tremanti braccia della sua figliuola. E d’altra parte il vecchio rivolto al garzone, il quale non potendo per la soprabbondante letizia formar parola, in atto solo gli si chinava: Tieni, figlio mio, gli disse, tieni, prendila, figlio; ella è tua, e sii certo ch’io ti do la cosa più cara ch’io m’abbia: amala teneramente, e tienine conto. E tu, figliuola mia, vogli essere così buona moglie e così buona madre, come sei [248] tu sempre stata buona e pietosa figlia; acciocchè ambi Iddio vi benedica e vi consoli.

Qual tempra di cuore abbisognava per osservare questo quadro, e rimanersi ad occhi asciutti? Noi piangemmo, ma dolci erano le nostre lagrime; e mal reggendo a cotanta e non attesa piena d’affetti, sbucammo fuor del nostro nascondiglio, e palesandoci: Buon giorno, io incominciai indirizzandomi al vecchio: siateci della vostra man cortese. Buon giorno, ottima madre. Può esservi giornata più lieta pei genitori, che quella in cui rendono felici i loro figli? Diteci, o buon vecchio, non è egli vero che al veder questi innamorati giovinetti vi pare ringiovanire di trent’anni? Per certo saranno essi la consolazione de’vostri giorni, e voi nei figliuoli loro riviverete. A queste parole la fanciulla tutta arrossata nel viso, e schiva e selvatichetta ricorse dietro alle spalle del suo promesso marito per non farsi vedere. O l’ipocritella, dissi io, che si vergogna, e vuol far che noi non veggiamo come ella è contenta! Per suo dispetto adunque e per suo gastigo io sarò alle nozze, e voglio alla camera nuziale accompagnar la novella sposa. ◀Racconto generale ◀Livello 3 ◀Livello 2 ◀Livello 1