Citazione bibliografica: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "Il mendico onesto", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\51 (1822), pp. 223-226, edito in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Gli "Spectators" nel contesto internazionale. Edizione digitale, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.823 [consultato il: ].


Livello 1►

Il mendico onesto

Citazione/Motto► Il ne depend pas de nous de n’être pas pauvres; mais
il depend toujours de nous de faire respecter notre
pauvretè

(Voltaire).

Non è in poter nostro il non esser poveri; ma è
sempre in nostro potere il far la povertà nostra rispettare. ◀Citazione/Motto

Livello 2► Livello 3► Racconto generale► Men giva un giorno tutto solo a diporto lungo le ripe del Teverone al di sopra di Tivoli, quando un contadino mi si fece dappresso, il quale con patetica voce, che di qualche limosina gli fossi cortese, mi addimandò. Era allora la mia mente immersa in astratte contemplazioni: e siccome regna in me un pregiudizio antico contro la mendicità che per mestiero si esercita, sembrandomi che a buon diritto chiamar si possa la professione viziosa dell’infingardaggine; così passai oltre in silenzio, il mio passeggio e le mie meditazioni continuando. Egualmente il mendico il suo viaggio proseguì per una direzione da quella che io teneva diversa, senza che lagnanza alcuna dal labro uscir si lasciasse, andando al certo in traccia di qualche passeggiero più generoso, il cui cuore dal pregiudizio non indurito potesse aperto lasciare il varco al dolce stimolo della pietà.

[224] Nell’atto che esso si discostava, i miei sguardi si volsero da per sè sopra l’arme terribile ch’egli appresso si trascinava. Era quest’arme una falce, istromento della sua rustica fatica, alla stagione che correva adattato, abbenchè l’uso ne fosse stato impedito dalla lunga insolita durata della piovosa stagione. Allora conobbi che le grate o ingrate sensazioni che in noi si destano o pro o contro de’nostri simili, dipendono le più volte da talune circostanze che ci pongono in istato di farne un favorevole o disfavorevole paragone; nè potei fare a meno che in questa occasione l’umile e (arrossisco in dirlo) vana dimanda di quel povero contadino colle insolenze non paragonassi e colle minaccie dell’infinto storpio, nel quale poco innanzi imbattuto mi era per la campagna. Per lo che in tal guisa andava fra me medesimo ragionando: Quanto facilmente questo infelice, i cui dolci atti sono testimoni della miseria, perciocchè la vera miseria è rare volte importuna; quanto facilmente avria potuto trasformare in distruggitrice arme di morte quell’utile istromento di rurale fatica, e far così cessare quello stato d’abbiezione a cui hannolo sottomesso le parziali leggi dell’inegual società! O voi, su i quali la sorte ha riversata la piena de’suoi favori; voi, il cui desco di tutti i doni dell’abbondanza è coverto; ditemi, se gli orrori tutti della fame, di prave cose persuadente, vi circondassero, osereste asserire che l’angustia da sì penoso stato derivante non saria per sospingervi a fare abuso di un pacifico ferro, a fine di sottrarvi a un immeritato tormento?

[225] Così fra me stesso dicendo, mi rivolsi all’istante; e la mia mano coi sentimenti del cuore accordandosi , non attese già il freddo consentimento della ragione, ma per naturale istinto da per se stessa alla mia tasca recossi. Non saprei ben dire se il non curato mendico avveduto si fosse che la mia noncuranza più da astrazione che da insensibilità derivava, e se per conseguenza qualche speranza nutrisse che avessi io forse di mio rifiuto a pentirmi: posso dire soltanto che nel punto medesimo, quasi pel medesimo istinto, egli verso di me si rivolse; ed io sulla sua fronte rugosa, da capelli bianchi ombreggiata, vidi come da vetro tralucer l’anima di uomo che assai soffre, ma nulla per soffrire si lagna. E tale fu l’impressione che sul mio cuore egli fece, che la sua aria e la sua positura dir mi sembravano: Puoi tu, snaturato, con indolente sguardo mirare un canuto vegliardo innocente vittima della disgrazia?

Era quest’infelice venuto dall’Abruzzo, in compagnia di molti altri contadini, per impiegar le sue braccia nella mietitura, sperando di potere in tal guisa qualche soccorso porgere alla sua rustica famigliuola; ma avendo dovuto spender tra via tutto quel poco che seco recato avea, ed essendo stata la mietitura dai piovosi tempi oltra il costume protratta, erasi trovato mancante di tutti i mezzi de’quali l’umana vita ha d’uopo per sostentarsi. Tale era la sua storia, sulla cui veracità non poteva nella mia mente suscitarsi alcun dubbio, avendomene esso fatto il racconto più perchè la [226] sua dimanda presso di me meritevole di scusa si ritrovasse, che per rendere il mio cuore alla commiserazione proclive. Prima ch’egli aperta avesse la bocca, io già donato gli aveva più di quello forse che alle mie circostanze si convenisse; infissa avendo in mente questa massima, che o liberalmente donare, o non donare si debba: imperocchè per li mendicanti di professione un solo soldo è ancor troppo, perchè la infingardaggine ne fomenta; ma per coloro cui una straordinaria disgrazia a limosinare costringe, il dono di pochi soldi è da riputarsi tale, come se nulla si doni. E per verità siccome scarso è il numero di coloro che alle timide non importune voci di cotal classe di mendicanti si piegano, così la loro miseria da pochi e tenui sussidii rimaner non può sollevata. D’altronde questi infelici allora soltanto a domandar del pane s’inducono, quando l’irresistibile necessità li incalza col braccio suo prepotente; e ben tosto desistono e si nascondono, quando più non li predomina l’estremo bisogno. La vera miseria del pari che la vera sapienza non vanno a far di sè mostra nelle vie frequentate e nelle piazze per molto popolo clamorose; ma si occultano l’una e l’altra fra quelle, ove esse albergano, umili anguste mura e fra il silenzio di solitarii recessi. ◀Racconto generale ◀Livello 3 ◀Livello 2 ◀Livello 1