Zitiervorschlag: Giovanni Ferri di S. Costante (Hrsg.): "Il naufragio", in: Lo Spettatore italiano, Vol.3\24 (1822), S. 95-98, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.796 [aufgerufen am: ].


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Il naufragio

Zitat/Motto► I nunc, et ventis animam committe, dolato
Confisus ligno, digitis a morte remotus
Quattuor aut septem, si sit latissima taeda.

Juven.

Or vanne, e la vita commetti ai venti, fidando in fra-
gli legno, lontano dalla morte quattro dita o sette
al più, se larghissimo sia l’asse. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Ebene 3► Allgemeine Erzählung► Nella dimora che in Olanda io feci, n’andai, col mio amico Van-liber, a stare alcun giorno in Gravesanda, picciolo porto assai fiorente per la pescagione. Quivi una mattina per tempo fummo per forza d’impetuosi venti risvegliati. Usciva dalle sue case la gente, e ratta e confusamente alle rive del mare discorreva; ed i nostri ospiti ci dissero che se peravventura non avevamo mai veduta alcuna tempesta, andassimo colla multitudine; perciocchè l’Oceano in quella stagione, secondo che più d’uno raccontava, non era mai divenuto sì furioso e terribile, come allora faceva. Noi dunque a più potere ci affrettammo verso la marina, dove l’orrore e la grandezza dello spettacolo ci sgomentò d’un modo ambedue. Stupidi e muti buona pezza stemmo a riguardarlo, ed adorammo la potenza di quel Supremo Essere che con un sol motto prescrisse limiti allo smisurato Oceano, e difese che montar non potesse ad usurpare la terra. Quindi ci rivolgemmo a riguardar il popolo sulla riva affollato, e ne’ [96] volti d’ogni età e d’ogni sesso dipinto scorgemmo l’affanno e il terrore. Ciascun maroso che al lido si veniva a frangere, giungea loro spavento; conciofossechè tutti avessero o parente o amico in mezzo al mare tempestoso; e sospesi ed incerti aspettavano di vedere quello che di loro dovesse avvenire.

Ma l’orror della scena tosta si accrebbe allorchè un naviglio, che stato era lungamente scherno de’marosi, non potendo più avanti il furor della procella sostenere, cominciò ad affondarsi. Dalla riva s’udivano distintamente le grida degli sciagurati che presso erano ad esser sommersi, ed alzavano le supplichevoli mani, chiamando aita. Stettero alcun tempo in forse i riguardanti, perocchè la natura li stimolava in favore de’miseri fratelli, ma il timore di correre lo stesso rischio pure in su la spiaggia li riteneva. Finalmente cedendo a mano a mano l’impeto della burrasca, due paliscalmi uscirono dal porto, e giunsero in tempo al naviglio per salvare ciò che dentro avea di corredo. Prosperamente poi fecero ritorno; ed i marinari al naufragio sottratti, così sbigottiti erano rimasi per l’aspetto della soprastata morte, che non rinvenivano ancora dal loro sbalordimento, nè s’accorgevano che il pericolo era passato. E quando, mercè dell’aiuto che loro fu porto, ripresero l’uso de’sensi, bonaccia era già succeduta alla tempesta, e le navi senza alcun timore solcavano pacificato il mare che offeriva uno de’più belli e piacevoli spettacoli della natura.

Il mare, disse il mio amico, ci ha mostrata [97] stamane la più fedel dipintura dell’umana vita; orribile insieme e grata, perigliosa e lusinghiera, disleale e benefica. Così è, risposi io: e questi naufraghi marinari ci ritraggono una immagine parimenti verace dell’umana ingratitudine verso il sommo Essere che con infallibil sapienza il bene e il male dispensa. Sì tosto come fu cessata la tempesta, e i marinari dallo spavento si furono riscossi, cominciarono a querelarsi e a detestare quella lor condizione che poche ore innanzi avrebber comprata al prezzo di quanto avevano più caro al mondo. Il padrone della nave vomitava le più orribili imprecazioni contro gli uomini dell’arredo, opponendo loro che per negligenza e pusillanimità avevano fatto perire il suo legno e cagionata la sua rovina. Con ispaventevoli giuramenti alle sue ingiuste rampogne rispondevano i marinari, maledicendo il dì che s’erano con lui messi; e se medesimi, come insensati, maledicendo, che erano incappati in tanta sciagura.

Così adunque, sciamò con isdegno il venerabile Pastore del villaggio, che a soccorrere i naufraghi era quivi venuto; così adunque voi ricevete l’aita della Providenza ed i beneficii de’vostri fratelli che, vi hanno campati da morte? In questa guisa riconoscete il vostro salvamento? Ingrati! voi nel cuor degli uomini ogni pietà spegnereste. Ma le vostre mormorazioni, la vostra empietà, se mai avviene che il pericolo ritorni, ne accresceranno l’orrore.

Ed in questo ch’egli così diceva, una giovinetta, cacciatasi per entro la calca, corse ad [98] abbracciar un marinaro scampato dal naufragio, e messo un grido altissimo d’allegrezza, di subito svenne. Quivi colui che alle divine grazie era rimaso insensibile, fu vinto dalla potenza di amore, e volgendosi verso il sacro ministro: Io conosco, disse, la mia sconoscenza. Questa diletta figliuola m’insegna quanto è da pregiare la vita, e quanta è la colpa che ho commessa. In dimenticanza non porrò mai, o signore, i vostri giusti rimproveri, nè moverò più lamento contro i decreti della Providenza. ◀Allgemeine Erzählung ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1