Sugestão de citação: Giovanni Ferri di S. Costante (Ed.): "La tempesta", em: Lo Spettatore italiano, Vol.3\23 (1822), S. 90-94, etidado em: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Ed.): Os "Spectators" no contexto internacional. Edição Digital, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.795 [consultado em: ].


Nível 1►

La tempesta

Citação/Divisa► Qui succurrere perituro potest, cum non succurrit,
occidit

(Senec.).

Chi puote ad uomo a perir vicino porgere aita, se av-
viene che non la porga, lo uccide. ◀Citação/Divisa

Nível 2► Suole comunalmente dirsi che i nostri mali scemano quando vi abbiamo compagni; il qual detto, come che a molti paia incontrastabile verità, ho io per mia esperienza sempre trovato esser falso. L’aspetto de’miei simili meco posti in una tribolazione, non pur di nessun conforto e di nessun alleggiamento, ma di maggior dolore m’è sempre stato cagione. Posso io bene con coraggio sopportare la mia sciagura; ma se altri sono meco, se io sono testimone del patir loro, fallami costanza, e l’animo mi si frange. Nível 3► Exemplum► Non ha molti anni, mi fu mestieri da Genova passare a Livorno, e nel tragitto corsi pericolo di naufragio. Tre giorni e tre notti io fui lo scherno degli elementi; e trenta altri che meco erano, di nulla menomar poterono la mia sventura; anzi sofferiva io per tutti i miei compagni, e nella loro accrescevasi la pena mia. Ultimamente ricoverammo al desiato porto; dove per certo io sentii la mia gioia soprammodo aumentata, perchè divisa co’miei compagni della sventura; e conchiusi che le gioie nostre e le pene si accrescono parimenti quando molti ne sono a parte. ◀Exemplum ◀Nível 3

[91] È detta pure altra sentenza più odiosa e più disonorevole all’uman genere, che soave cosa sia contemplar il pericolo del suo simile, come sarebbe guatar dal lido infelici nocchieri combattere co’venti e con l’onde a rischio sempre di profondare in abisso. Nível 3► Exemplum► Avvenne poco tempo è ch’io fui spettatore d’una tempesta, ed allor fu che ed io e coloro che meco erano, tutti venimmo in chiaro della falsità di questa opinione. Essendo io in Pegli, che è un villaggio non guari a Genova lontano, mi venne ad animo di andare una mattina a vedere la partenza de’marinari per la pesca. Il vento traeva a seconda; ed innanzi che meriggio fosse, le barche, onde le vele parevano penne in campo azzurro, indietro indietro tanto si dilungarono che all’ultimo uscirono dalla nostra veduta. Ed ecco il cielo subitamente si chiuse d’oscuri nuvoli, e levatosi un mormorar sordo e cupo, apparvero manifesti segni di vicina e crudele procella. Mossi dal desio e dalla speranza di veder tornare le barche, i padri, le mogli e i figliuoli de’pescatori trassero al lido. Ma, oh Dio! il vento era contrario e il mare deserto. Dal parlare ch’io feci ai vecchi e dalla sollecitudine loro, cominciai ad impaurirmi per la disavventura de’marinai del villaggio. Onde io non curando il furor del vento, montai in luogo rilevato, sperando coll’aiuto d’un cannocchiale discuoprir da lungi le barche e portar buone novelle ai miseri abitanti; ma la tenebrosa notte che possedeva il mare, furava ai miei occhi ogni cosa. Incontanente fui circondato da femmine, delle quali altre mostravano spavento, [92] ed altre si sforzavano di parer forti ed ardite, rammentando che in tale e tal giorno era stata più terribile la procella, nè accaduta era disgrazia alcuna. Ma infuriava sempre più la tempesta; e l’orrendo rumore de’frequenti tuoni si confondeva col mugghio dei venti; diluvi di balenate fiamme mischiavansi con una pioggia, la quale, a guisa di fiumana, sì strabocchevolmente cadeva, che un mare pareva riversarsi sopra la terra. Che se avessi potuto dipartir l’animo mio dal periglio de’miseri pescatori e dalla angosciosa ansietà de’loro sciagurati congiunti, avrei per avventura con diletto considerato questo orror bellissimo de’guerreggianti elementi. Ma per la cura che di loro mi stringeva, non m’era conceduto altro sentire, se non se terrore e pietà.

Quanto io compiango, diceva fra me stesso, questi sventurati, che occupandosi al mestiere da cui depende la loro sustentazione e quella delle proprie famiglie, messi si sono a sì smisurato periglio! Quanta pietà mi fanno quelli che pendono dalla sorte loro; queste spose tremanti per la vita dei loro sposi; queste madri, le quali tutte le fiate che alcun maroso odesi ferire e frangersi sopra gli scogli, paventano non sia loro sommerso il figlio, unico sostegno e conforto della loro vecchiezza!

Continuò colla stessa furia certo spazio di tempo ad imperversar la tempesta: ma finalmente incominciò a ritardarsi il soffiar de’venti, e ad allentare l’impeto e la ruina della pioggia, e si veniva dileguando un poco l’alta caligine che il mare oscurava. Le voci che ad un tempo [93] levaronsi, dierono il felice annunzio che molte barche avvicinavansi. Oh! come incontanente negli aspetti de’miseri, lunghesso il lido adunati, apparivano manifesti segni di speranza e di paura, secondo che si vedevano le barche levate in su la schiena di cavalloni altissimi, o che disparivano con essi e sembravano giù nel profondo nabissarsi! Chi già si dava a credere di discernere alcuno de’suoi, e chi disperava di mai più rivederlo. Alfine i pescatori, non senza correre nuovi rischi, presero terra, e la scena di tanti affanni fu chiusa. Fu allora, ed allora solamente, che io e con me gli spettatori tutti provammo piacevoli affetti. Noi partecipammo il contento e la gioia con quei miseri, come avevamo partecipate le loro pene e la loro sciagura. ◀Exemplum ◀Nível 3

No, non è fatto il cuor dell’uomo per dilettarsi di veder il periglio del suo simile: e non pur questo spietato sentimento non è della sua natura; ma abbandonasi egli talvolta in su la sorte altrui per modo che non gli ricorda del rischio suo. Oh come le madri e le mogli di quei poveri pescatori, mentre che tremavan per la salute dei loro figli e dei loro mariti, avevan di sè spogliata ogni cura! Come sfidavano esse il furor del vento, i torrenti della pioggia, il fuoco del fulmine! Io stesso e gli altri riguardatori, con tutto che a noi il meno toccasse di quella dolorosa veduta, fummo insensibili ad ogni pericolo in tutto il tempo che si dubitò dello scampo di que’miseri che lottavano con la tempesta. L’uomo sensibile è più [94] infelice per l’altrui che per la sua infelicità; e mostri esser deggiono coloro a’quali il doloroso stato de’loro eguali, non altrimenti che la testa di Medusa, caugia il cuore in macigno. ◀Nível 2 ◀Nível 1