Zitiervorschlag: Gasparo Gozzi (Hrsg.): "Numero LXXV", in: L’Osservatore veneto, Vol.1\075 (1761-10-21), S. 310-314, ediert in: Ertler, Klaus-Dieter / Fuchs, Alexandra (Hrsg.): Die "Spectators" im internationalen Kontext. Digitale Edition, Graz 2011- . hdl.handle.net/11471/513.20.460 [aufgerufen am: ].


Ebene 1►

N° LXXV

A dì 21 ottobre 1761.

Zitat/Motto► Magnus ille est, qui fictilibus sic utitur
quemadmodum argento; nec minor ille
est, qui sic argento utitur, quemadmo-
dum fictilibus
.

Sen., Ep., V.

Colui che sa valersi de’vasellami di creta,
come dell’argento, è uomo d’assai; e
non da meno chi sa valersi dell’argento,
come se fosse vasellame di creta. ◀Zitat/Motto

Ebene 2► Questo bello edifizio dell’uomo, quando fu creato, non avea nè panni, nè argento, nè oro intorno; e passò lungo tempo prima che le lane filate e tessute, e la seta e l’oro lo ricoprissero. Dappoichè vennero trovate tante invenzioni, pare che non sia più l’intelletto e la capacità che rendano gli uomini l’uno più degno di pregio dell’altro; ma sì considera che que’corpi, i quali sono meglio forniti da’sarti, da’ricamatori, e da altri sì fatti artisti, sieno anche abitati da spiriti migliori e più atti a tutte le cose. Io non so come gli occhi nostri abbiano acquistata tanta signoria sopra l’animo nostro, che lo fanno giudicare o bene o male d’un uomo, secondo che lo veggono o bene o male fornito di panni; sicchè pochi si sanno guardare da questa preoc-[311]cupazione; e se uno avrà ingegnio studio, e altre mille qualità buone e belle, egli avrà a stentare per tutto il corso della vita sua a farle conoscere, perchè le porta intorno sotto un vestito o grosso, o liscio, e senza frange, e sotto un mantello, quale gliel’avrà conceduto il cielo, e quello che gli sarà venuto a caso. Io potrei arrecare di ciò innanzi mille esempi; ma quelli che si leggono ne’libri sono notissimi; e se ve n’ha alcuno che si narri oggidì, non è bene palesarlo al mondo. Dirò solamente che conosco un amico mio, il quale, essendosi negli anni suoi giovanili spesse volte ingannato nel giudicare da tali apparenze, s’è posto in animo di considerare tutti gli uomini, come se andassero nudi ancora, e d’esaminargli molto bene prima che dar sentenza di loro; e gli sono accadute molte nuove e belle avventure. Non dirò quello ch’egli scoprisse sotto le appariscenze magnifiche e sotto alla grandezza; ma spesso gli avvenne di trovare sotto i più rozzi panni maschie virtù, cognizioni nobilissime, eletti costumi, perspicacia profonda, e mille altre nobili qualità che sotto la crosta e la muffa della rozzezza e della semplicità stavano nascoste, e talora non conosciute da que’medesimi che n’erano i posseditori. Nè gli bastò l’avere fatti tali scoprimenti; ma di tempo in tempo gli andò notando sopra un suo quaderno, nel quale si veggono storie di putti, di fanciulle, di giovani, di donne, d’uomini, di vecchi, e d’ogni età e d’ogni sesso. Egli m’ha fatto vedere le sue scritture, e m’ha promesso, di lasciarmele un giorno per qualche tempo nelle mani, acciocchè io ne faccia una scelta a mio piacere; e la farò di buona voglia, sperando di dare al pubblico cosa che non gli sarà discara. Metatextualität► Per ora ne pubblicherò un saggio, secondo che mi viene mandato da lui stamattina appunto in un foglio, che è questo: ◀Metatextualität

Ebene 3► Brief/Leserbrief► Metatextualität► Amico Carissimo;

Ho avuto a questi passati giorni l’opportunità di aggiungere nel mio libro a penna certe altre nuove sperienze fatte secondo l’usanza mia. ◀Metatextualität Ebene 4► Exemplum► Da certe ruvide boscaglie del Friuli, e da un luogo dove appena si vede il sole fuori per alcune apriture di monti, s’è partito per sue faccende un villano cognominato il Giannacca, il quale non ha veduto in sua vita altro che buoi e pecore: nè ha cognizione di altri uomini o donne, fuorchè degli abitatori della sua villa, la quale è una raunata di forse ventisei capanne fatte di graticci, intonacate con la creta, e coperte di sopra con paglia di segala; dentro impeciate dal fumo, e vestite il tetto d’una cert’erba che dee aver del superbo, dappoichè vuol nascere in aria, e non si degna di star coll’altre. Il Giannacca è un uomo fra i trenta e i quarant’anni, il quale essendo stato accolto da me con molta facilità e domestichezza, conobbi che in un giorno o due si spogliò d’una certa prima rusticità, la quale al primo gli legava la lingua, e non lo lasciava profferire quello che avea nel cervello; e sopra tutto lasciò non so quali sue goffe ceremonie, essendo egli avvezzo che ad ogni richiesta che gli veniva fatta, rispondeva il primo giorno o con una sberrettata, o con un inchino fatto a caso, o con un sorriso avanti che rispondesse; benchè poi ne venisse fuori una risposta breve, chiara e ben conceputa, quanto mai potesse uscire dal meglio fatto cervello. Da questo piccolo principio conobbi che il Giannacca era stato dotato da natura di buon ingegno, e che n’avrei potuto cavar qualche frutto, s’egli fosse dimorato meco parecchi giorni; onde vezzeggiandolo, e usandogli molte cortesie, l’indussi ad arrestarsi in mia [312] compagnia; nè ebbi gran fatica a persuaderlo, essendo egli d’un temperamento pieno di curiosità e voglioso di sapere.

Lo condussi fuori di casa meco vestito da villano, come appunto egli era, e al vedere la gran calca delle genti che si trovano per le vie, io gli domandai per ischerzo, se il villaggio suo era popolato come’questa città. Alla qual domanda egli mi rispose: Ebene 5► Dialog►Dove si manduca, il cielo ci conduca, e donde si lavora, il cielo ci mandi fuora. E che diavol volete voi che vengano a fare le genti dove si sta sempre con la vanga in mano, o dietro ad un aratro per tirare diritti i solchi?” – “E che credi tu,” diss’io, “che non si lavori qua come altrove e che ci si mangi solamente?”

Giannacca. Ben sapete ch’io credo che alcuni lavorino; ma io credo ancora che qui ci sieno danari da pagare i lavori, laddove costassù fra’miei monti s’ha a penare i mesi interi prima di vedere un quattrino.

Io. Sai tu, Giannacca mio, che, non avvedendoti, tu ora hai parlato come un filosofo?

Giannacca. Io non so chi sia costui, che avrebbe parlato come parlo io: ma secondo la capacità mia, mi par d’intendere che sia così.

Io. Tu di’anche il vero; ma vorrei sapere chi te l’ha insegnato.

Giannacca. Le passere, che dove c’è grano si raccolgono, e dove la terra è sterile, o paludosa, non si veggono mai. Io veggo qua tanti uomini che menano le braccia e le mani in arti ch’io non ho vedute mai; e questo mi dà indizio che ci sieno anche danari da pagarle. E se fra’nostri greppi vi fosse chi ci desse quattrini, io trovo che noi ancora avremmo testa, braccia e mani da fare come tutti gli altri. ◀Dialog ◀Ebene 5

Annotazione.

Vedi, diceva io fra me, come costui, senz’altra educazione, intende benissimo qual sia il principio che fa le città popolate, e donde nasce la concorrenza e l’abbondanza delle genti, quanto un filosofo. Così dicendo, entrammo in una casa di certi miei amici, dove appena salimmo le scale, che mi vennero incontro due fratelli, i quali mi fecero accoglienza, e mi condussero in una stanza a ragionare di varie cose che non importano al fatto. Il Giannacca si rimase di fuori solo, fino a tanto che gli amici miei, avvisati della mia intenzione, lo chiamarono dentro. Egli venne, e uno di loro gli disse: “Perchè non siete entrato voi ancora poco fa con l’amico nostro?”

Ebene 5► Dialog► Giannacca. Io non credea che a questo saione ch’io porto intorno, fosse lecito d’addomesticarsi co’panni vostri.

Amico. Oh! buono. E sotto que’tuoi panni chi v’ha?

Giannacca. Nel mio villaggio vi soleva essere un uomo; in città non so quello che ci sia, perch’egli è poco tempo che ci sono venuto; e mi trovo sì diverso dagli altri, ch’io aspetto che gli altri mi dicano quello ch’io sono.

Amico. No, no, non dubitare. Tu se’uomo. Sieno quali si vogliano i panni tuoi, dentro v’è rimaso colui che v’era prima nel tuo villaggio.

Giannacca. Vi ringrazio.

Amico. Oh! di che mi ringrazi tu ora?

Giannacca. Che, con tutta la grandezza vostra, consentiate ch’io sia uomo dinanzi a voi. La mi pare una bontà senza fine. ◀Dialog ◀Ebene 5

Annotazione.

E anche questa risposta che così al primo sembra una bestialità, non è però quanto la pare a chi l’esamina un poco a fondo. Quante volte dipende dalla bontà altrui, che uno sia uomo, o non lo sia? Io ho più volte veduto comparire un buon cervello innanzi ad un altro che non era così buono; e con tutto ciò quest’ultimo era sì gonfio d’una ventosa superbiaccia, e cotanto pieno di sè e persuaso della capacità sua, che toccò all’altro di mettere le pive nel sacco, e andar via confessando ch’egli avea il torto, e ch’era una bestia. Ma partitomi, dopo vari ragionamenti, col Giannacca via dalla casa degli amici miei, ed essendo già la sera vicina, mi venne in animo di condurlo meco al teatro, dove si rappresentava una tragedia, per vedere qual nuovo effetto facesse in lui uno spettacolo di tante genti quivi raccolte, que’lumi, que’suoni, que’vestiti risplendenti, e in fine una veduta di cose nuove che a lui doveano parere un incantesimo. Cosi feci, ed entrammo insieme per tempo; e chiedendomi egli dove fossimo entrati, e che quivi si facesse, io condottolo meco in un palchetto, e chiuso l’uscio, lo feci sedere, non altro dicendogli, se non che quivi s’avea a fare una rappresentazione di cose finte che sembrano vere, per dar sollazzo a chi vi fosse presente. “Io non so quello che voi vogliate dire,” ripigliò il Giannacca, “ma ci starò volentieri, per vedere quello che ne riesca;” e così detto, incominciò a guardare le maschere che vi concorrevano, e s’affacciavano or a questo palchetto e ora a quello; e nulla diceva, se non quando alcuna di esse, trattasi la maschera, mostrava la faccia; di che si facea una gran maraviglia. Ebene 5► Dialog► “Oh!” diss’io, “di che ti maravigli ora?”

Giannacca. Di questa tragedia.

Io. Come, di questa tragedia? La non s’è ancora incominciata.

Giannacca. Voi credete, perch’io sono un povero villano, di darmi ad intendere una cosa per un’altra; ma io conosco benissimo ch’essa è incominciata, e che già sono apparite le cose finte che paiono vere. Non vedeste voi poco ta que’visi tutti bianchi, i quali ora sono divenuti naturali? Che vi pare? Non ho io conosciuta molto bene la vostra tragedia?

Io. Questa tua semplicità mi fa ridere. Questi che tu vedi, sono gli spettatori, coloro che, come tu ed io, stanno ad aspettare la rappresentazione. Quelli che la faranno, si chiamano i recitanti, e debbono uscire di colà, e fare le loro finzioni. ◀Dialog ◀Ebene 5

Tacque il Giannacca. Salirono i lumicini dal di sotto del teatro, e furono per lui una maraviglia. I sonatori co’loro dolcissimi strumenti gli percossero soavemente gli orecchi, sicchè gli parea d’essere in un nuovo mondo, e finalmente, levatasi la tela, apparirono gli attori; alla veduta de’quali fu quasi fuori di sè medesimo, e gli ascoltava con tanta attenzione, e così assorto ed in tale rapimento, che mostrava benissimo d’intendere ogni cosa. Ma quello che più di tutto mi fece maravigliare, si fu che molte volte facea un certo viso torto, quando gli parea che le risposte o non fossero a proposito, o male atteggiate, ch’io m’assicurava nella faccia sua di quello ch’era buono, o non buono, come se avessi esaminato la cosa; tanto era buono il giudizio che ne davano gli atti e i cenni di lui. Oh, diceva io fra me medesimo, quanto fa male [314] chiunque al suo tavolino immagina, scrivendo, che il popolo non sia giustissimo giudice delle cose rappresentate pubblicamente! Vedi come presto s’offende una natura semplice, non educata dagli studi, ma intelligente per sè, d’un picciolo neo e d’un errore di cui forse non si sarà avveduto lo scrittore! Quando s’avesse anche a fare con uditori che non avessero studiato nulla, il che pure non è, io non so come, tre o quattrocento capi raccolti in un luogo, posto che non avessero maggiore intelligenza che quella del Giannacca, formano un giudizio così retto che non v’ha appellazione. Pare che quanto di buono hanno in sè tutti questi intelletti divisi, si rauni ad un punto per sentenziare giudiziosamente. Mentre che io rifletteva in tal guisa, terminò la tragedia; e non vi potrei dire quante buone e belle cose mi disse il Giannacca intorno ad essa, nè quanto rimanessi maravigliato che in un povero e male allevato villano si ritrovasse seppellito tanto di buon gusto e di senno. ◀Exemplum ◀Ebene 4 ◀Brief/Leserbrief ◀Ebene 3 ◀Ebene 2 ◀Ebene 1